“Il passaggio del Coronavirus Covid-19 dalla madre al feto durante la gravidanza non è dimostrato, ed occorre sfatare fake news di eventuali danni fetali da polmonite”. Lo dice al Sir Giuseppe Noia, docente di medicina prenatale al Policlinico Gemelli e presidente dell’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc). Nei giorni scorsi una signora del basso Lodigiano, positiva al coronavirus, ha partorito a Piacenza senza problemi e il bambino è risultato negativo al test sul Covid-19. La moglie del “paziente numero uno”, il podista di Codogno, anche lei positiva e incinta all’ottavo mese, è stata ricoverata all’ospedale Sacco di Milano da cui è uscita la settimana scorsa per portare a termine a casa la gravidanza. Notizie rassicuranti ma che non bastano a tranquillizzare le mamme in attesa, come ci conferma Noia, che è anche presidente della Fondazione “Il cuore in una goccia” e consultore del Dicastero laici, famiglia e vita. “In questa emergenza, per tranquillizzare molte donne in gravidanza diventa importantissimo, in mezzo alle fake news che si rincorrono, offrire risposte fondate su dati scientifici di conoscenza”.“La polmonite da coronavirus Covid-19 nelle donna in gravidanza – esordisce – non è più grave di quella contratta dalla popolazione generale”.
Secondo lo scienziato, “occorre rivedere il concetto un po’ datato di una presunta immunodepressione in gravidanza che esponga le donne a rischi maggiori”. Questa infezione è molto recente e si conosce ancora poco, a differenza della Sars del 2002-2003 e della Mers del 2012, ma Noia cita gli studi relativi a casi di Wuhan, pubblicati tre settimane fa, a febbraio, da due autorevoli riviste scientifiche: The Lancet e Pediatric Transplantation. The Lancet riporta uno studio sulla gravidanza di nove donne con polmoniti confermate da Covid-19 e sui loro bambini nati con parto cesareo; Pediatric Transplantation su dieci neonati partoriti anch’essi da madri con polmoniti da Covid-19 che presentavano caratteristiche cliniche tranquillizzanti e ottima reattività Diciannove casi in tutto; numeri piccoli forse, “ma significativi – precisa l’esperto – perché si riferiscono a Wuhan, l’area in cui è scoppiata con virulenza l’epidemia”. Questi due lavori “dicono che per la maggior parte i piccoli sono nati per via cesarea, ma anche in quelli nati per via vaginale il neonato non si è infettato”.
Quali sono le reali evidenze che non ci sia trasmissione in gravidanza del Covid-19? “In questi casi, le analisi effettuate sui neonati, incrociate con i dati testati su liquido amniotico, sangue dal cordone ombelicale, latte materno, non hanno mostrato passaggio dalla madre al feto del virus Covid-19. Non vi sono dunque evidenze scientificamente forti per supportare la possibilità di trasmissione verticale dell’infezione da mamma a figlio”.
E allora, quali precauzioni assumere? “Il parto cesareo sarebbe consigliabile, ma vediamo che anche i bimbi nati per via vaginale sono risultati negativi. Occorre piuttosto fare attenzione al post partum: se la mamma è positiva è meglio evitare il contatto ravvicinato con il bambino per scongiurare un contagio dopo la nascita”. Di qui l’indicazione di differire l’allattamento al seno, tirando e raccogliendo il latte che qualcun altro potrà somministrare al neonato.
“Studi precedenti – prosegue – avevano mostrato che il virus della Sars poteva essere associato a complicazioni materne e fetali, come aborto spontaneo, parto prematuro e riduzione della crescita fetale, in alcuni casi morte prenatale”. Di qui la preoccupazione di questi giorni, “ma questi studi mostrano che nulla del genere si è verificato con il Covid-19”. In questi casi il virus è stato contratto nell’ultima fase della gravidanza, ma se avvenisse nel primo trimestre, chiediamo all’esperto, potrebbe provocare malformazioni fetali? “Sul Covid-19 – la risposta – non abbiamo dati di infezione al terzo mese, quindi elementi certi, però per estrapolazione rispetto ai due coronavirus precedenti – Sars e Mers – che pur essendo diversi da quello attuale, nell’80% hanno lo stesso genoma, non vi sono dati in letteratura che parlino di un aumento di malformazioni. Il solo caso di infezione da Sars avvenuta a 7 settimane di gravidanza ha condotto alla nascita a 38 settimane di un bimbo assolutamente sano”.
Alla domanda se in gravidanza il sistema immunitario di una donna cambi, Noia replica che “nella donna gravida si verifica una immuno-modulazione, cioè la donna si difende in maniera differente. Assumendo omega tre, acido folico e diversi ricostituenti, in qualche modo le difese immunitarie tendono a proteggerla meglio ma non si può dire che si rafforzino”.
Rassicurante il messaggio dell’esperto per le mamme in attesa:“Non vi sono dati scientifici che dimostrino il passaggio del coronavirus in gravidanza da mamma a bambino. Le donne in attesa possono stare tranquille, assumere naturalmente tutte le precauzioni per non esporsi al contagio, ma se anche questo accadesse, continuare a vivere la gravidanza con serenità”.