Coronavirus ed esami di maturità. Ragazzi alla prova, tra paure e speranze

Per la prima volta, dall'inizio del lockdown a marzo, gli studenti dell'ultimo anno delle superiori rimetteranno piede a scuola il 17 giugno, quando inizieranno gli esami di maturità che eccezionalmente si svolgeranno senza scritti, per l'emergenza legata al Covid-19. Ma i ragazzi come hanno vissuto questi mesi di isolamento? E quanto fa, comunque, paura la maturità? Soprattutto, con che spirito guardano al futuro? Ne parliamo con due maturandi

(Foto: ANSA/SIR)

Ore 8.30 del 17 giugno 2020. Scatta l’ora degli esami di maturità. E se questo momento cruciale nella vita dei ragazzi, tanto da ispirare anche film e canzoni, è stato considerato sempre un vero e proprio rito di passaggio verso l’età adulta, indimenticabile anche a distanza di tempo, quando gli anni sulle spalle saranno tanti, la maturità 2020 resterà unica per l’emergenza che stiamo vivendo: le scuole chiuse da marzo per il lockdown, didattica a distanza per completare i programmi ed esami senza scritti ma solo un maxi orale, in presenza, di sessanta minuti. Davanti a una commissione composta da sei membri interni e un presidente esterno, ciascun candidato discuterà, in apertura di colloquio, un elaborato sulle discipline di indirizzo, trattando un argomento concordato assegnato dai docenti di quelle discipline a ogni studente entro il 1° giugno. Seguirà la discussione di un breve testo studiato durante l’ultimo anno nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana. Saranno poi analizzati materiali assegnati dalla commissione. In chiusura, saranno esposte le esperienze svolte nell’ambito dei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento e accertate le conoscenze relative a “Cittadinanza e Costituzione”. Ma come vivono gli studenti questo momento di prova? Ce ne parlano due giovani del Movimento studenti di Azione cattolica (Msac).

Letizia Bottani è la segretaria del Msac di Pavia e frequenta il liceo scientifico. “Ho vissuto bene questi mesi di lockdown a livello scolastico – racconta -: abbiamo fatto le lezioni on line e abbiamo svolto tutto il programma. Il ritmo è stato intenso: noi ragazzi ci siamo concentrati solo sull’esame. In questi mesi chiusi in casa, non abbiamo avuto distrazioni e siamo stati tutti con la testa sui libri a studiare”. Ma, aggiunge, “io per prima ma anche i miei compagni abbiamo avuto dei momenti in cui siamo stati particolarmente stressati, non avendo altre valvole di sfogo. Ora, finita la scuola, sono abbastanza soddisfatta di questi mesi”. Adesso c’è l’esame: “L’orale è tutto concentrato in un’ora. Ho paura di dover fare troppo in quell’ora e non avere la possibilità di fare bene senza avere il tempo di approfondire quegli argomenti a cui tengo. Al tempo stesso, avere tra le prove l’elaborato e l’analisi del testo, che abbiamo concordato con i professori, mi ha messo molta tranquillità rispetto alle classiche prove scritte. Altro aspetto positivo è la commissione interna: i professori stessi ci stanno tranquillizzando”. Già poter sostenere l’esame è un “traguardo” in un anno unico per l’emergenza Covid-19: “Tra fine marzo e i primi di aprile ho temuto che non si potesse fare, perché non sapevamo niente di quello che sarebbe successo, eravamo alle prime armi della didattica on line, sembrava impossibile fare la maturità in queste condizioni. Poi man mano sono iniziate ad arrivare indicazioni più precise dal Ministero dell’Istruzione: ci sono state le solite polemiche, ma i nostri professori, nel poco tempo che hanno avuto, ci hanno preparato bene a questa modalità. Certamente, averlo saputo prima ci avrebbe aiutato tutti, ma le condizioni generali non lo permettevano”. Letizia si trova sono d’accordo con la modalità scelta per la maturità 2020:

“Fare degli scritti sarebbe stato impossibile, soprattutto per la seconda prova,

ma l’elaborato la sostituisce nel modo migliore”. Dopo la maturità la ragazza vuole studiare ingegneria matematica al Politecnico di Milano: “Dopo un momento di respiro e di sollievo, mi focalizzerò sul futuro, ma certamente a pensare all’Università ho molti dubbi. Vivendo a Pavia potrei fare sicuramente la pendolare, ma si tratta di prendere treni. Se in un primo momento si tenessero le lezioni on line per me sarebbe più comodo e soprattutto più sicuro. L’Università implica molti più spostamenti che non il liceo. Anche se mi dispiace iniziare on line l’Università da matricola, disorientata, che ha bisogno di capire bene come funziona, perché questo precluderebbe moltissime opportunità di entrare bene nell’ambiente universitario. Quindi, mi spiace un po’, ma bisogna pensare prima alla sicurezza”.

Manuel Mendola ha 18 anni, è di Partinico, frequenta il liceo scientifico della città ed è il segretario del Msac di Monreale. “La tensione è tanta perché è la prima volta che la maturità si svolge in questo modo e, speriamo, anche l’unica. La didattica a distanza ha funzionato, mi sono trovato molto bene con i professori, tra noi studenti e i docenti c’è stato tanto dialogo, si sono messi a disposizione per aiutarci. I mesi della didattica a distanza li ho vissuti con serenità, forse anche troppa nel senso che li ho presi con leggerezza, solo a metà maggio ho capito che avevo ancora tanto lavoro da fare e che l’impegno doveva essere sicuramente aumentato. Ora sono pronto”. Manuel ammette: “Il maxi orale mi spaventa. Negli anni scorsi le prove scritte venivano affrontate con i nostri compagni e questo aiuta dal punto di vista psicologico.

Mi è mancato in questo periodo il rapporto con la classe.

Lo chiamo maxi orale perché devi dire tanto in poco tempo. Quello che mi preoccupa è andare male in uno degli ambiti da affrontare e non avere il tempo di recuperare: può capitare a tutti di avere una domanda a cui non si riesce a rispondere bene per ansia, paura ed emozione. Dunque, è un sollievo che non ci sia lo scritto ma non un sollievo totale per il timore del maxi orale”. Durante il lockdown, evidenzia il ragazzo, “abbiamo avuto tanto tempo per riflettere e io l’ho sfruttato abbastanza bene. Personalmente non l’ho vissuto male, ma è stata una tragedia che ha bloccato l’economia, ci sono stati tanti morti per cui pregare. Per me è stato tempo per pensare e programmare il futuro. Io voglio iscrivermi alla facoltà di Scienze politiche: sono indeciso se dedicarmi all’insegnamento o al giornalismo”. Soprattutto, conclude, “in questo periodo così difficile ho imparato che

non possiamo smettere di sognare né di avere speranza perché già avremmo perso in partenza.

Perciò, io voglio guardare il futuro con speranza ma la paura è tanta perché ci sono incognite sullo sviluppo economico dell’Italia, sulle possibilità di lavoro. Malgrado ciò, non posso smettere di sperare nel bene”.

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