Viaggio nel “ghetto” vuoto al centro di Ribera (che nessuno vede)

Chi sono i giovani mandati nei campi? Per la maggior parte arrivano dalla Tunisia, giungono a Ribera attraverso un tam tam sui social network o contatti telefonici direttamente con i datori di lavoro, se già hanno lavorato qui, oppure attraverso connazionali stabilmente residenti in Sicilia. La paga? Poco più di 4 euro all’ora, per 9 ore al giorno

“Volevamo braccia, sono arrivati uomini”. È la frase con la quale lo scrittore svizzero Max Frisch, alla metà degli anni ’70, cercò di spiegare perché troppi connazionali fossero così ostili agli immigrati italiani, giunti nella loro Nazione. Una frase di drammatica attualità, ancor più se riferita a un settore, quello agricolo, fiore all’occhiello e motore dell’economia di alcune aree della provincia di Agrigento, specie quelle del versante occidentale. Ma ciò che conta non è quel che si vede, in questo viaggio, ma il sommerso fatto di sfruttamento, illegalità e indifferenza.

Siamo a Ribera, in un caldo pomeriggio, tra gli agrumeti, gli uliveti e i vigneti che costeggiano la strada che da Borgo Bonsignore conduce al centro: campi ben tenuti, con il fiore all’occhiello delle arance, le famose “Navel”.

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