L’Ue da rinvigorire

Piazza del Popolo a Roma, sabato scorso 15 marzo: in 50.000 (almeno secondo l'ideatore dell'iniziativa, il giornalista Michele Serra) "per l'Europa" con un tripudio di bandiere azzurro-stellate... Ma per "quale" Europa? L'ambiguità della manifestazione era evidente a tutti, capi e popolo.

Piazza del Popolo a Roma, sabato scorso 15 marzo: in 50.000 (almeno secondo l’ideatore dell’iniziativa, il giornalista Michele Serra) “per l’Europa” con un tripudio di bandiere azzurro-stellate… Ma per “quale” Europa? L’ambiguità della manifestazione era evidente a tutti, capi e popolo. Bastava ascoltare gli interventi e bastava rivolgersi al vicino per sentire opinioni contrastanti. Infatti il nodo della questione è tutto lì. A parte qualche frangia ai margini – radunata in quello stesso giorno in altre piazze o con l’appuntamento ad altra data (il M5S il 5 aprile…) – pressoché tutti vogliono “Europa”; ma, convinti quasi tutti che da soli è più difficile proseguire (Brexit docet), la vera e problematica distinzione appare chiara da tempo: “più Europa e meno Stati” (cioè una progressiva e cogente unificazione, disposti a sacrificare sovranità per il bene comune) o “meno Europa e più Stati” (cioè una sempre maggiore autonomia delle nazioni, sfruttando i vantaggi economici dell’Unione ma senza altri compromessi e limitazioni)? Su questo stesso dilemma si sta giocando ora per la questione “riarmo” o “difesa” – di cui martedì si è discusso in Parlamento, evidenziando ulteriormente le spaccature e suddivisioni sia nella maggioranza (nonostante gli equilibrismi di occasione) che nell’opposizione (approfondendo la competizione tra Conte e Schlein) – sulla quale il Consiglio europeo s’incontra per pronunciarsi definitivamente e operativamente nella riunione del 20-21 a Bruxelles, con, peraltro, all’ordine del giorno altri temi urgenti come la competitività, il rinnovato e costoso sostegno all’Ucraina, le migrazioni, il Medio Oriente, il multilateralismo. E’ in Italia, più che altrove, che la divaricazione si amplia, data per scontata la renitenza di Ungheria e Slovacchia. Ma il problema è presente anche nel Parlamento europeo. Di fatto la UE è una “incompiuta” e pare intenzionata o destinata a rimanere tale, pur avendo affrontato con successo altre prove e cercando di attrezzarsi ora per quella che potrebbe essere la più cruciale, dopo l’abbandono strisciante e sempre più deciso da parte del mitico alleato americano. Quello della “difesa”, di fronte alle paventate “minacce” attuali, è un capitolo importante (cui avevano posto mano, senza successo, già i nostri padri fondatori), che fa emergere ancora di più le contraddizioni di una costruzione a metà. Ma in questi ultimi anni a minare le fondamenta dell’edificio sono stati soprattutto i galoppanti populismi e sovranismi che annunciano di prendere la guida di una parte significativa delle nazioni che compongono il mosaico UE. Al tempo stesso la crisi dei sistemi democratici – emergente anche, in Italia e non solo, nella minore partecipazione al voto – contribuisce a infondere timori crescenti e tendenze alla disgregazione. Quello che José Manuel Barroso (che fu presidente della Commissione europea per un decennio, dal 2004 al 2014) definisce un “adolescente geopolitico”, l’UE appunto, sembra voler rinunciare a crescere e diventare grande, e su questo hanno buon gioco per speculare le forze centrifughe interne come le insidie esterne. L’elemento che, più di altri, ha frenato e continua a frenare la dinamicità dell’Unione è la norma dell’unanimità, anche se già sarebbe prevista dai Trattati la possibilità di “cooperazioni rafforzate” tra un numero minimo di 9 stati e a geometria variabile, ma a cui si esita a fare ricorso per evitare strappi… Sempre martedì scorso, mentre al mattino Israele riprendeva la guerra su Gaza come rivalsa per il mancato rilascio dei restanti ostaggi, il mondo era col fiato sospeso per l’annunciata determinante telefonata Trump-Putin e l’Ucraina in angoscia per il temuto “mercato” a cui si sentiva destinata. In questo quadro, quale il ruolo dell’Europa? Quali l’identità e il compito dell’UE? C’è una “vocazione” speciale alla quale il continente, unificato dopo le tragedie del Novecento, dovrebbe rispondere e non può essere altra che quella di costruire un mondo di pace e di unità, sennonché questo richiede anche il rispetto del diritto internazionale che ormai purtroppo sembra ritenuto dai più potenti “carta straccia”. Servirebbe un’anima più profonda a questo progetto, che può trarre linfa dalle radici cristiane (purtroppo da troppi svilite o ignorate) della nostra civiltà: giustizia e misericordia sempre, anche se faticosamente, unite.

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