Cosa succede con il Coronavirus Covid-19? Cosa aspettarsi? Come proteggersi? Il Sir lo chiede ad Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia e direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Brescia. Il professor Caruso ha scoperto una nuova arma contro i tumori: la molecola di origine virale U94 in grado di inibire la migrazione delle cellule tumorali.
Professore, il numero dei contagiati aumenta di giorno in giorno.
Siamo in una fase espansiva e lo si vedeva già da tempo, perché anche i focolai periferici continuano a crescere. È ovvio che lo siamo, e in fase forte, anche nei primi focolai ovvero in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Figuriamoci per gli altri che sono ancora all’inizio.
Non ci potremo rilassare ancora per diverse settimane secondo lei?
Questo è difficile dirlo. Bisognerebbe avere una palla di vetro. Quello che sembra dimostrare tutto questo aumento di casi è che non possiamo certo dire che la fase esponenziale finirà subito. Anzi probabile dovremo aspettarci un’espansione molto forte molto di più specialmente nelle regioni he ancora hanno pochi casi. D’altronde, questo è quello che sta succedendo anche in Francia, Germania. Possiamo sperare che questa fase finisca con l’arrivo del bel tempo che normalmente tende a far diminuire i casi di malattia per infezioni virali respiratorie. Va anche detto però che questo è un virus completamente nuovo, non sappiamo niente di lui non avendolo mai studiato prima.
È un rebus che sotto ogni aspetto è tutto da chiarire.
In tv stiamo sentendo più voci, anche contraddittorie tra di loro. Qual è la differenza tra l’influenza stagionale e questo virus?
Rispetto all’influenza stagionale c’è un abisso. Intanto sono due virus completamente diversi. È come parlare di due persone fisicamente opposte: uno biondo e uno bruno, uno occhi azzurri l’altro occhi scuri. L’influenza la conosciamo da più di mille anni, è un virus che circola dentro l’uomo, si trasmette da uomo a uomo da un infinito numero di generazioni. Abbiamo sviluppato una resistenza contro l’influenza, abbiamo dei vaccini, quindi c’è un’immunità che di volta in volta ci protegge. Un virus del genere, come il Coronavirus, che per la prima volta entra nell’uomo, è definito per sé “pandemico”, perché è capace di infettare tutte le persone del mondo, visto che nessuno di noi ha mai potuto sviluppare una resistenza di tipo immunologica. Nessuno di noi ha anticorpi o cellule umanitarie in grado di vedere questo virus come qualcosa di noto e combatterlo. Lo vedremo, lo combatteremo, ma tutti siamo suscettibili di essere infettati.
In pratica, è un virus con maggiore intensità?
Il Coronavirus è cento volte più aggressivo del virus influenzale, produce tanti morti in più ed è anche molto più diffusibile per via aerea. Con il virus influenzale un individuo può infettare altre due; con il Coronavirus tre o quattro persone o, in caso dei cosiddetti “superdiffusori”, addirittura dieci o dodici. Questo virus non è una normale un’influenza e la differenza è evidente: un’influenza non mette in ginocchio Paesi in tutto il mondo e l’economia del mondo.
Il Mezzogiorno è in grado di affrontare l’emergenza sanitaria?
Il Sud è pronto se l’emergenza sanitaria è basata su piccoli numeri. Se i casi aumentano e la popolazione che si ammala ricalca quella di oggi nei paesi del Nord, qualsiasi regione del Sud sarebbe in grandissima difficoltà. Se è in ginocchio la Lombardia, il cui sistema sanitario è ritenuto di eccellenza, non oso pensare cosa succederebbe se questi numeri li ribaltassimo su quelle regioni in cui il sistema sanitario nazionale è più carente e ha una macchina non efficiente come quella di regioni più avanzate da un punto di vista sanitario. C’è una disparità – inutile nasconderlo – tra Nord e Sud. Basti pensare che noi, per l’erogazione di sanità, ordinariamente assistiamo agli esodi dalle regioni meridionali a quelle settentrionali, per molte patologia; una sanità che non offre al cittadino già di per sé quello che dovrebbe, in una situazione di gravità come quella che oggi abbiamo al Nord con il Coronavirus entrerebbe in grave crisi molto prima. E non oso pensare alle conseguenze.
C’è da avere paura?
C’è da avere un giusto timore, che dovrebbe rendere tutti noi partecipi di una condotta virtuosa, che significa dovere civico di difenderci dai sintomi. Seguiamo tutti il famoso decalogo dato dal Consiglio dei ministri, dall’Istituto superiore di sanità: meno socialità, meno aggregazioni, meno isolamenti, laddove possiamo cerchiamo di mantenere la distanza, laviamoci le mani. Proteggendoci possiamo proteggere anche gli altri.
Bene la chiusura delle scuole, degli stadi, dei tribunali?
Veramente un’ottima misura. Andava fatta perché noi in questo momento non comprendiamo bene la reale portata del fenomeno. Non sappiamo che cosa sta succedendo e che cosa succederà nei prossimi giorni. Potremmo vedere un’esplosione sul territorio di questa malattia e, da quel momento in poi, tutti i nostri sforzi per cercare di arginarla sarebbero inutili ed entreremmo in una grave crisi sanitaria. Il problema da evidenziare però è un altro.
Quale?
Il fatto che da una singola persona si sviluppa sempre un focolaio. Non è pensabile, relativamente al Covid-19, che un sintomatico infetti una persona e questa si ammali; è molto più probabile invece che il virus circoli nella popolazione, in maniera asintomatica o con poca sintomaticità, molto più quanto noi pensiamo, coinvolgendo tante persone. Quando questo virus incontra gruppi di persone più deboli, si manifesta e genera l’epidemia, il focolaio che man mano si ingrandisce. Questa è l’ipotesi più plausibile, perché anche le misure di contenimento non hanno funzionato. Molta gente ritiene che ciò sia accaduto perché molte perone sono andate via dai punti in cui dovevano rimanere. Credo che il virus abbia iniziato a circolare molto tempo prima, per cui, anche se facessimo zone rosse o rossissime, è probabile il virus sia già scappato via, cammini fra la popolazione. Ecco perché ognuno di noi deve fare la sua parte. Credo che il virus sia più penetrato nella popolazione molto più di quanto invece i dati di malattia ci dicono.
Come facciamo ad averne certezza?
Questo lo sapremo solo in futuro, quando inizieremo a realizzare test sierologici che ci diranno quando una persona ha contratto il virus. Si tratta di vedere gli anticorpi: il tampone, infatti, ci dà solo una fotografia dell’istante, la sierologia ci può dire se il paziente ha il virus o lo ha avuto in passato. Questa è un grande aiuto per tracciare un quadro epidemiologico completo.