Cosa ci dice il Premio Sakharov, consegnato martedì 17 dicembre a Strasburgo ai leader dell’opposizione democratica venezuelana? Il riconoscimento che da oltre trent’anni viene assegnato dal Parlamento europeo a coloro che si battono per la libertà di pensiero, i diritti umani e la democrazia nei quattro angoli del mondo, quest’anno è stato nominalmente intestato al Presidente eletto Edmundo González Urrutia (che però non occupa quel ruolo perché scavalcato dal dittatore Maduro) e alla leader riconosciuta dell’opposizione María Corina Machado.
A quest’ultima in particolare si deve un intervento – tenuto da remoto – durante la sessione plenaria dell’Eurocamera, che scuote le coscienze, dimostrando una lucidità e un coraggio senza riserve (considerato che la sua vita, come quella di Urrutia e dei capi dell’opposizione al regime è sempre in pericolo).
Con il Premio Sakharov “voi oggi riconoscete la lotta instancabile che milioni di venezuelani hanno condotto, per più di 25 anni, dentro e fuori il nostro Paese, per la libertà e la democrazia”, ha affermato. “Dopo anni di aggressione sistematica da parte di uno dei regimi più distruttivi del pianeta, il popolo venezuelano ha dato infinite testimonianze di coraggio, intelligenza, resilienza e amore. Amore per i nostri figli, per la nostra terra e per la nostra libertà”. Amore è la parola chiave.
Machado ha parlato dell’estrema povertà diffusa in un Paese con infinite riserve di petrolio e naturali. Di carcerazioni indiscriminate, di pressioni sulla gente, di sistematica “predicazione dell’odio”, di isolamento del Paese. Eppure il riscatto sta avvenendo “dal basso”. Il 28 luglio scorso gli elettori hanno scelto Urrutia, benché poi l’autocrate Maduro non abbia lasciato il potere. Resta il miracolo della libertà che esplode, della dignità che non si dà pace.
Un popolo diviso e oppresso sta lottando per il proprio futuro. “Hanno cercato di metterci gli uni contro gli altri… Cercavano di indebolire la famiglia, il nucleo stesso della società… Hanno inoltre intrapreso la distruzione di ogni istituzione democratica”. Ma il Venezuela ha reagito. “Contro ogni previsione, quella società divisa ha deciso di riunirsi e risorgere dalle proprie ceneri. Affrontando il dolore con nobiltà e dignità, e in stretta adesione alla verità che dissolve le bugie, è emerso un genuino movimento di redenzione per unire e liberare il nostro popolo”. “Ecco perché ciò che accade oggi in Venezuela trascende la nostra generazione e i nostri confini. Le implicazioni globali di questa lotta” dimostrano “ciò che può ottenere una società profondamente maltrattata quando, remando controcorrente e superando gli ostacoli, decide di andare avanti insieme sulla via del bene”.
Qui c’è un messaggio universale. Che può valere in America Latina come in tanti Paesi dell’Africa, in Medio Oriente o negli angoli del pianeta dove ingiustizie, prevaricazioni, violenza, fame, nuovi colonialismi possono richiamare i popoli al proprio riscatto.
Oltre la metà dell’umanità vive oggi povera, oppressa, incatenata. Ma le catene si possono spezzare.