Prevenzione, più vigilanza e contrasto, uniti a protezione, assistenza e reinserimento socio-lavorativo per le vittime. Sono gli assi strategici del primo Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022), approvato, giovedì 20 febbraio, a Roma, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il Piano è il frutto della collaborazione di tutte le Istituzioni impegnate a livello centrale, regionale e locale contro lo sfruttamento e il caporalato, riunite nel Tavolo presieduto dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e aperto anche ad associazioni di categoria, sindacati e Terzo settore. Partendo da una mappatura dei territori e dei fabbisogni di manodopera agricola, il Piano affianca interventi emergenziali e interventi di sistema o di lungo periodo, gli assi strategici individuati saranno declinati in 10 azioni prioritarie. Solo due giorni prima, il 18 febbraio, è stata presentata, sempre a Roma, una proposta per contrastare il caporalato nel lavoro, frutto di una riflessione congiunta avviata dalla Fondazione “Osservatorio Agromafie”, Coldiretti e Anci. Il progetto “Lavoro stagionale – Dignità e legalità” mira ad affrontare in maniera concreta la situazione di grave vulnerabilità e marginalità nella quale versa un segmento consistente di cittadini stranieri oggi a rischio di grave sfruttamento lavorativo in ambito agricolo. Sfruttamento che si riflette sulla competitività delle imprese che rispettano le regole e sulle condizioni di lavoro anche del non migrante. Abbiamo sentito sul fenomeno del caporalato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.
Presidente Prandini, come si può vincere la piaga del caporalato? La repressione basta? Dalla legge 199/2016 sono stati compiuti passi avanti? Cosa si dovrebbe ancora fare per sradicare il fenomeno?
L’esperienza dimostra che la repressione da sola non basta ed è invece necessario agire anche sulle leve economiche che spingono o tollerano lo sfruttamento, dalla lotta alle pratiche commerciali sleali fino alle agevolazioni concesse dall’Unione europea alle importazioni low cost da Paesi a rischio. Occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli, dal pomodoro alle arance, pagati sottocosto pochi centesimi al chilo spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità. Per questo, è necessario arrivare al più presto al recepimento della direttiva Ue in materia di pratiche commerciali sleali per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti, con l’introduzione di elementi contrattuali e sanzionatori certi rispetto a prassi che finora hanno pesantemente penalizzato i produttori.
Quanto pesa la marginalità e la fragilità delle vittime?
Il caporalato prospera proprio sulla marginalità e sulla fragilità delle vittime e sulle storture di un sistema che lascia soli aziende e lavoratori facendo crescere l’illegalità nelle carenze strutturali e di servizi.
In cosa consiste il progetto della Fondazione Osservatorio Agromafie, Coldiretti e Anci? Quali sono gli obiettivi?
L’obiettivo è operare una previsione specifica del fabbisogno nelle diverse aree geografiche del Paese e collegarlo ad altre richieste di lavoro stagionale in maniera da assicurare una continuità lavorativa del dipendente stagionale anche in settori non agricoli, come la trasformazione e la commercializzazione di prodotti stagionali e, in prospettiva, il turismo. Nel piano sono previste anche misure per l’inserimento abitativo temporaneo per gli stagionali in agricoltura attraverso l’accoglienza diffusa in appartamenti, oltre a progetti di rigenerazione urbana volti alla realizzazione di interventi di social housing dove i servizi abitativi entrano a far parte delle politiche sociali, valorizzando la sicurezza, la solidarietà, la coesione sociale, il lavoro. Il progetto anti caporalato partirà da alcune zone del Paese diverse per caratteristiche produttive e istituzionali: Latina, Saluzzo e Foggia. Su queste aree verrà effettuata una ricerca sul campo, attraverso Coldiretti e Anci e con la collaborazione di Istat e Inps. L’obiettivo finale è
garantire condizioni di lavoro dignitose ai lavoratori e dare alle imprese la possibilità di non essere costrette a scegliere tra illegalità e concorrenza.
In Italia arrivano anche prodotti a poco prezzo realizzati all’estero grazie allo sfruttamento dei lavoratori: come si combatte questo?
Quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato che arriva in Italia non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese dove arrivano spesso con agevolazioni anche grazie agli accordi preferenziali stipulati dall’Unione europea.
La lotta allo sfruttamento deve iniziare nei Paesi di origine di molti migranti
dove l’obiettivo deve essere quello di esportare un modello di sviluppo che punti sulla valorizzazione delle realtà locali, promuova le potenzialità dell’impresa familiare sostenendo così i piccoli produttori del Sud del mondo, minacciati dalla distorsione nei sistemi di produzione e distribuzione degli alimenti che favorisce l’accaparramento delle terre e provoca la fuga dalle campagne verso i Paesi più ricchi dove spesso li attendono la sofferenza e l’emarginazione. È necessario che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro. Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato.
Anche nel nostro Paese viene ottenuto da mani straniere più di ¼ del Made in Italy a tavola: per questi lavoratori agricoli è forte il rischio di finire nelle reti dei “caporali”?
I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove va assicurata la sicurezza sul lavoro e la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale.
Il caporalato si afferma dove lo Stato e la società civile arretra e lascia spazio all’illegalità.
Come giudica il primo Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, approvato il 20 febbraio?
Le importanti misure previste dal Piano triennale su trasporti, foresterie e rete del lavoro agricolo di qualità si integrano positivamente con gli obiettivi del progetto elaborato da Coldiretti, Anci e Osservatorio Agromafie. Un progetto che parte dalla verifica del fabbisogno di lavoro per poi verificare le disponibilità sul territorio e promuovere interventi atti a contrastare la presenza del caporalato e volti a sostenere i lavoratori stagionali in varie sfere – dal trasporto all’alloggio – da realizzarsi sotto la regia dell’ente locale e con il supporto delle realtà del Terzo settore.
È positivo che il Piano sia il frutto di un’ampia collaborazione?
Certamente sì perché
il caporalato si sconfigge sul territorio dove bisogna attivare tutte le sinergie possibili
tra forze di rappresentanza e Istituzioni al fine di assicurare condizioni di lavoro dignitose e legali e, al tempo stesso, di consentire alle imprese agricole di sostenere la concorrenza internazionale.