Solidarietà

Pietre di inciampo. Mons. Spreafico (Cei): “Un segno tragicamente antisemita e razzista in un mondo che ha perso la memoria”

La solidarietà di mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione Cei per il dialogo e l’ecumenismo alla presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello per il furto delle venti “pietre d’inciampo” dedicate alle vittime dell’Olocausto. “Le ho espresso il nostro dispiacere, la nostra condanna e la nostra vergogna per un gesto che vuole cancellare la memoria di un tempo tragico che non si deve ripetere. Non solo un messaggio di solidarietà e vicinanza ma anche d’impegno comune a fare in modo che la memoria diventi un monito per oggi e un invito a costruire un Paese in cui si possa vivere gli uni accanto agli altri nelle nostre differenze”  

“Un segno tragicamente antisemita e razzista in un mondo che ci abitua a tornare a questa idea dell’altro non solo come a un nemico ma come a una persona da eliminare, in una mancanza assoluta di memoria della storia tragica che abbiamo vissuto”. Reagisce così, con voce grave, monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per il dialogo e l’ecumenismo, al furto di venti “pietre d’inciampo” dedicate – a Roma – alle vittime dell’Olocausto.

Mons. Ambrogio Spreafico

Mons. Spreafico, cosa ha pensato quando ha saputo del furto?
È il segnale di un modo di vivere in cui non c’è memoria di quello che è avvenuto. Le pietre di inciampo si dedicano alle famiglie che in quella zona o in quella via sono state deportate durante il periodo nazifascista nei campi di sterminio. In via Madonna dei Monti abitavano le famiglie Di Castro e Di Consiglio e la più piccola della famiglia Di Castro aveva solo 3 anni. Della famiglia Di Consiglio invece più di 20 persone sono state deportate e sterminate ad Auschwitz o alle fosse Ardeatine. Mi sembra, quindi, un segno tragicamente antisemita e razzista che avviene nella assoluta mancanza assoluta di memoria. La tragedia dell’antisemitismo deve rimanere impressa nella coscienza della nostra Europa come un monito perché non avvenga più che l’altro diventi un nemico da eliminare.

Ha potuto manifestare a nome della Chiesa cattolica solidarietà alla comunità ebraica di Roma?
Ho sentito personalmente la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, e le ho espresso il nostro dispiacere, la nostra condanna e la nostra vergogna per un gesto che vuole cancellare la memoria di un tempo tragico che non si deve ripetere. Non solo un messaggio di solidarietà e vicinanza ma anche di impegno comune a fare in modo che la memoria diventi un monito per oggi e

un invito a costruire insieme un Paese in cui si possa vivere gli uni accanto agli altri nelle nostre differenze.

Non è la prima volta purtroppo che succede. Cosa favorisce, a suo avviso, fenomeni del genere?
Un clima sociale e un modo di vivere nella insoddisfazione che facilmente si trasforma in rancore, rabbia verso gli altri, come ha purtroppo mostrato il Rapporto del Censis. La ricerca sempre di un nemico contro cui prendersela per le cose che non vanno. È un clima preoccupante perché in realtà ci fa stare tutti peggio. Oggi purtroppo anche i social non fanno che aumentare questo clima di rabbia con l’insulto e nell’abitudine a mettere “mi piace” quando uno insulta. Nelle mie omelie dico che c’è un peccato del “mi piace”: quando tu metti “mi piace” a qualcuno che insulta un altro, devi confessarti, perché non si può condividere la violenza.

Come combattere questa deriva?
Questo tempo di Avvento che è per noi cristiani un tempo di attesa, ci lancia un messaggio di pace e di condivisione.

Il mio augurio è che davanti al Signore che viene piccolo e debole in mezzo a noi e che non trova posto, siamo pronti ad allargare il cuore.

I problemi ci sono ma vanno affrontati con il dialogo e l’ascolto, in maniera pacifica. Non serve assolutamente a nulla urlare e insultare né tantomeno si risolvono così i problemi.