Migranti

Caso Diciotti: il Senato boccia l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini

I voti contrari all’autorizzazione sono stati 16 (M5S, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Autonomie), quelli favorevoli 6 (Pd, Leu e l’ex-cinquestelle De Falco ora nel Gruppo misto). Dei 23 membri dell’organismo era assente soltanto una senatrice del M5S (giustificatissima: ha appena partorito). Quindi, dopo il controverso referendum sulla piattaforma Rousseau, i membri pentastellati della Giunta hanno votato in maniera conforme all’esito della consultazione online  

(Foto: AFP/SIR)

La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato si è espressa a maggioranza contro l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per il caso degli immigrati bloccati a bordo della nave Diciotti. I voti contrari all’autorizzazione sono stati 16 (M5S, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Autonomie), quelli favorevoli 6 (Pd, Leu e l’ex-cinquestelle De Falco ora nel Gruppo misto). Dei 23 membri dell’organismo era assente soltanto una senatrice del M5S (giustificatissima: ha appena partorito). Quindi, dopo il controverso referendum sulla piattaforma Rousseau, i membri pentastellati della Giunta hanno votato in maniera conforme all’esito della consultazione online.

Entro il 24 marzo sarà l’Assemblea del Senato a pronunciarsi in modo definitivo sulla richiesta di autorizzazione a procedere, pervenuta a Palazzo Madama il 23 gennaio scorso e formulata dal Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Catania.

Il reato contestato, in riferimento ai fatti avvenuti tra il 20 e il 25 agosto 2018, è quello relativo ai commi primo, secondo (punto 2) e terzo dell’articolo 605 del codice penale (sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere). In un primo passaggio, la Procura di Catania aveva proposto l’archiviazione dell’indagine, ma il cosiddetto “tribunale dei ministri” (in realtà un collegio di magistrati scelti per sorteggio, nella fattispecie Nicola La Mantia, Sandro Levanti e Paolo Corda) è stato di diverso avviso.

Nella richiesta inviata al Senato, i magistrati scrivono che Salvini “nella sua qualità di Ministro, violando le Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali…non consentendo senza giustificato motivo al competente Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione…di esitare tempestivamente la richiesta di POS (place of safety) presentata formalmente da Imrcc (Italian maritime rescue coordination center) alle ore 22:30 del 17 agosto 2018, bloccava la procedura di sbarco dei migranti, così determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi, costretti a rimanere in condizioni psico-fisiche critiche a bordo della nave ‘U. Diciotti’ ormeggiata nel porto di Catania dalle ore 23:49 del 20 agosto e fino alla tarda serata del 25 agosto, momento in cui veniva autorizzato lo sbarco”.

“Fatto aggravato – sostiene il “tribunale dei ministri” catanese – dall’essere stato commesso da un pubblico ufficiale e con abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età”.

La legge costituzionale n. 1 del 1989, che ha modificato l’articolo 96 della Carta, prevede che per i reati commessi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni spetti al Parlamento valutare se la procedura giudiziaria debba essere fermata poichél’inquisito ha agito “per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico”. In questa direzione va la relazione approvata a maggioranza dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato. Toccherà all’Assemblea di Palazzo Madama esprimersi in modo conclusivo e “insindacabile” (così recita la citata legge costituzionale) con un voto a maggioranza assoluta dei suoi componenti, entro sessanta giorni dall’arrivo della richiesta dei magistrati siciliani. A Catania, peraltro, adesso risultano indagati anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e i ministri Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. Un atto dovuto in quanto la locale Procura ha ricevuto dalla Giunta del Senato i documenti con cui i tre esponenti del governo hanno dichiarato di aver condiviso politicamente le scelte di Salvini.