
Succede così: l’Europa si porta nello zaino alcune sfide “storiche”, in parte risolte, in parte no. Alle quali se ne aggiungono sempre di nuove. Tra quelle consegnate dal passato si possono ricordare, senza ambire alla completezza, la costruzione della pace – primo vero e grande obiettivo comune –, la realizzazione di un solido e vantaggioso mercato unico senza barriere (libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali), la promozione del benessere e della sicurezza per tutti i suoi cittadini, la cooperazione internazionale e l’“apertura al mondo”.
Nel tempo si sono aggiunte altre “frontiere”:
l’invecchiamento della popolazione e la crisi demografica, mentre in altre regioni del pianeta nascono tanti figli e la media d’età è giovane e promettente; l’avanzare del cambiamento climatico e la necessità di proteggere l’ambiente naturale e umano; l’indebolirsi della democrazia partecipativa e l’emergere prepotente di populismi e nazionalismi; le instabilità politiche di diverse regioni attorno all’Europa. Quindi le pressioni migratorie, il Covid, la guerra in Ucraina (dopo quella nei Balcani). Per arrivare alla guerra commerciale scatenata da Trump.
L’Europa ha una storia millenaria. Sempre costellata di nuove vicende, di guerre e di periodi di pace, di cadute e di riprese sorprendenti. È stata al “centro della storia” per secoli (anche in periodo bui, come il colonialismo…). Ora la storia è cambiata e sia ha la convinzione che l’“eurocentrismo” sia finito da un pezzo. Ciò non toglie che ancora oggi, nella versione dell’Unione europea, 27 Stati collaborino in diversi ambiti – politico, istituzionale, economico, forse persino militare – con obiettivi e regole comuni e con modalità che non si riscontrano in nessun’altra parte del mondo. Talvolta con successi evidenti, altre volte con ritardi, errori, equivoci.
È quanto avviene ancora oggi.
La questione difesa-riarmo, i dazi statunitensi, le preoccupanti dinamiche dell’economia, le prospettive della rivoluzione digitale, l’accoglienza (o meno) dei migranti, le profonde differenze interne negli standard di vita e di welfare, il prospettato Green Deal: sono tutti capitoli aperti, nei quali l’Ue fatica a trovare il bandolo della matassa.
Così l’Unione europea è, ancora una volta, a rischio implosione; ma neppure si può escludere che la ricerca di risposte “a 27” – o a geografie variabili? – alle sfide in atto possa rilanciare lo spirito della “casa comune”. I giochi sono aperti: occorrerebbero leadership realmente europeiste, convinte che l’unione fa la forza, e cittadini che si sentano tali dell’Europa, oltre che dei rispettivi Paesi membri. Sentenze certe al momento non ce ne sono, ma potremmo averne molto presto.