Il Covid-19 non ha risparmiato nessuno e ha avuto ricadute anche nelle situazioni di sofferenza preesistenti. Parte da questa considerazione la Relazione al Parlamento 2020 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (Gnpl), Mauro Palma, presentata stamattina all’Università Roma Tre. “L’emergenza determinata dal contagio da Covid-19 ha mutato la nostra percezione della difficoltà e del dolore, così come la capacità di analizzare i luoghi dove il dolore già prima di tale emergenza si coagulava perché intrinseco alla privazione della libertà, qualunque ne possa essere la causa che l’ha determinata”, sottolinea il Garante. Con l’emergenza coronavirus “calano i numeri in tutte le strutture monitorate dal Garante nazionale, si adottano provvedimenti in linea con autorevoli voci che ricordano il principio, troppo spesso dimenticato, che la privazione della libertà dovrebbe essere misura estrema – l’ultima e non la prima a cui ricorrere –, si scoprono sacche di oblio del nostro pensiero in quei luoghi dove minori erano stati gli occhi attenti forse perché destinati a persone non funzionali al nostro modello economico, si sottolinea l’ipotesi di una rinnovata coesione nel momento della comune difficoltà”.
Covid e carcere. L’emergenza sanitaria, sottolinea il Garante, “ha evidenziato le preesistenti carenze e criticità del sistema penitenziario, enfatizzando la sua inadeguatezza a far fronte al fenomeno che si stava presentando: sovraffollamento degli Istituti, mancanza di spazi destinabili alle necessità sanitarie, diffuso degrado strutturale e igienico in molte aree detentive, debolezza del servizio sanitario”. La situazione “è stata affrontata sul piano normativo nel suo complesso, agendo fondamentalmente su due fronti: la prevenzione dell’ingresso del contagio nel carcere e la riduzione della densità della popolazione detenuta”. Così,
“al 29 febbraio 2020 le persone detenute negli Istituti penitenziari erano 61.230 e sono scese al 23 giugno a 53.527, con una riduzione che supera le 8.000 unità”.
Nel sistema penale minorile, “il numero di coloro che sono negli Ipm è passato da 382 al 31 dicembre 2019, di cui 163 sotto i 18 anni, a 300 (di cui 123 sotto i 18 anni) al 18 giugno di quest’anno”. Inoltre, “più di mille sono in misura esterna preso Comunità e oltre 2000 in messa alla prova o in misura di prescrizione o di permanenza”. Attualmente, “vi sono 867 persone detenute che scontano una pena inferiore a un anno e 2.274 una pena compresa tra uno e due anni (parliamo di pena inflitta e non di un residuo di pena maggiore). Così come vi sono 13.661 persone detenute che hanno un residuo di pena inferiore a due anni”. A questi numeri “occorre purtroppo affiancare quello dei
25 suicidi registrati dall’inizio dell’anno fino a oggi,
un numero, superiore a quello dell’ultimo anno (alla stessa data di oggi erano 20 nel 2019)”. L’ultimo suicidio ieri sera, alle 18,45, nel carcere di Sollicciano. Rispetto al reato di tortura, il Garante ricorda che “tre Procure d’Italia, quella di Napoli, quella di Siena e quella di Torino, hanno aperto ognuna un procedimento penale ravvisando il delitto di tortura in atti di violenza e di minaccia compiuti da operatori della Polizia penitenziaria nei confronti di persone detenute”.
Migranti. Rispetto ai cosiddetti Decreti sicurezza (2018 e 2019), le cui modifiche sono al centro dell’attuale dibattito politico, il Garante nazionale ha evidenziato fin da subito l’incompatibilità del testo adottato per quanto riguarda il caso di navi impegnate in attività di ricerca e soccorso in mare, con gli obblighi internazionali cui l’Italia è vincolata. A questo proposito, il Garante nota che
“senza un passo indietro del legislatore e un ripensamento globale delle politiche di gestione delle frontiere, il Mediterraneo rischia tuttora di rimanere teatro di violazioni”,
ribadendo fra l’altro “l’inconciliabile contrapposizione logica tra la previsione di un’area di ricerca e soccorso (Sar) di competenza libica e l’impossibilità di ritenere la Libia un place of safety, cosa di cui nessuno può dubitare”. Perplessità è stata espressa dal Garante rispetto al nuovo regolamento di Frontex, perché di fronte a un “innalzamento delle responsabilità e del ruolo assegnato” non è previsto “un reale meccanismo di controllo esterno all’Agenzia” nella verifica del “rispetto dei diritti fondamentali”. Rispetto ai Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), il Garante denuncia che “continuano a essere contraddistinti da un apparato regolamentare scarno, caratterizzandosi come semplici strutture di mero contenimento, inadeguate alla complessità delle dinamiche che una permanenza prolungata determina”. Nel 2019 “il numero delle persone trattenute in un Cpr è aumentato di 2.080 unità rispetto all’anno precedente e, fatta eccezione per Trapani e Roma-Ponte Galeria, è cresciuto anche significativamente il tempo di permanenza media delle persone all’interno dei Cpr”.
Area salute. Il Garante nazionale ha collaborato alla Survey nazionale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie dell’Istituto superiore di sanità. Dall’indagine emerge come il 41,2% dei decessi abbia riguardato persone risultate positive al Covid o con sintomi simil-influenzali o respiratori. Nella Provincia di Trento si registra il tasso di mortalità per Covid-19 più alto (2,7%), mentre in Lombardia esso è pari all’1% a fronte di un tasso del 6,5% di decessi con sintomi simil-influenzali e respiratori. Secondo i dati del Gnpl National register (Banca dati del Garante nazionale con la geo-localizzazione delle Health and social care Institutions), il totale delle Rsa presenti nel nostro Paese, tra quelle pubbliche e private o convenzionate, è di 4.629. Prendendo in considerazione solo quelle pubbliche o convenzionate – quindi un complessivo numero di 2.603 strutture – il numero dei posti letto disponibili è di 88.571.