Forse ha ragione che dice che il “dopo”, di cui tutti si parla “sarà uguale, solo un po’ peggiore”. Ma non è detto che questo assioma disincantato si debba applicare a tutti i campi. Anzi: sarebbe opportuno non tanto ipotizzare magnifiche sorti e progressive, una trasformazione globale della nostra vita quotidiana, quanto piuttosto qualche punto di prospettiva. Possibilmente condiviso.
E uno di questi punti non può non essere l’educazione, la scuola, “di ogni ordine e grado”. La scuola si è fatta carico dell’emergenza sanitaria con grandissima dedizione e creatività. Ha gestito un’emergenza nell’emergenza, con una straordinaria partecipazione delle famiglie.
Sono emerse così le grandi energie, le grandi risorse, ma nello stesso tempo le grandi fragilità del sistema, che ha dunque bisogno di essere sostenuto. Di qui le prime provvidenze che sono state ricomprese nei provvedimenti del governo, ora all’esame del Parlamento. E investire sulla scuola non può dunque che trovare il consenso di tutti. Ma è opportuno fare chiarezza.
La scuola italiana è una scuola pubblica, come si conviene a una democrazia avanzata, che si articola in una parte statale e una parte non statale, tutte rivolte allo studente. Il punto è che questo principio, che è stato affermato solennemente vent’anni fa, con la legge 62 del 10 marzo 2000, stenta nell’applicazione.
Così questa può essere l’occasione: dirigendo i necessari nuovi investimenti sulla scuola in tempi (post)coronavirus prima di tutto sugli studenti (e le loro famiglie), sostenendo la loro attrezzatura multimediale, la formazione continua di tutti gli insegnanti e in fin dei conti la possibilità di scelta tra la scuola statale e quella non statale, che è un fondamentale ed efficiente presidio di pluralismo.
La situazione delle scuole paritarie, già molto complicata in questi anni, anche proprio per una non completa attuazione del principio della parità, rischia di peggiorare in modo significativo dopo l’emergenza sanitaria. Saranno necessari nuovi investimenti sulle strutture e le famiglie dovranno fare i conti con una situazione economica piena di incognite.
Per questo, proprio nello spirito di un “dopo” che sia coerente con i valori e gli indirizzi di fondo del nostro sistema democratico, la Presidenza della Cei ha diffuso un comunicato che si conclude invitando ad “unire le forze” perché “non far venir meno un’esperienza che trova cittadinanza in ogni Paese europeo, mentre in Italia sconta ancora pregiudizi che non hanno alcuna ragion d’essere”.
Questo già in vista dell’imminente passaggio parlamentare sul “decreto Rilancio”, dove le provvidenze per la scuola sono distribuite in modo da penalizzare senza motivo gli studenti e le famiglie del paritario. La Cei farà ovviamente la sua parte, indica anzi una strada, quella delle borse di studio, di grande efficacia.
Ci serve rilanciare una prospettiva di democrazia. Da attuare in concreto, in tutti i campi. E dunque prioritariamente proprio nella scuola.