Così il Coronavirus ha fatto una vittima anche tra noi: don (l’abbiamo sempre chiamato così) Vincenzo Rini è morto a Cremona, vittima del contagio che sta flagellando in modo particolare la Lombardia. Mi hanno chiesto di scrivere un pensiero per ricordarlo e non lo faccio con lo spirito migliore, visto che sono blindato in casa dove celebro da solo l’Eucaristia.
Mi è subito venuto in mente che questa perdita si aggiunge a quella di altre figure che ho conosciuto, con cui ho lavorato ma con cui, soprattutto, ho condiviso l’amicizia. Ricordo, solo a titolo di esempio, don Raffaele Mazzoli direttore storico di “L’Amico” di Pesaro-Urbino e Fano e l’indimenticabile don Giuseppe Cacciami di cui ricorreva il 17 marzo l’anniversario della morte, che avremmo voluto celebrare a Intra nel “suo” famoso “Chiostro” sede di tante nostre riunioni, appuntamento saltato per l’emergenza virus.
Ci univa non solo la stessa fede in Cristo e nella Chiesa, non solo il fatto di collaborare nella Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), non solo la convinzione dell’importanza degli strumenti della comunicazione (ne vediamo gli sviluppi oggi, non sempre positivi) e specialmente del settimanale cattolico locale, ma prima di tutto l’amicizia che ci ha legati.
Perché eravamo convinti che anche nel campo della comunicazione c’erano (e ci sono) dei rischi di emarginare alcune categorie di persone.
Ricordo, sono passati molti anni, di aver partecipato ad un convegno in cui, da un americano, venivano illustrati i vantaggi dell’uso del computer. Già allora però, lui stesso precisava che sono strumenti per categorie medio-alte e non intendeva soltanto i più ricchi di soldi ma quelli che possedevano un minimo di cultura per il loro utilizzo.
Quando sono nati i settimanali cattolici, emarginata era la gente, i contadini che si ritrovavano la sera nelle stalle (l’unico posto caldo della casa) per sentir leggere il settimanale locale che li aiutava a capire i fatti, gli avvenimenti del loro territorio. Oggi ci sono ancora gli anziani, quelli che non solo non possiedono computer ma, se lo avessero, non saprebbero come usarlo e come utilizzarlo.
Queste persone non sono da rottamare: sono persone che, invece, magari ci hanno aiutato, ci hanno voluto bene; persone che, pur non sapendo usare il computer o il telefonino, sanno più che bene quali sono le cose che contano veramente nella vita, e dovremmo solo rammaricarci se dovessimo perderle.
Scrivo queste cose non tanto perché ormai appartengo, sia pure di poco, alla categoria degli “ultraottantenni”, ma ricordo bene l’indignazione di don Vincenzo Rini per la chiusura del settimanale diocesano di Cremona (“La Vita Cattolica”) – al quale si era per lungo tempo dedicato – espressa, come sempre, con il suo modo di parlare molto colorito.
Perché don Vincenzo era uno che teneva sempre banco negli incontri, con una loquela sciolta, arricchita di battute e di racconti che ne facevano un protagonista (e mi chiedo se lo farà anche in paradiso).Ma don Vincenzo ha occupato anche un posto importante nella storia della comunicazione cattolica, ricoprendo anche ruoli significativi non solo nella sua Cremona come direttore del settimanale, ma anche all’interno della comunicazione della Chiesa nazionale: presidente della Fisc per sei anni e successivamente presidente anche dell’Agenzia Sir, promossa dai settimanali cattolici italiani e sostenuta dalla Conferenza episcopale italiana.
Oltre evidentemente alla sua morte prematura, mi addolora anche il fatto di non poter ritrovarci ancora una volta insieme per ricordarlo e pregare per lui con la sua famiglia e con quelli che gli hanno voluto bene, in occasione del suo funerale che – come è noto – non è stato possibile svolgere secondo le modalità consuete a causa dell’emergenza in corso in Italia.
Speriamo di poterlo fare non appena passata questa triste congiuntura, ma in questo momento voglio soltanto dirgli a nome di tutti: grazie don Vincenzo!
(*) presidente Fisc 1987-1992