“Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino e si animino in una sintesi superiore, noi rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale; potrebbe anche apparire a un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva”. In un discorso pronunciato a Strasburgo nel dicembre 1951 Alcide De Gasperi (la sua voce e le immagini originali nel video riprodotto sotto), presidente del Consiglio italiano, indica un rischio che avrebbe potuto correre il progetto di integrazione europea, di cui era tra i convinti sostenitori, adombrando anche un “pericolo d’involuzione” in chiave nazionalista, che l’Europa del XXI secolo sta oggettivamente sperimentando.
Egli conosceva bene gli esiti di anguste visioni nazionali:
le divisioni fra i popoli, le guerre, le violenze, la fame, la povertà… Lui che invece si dimostrerà capace di andare “oltre i confini”, fossero culturali, linguistici, sociali, politici.
De Gasperi (Pieve Tesino, Trento, 1881 – Sella di Valsugana, Trento, 1954), di cui ricorrono oggi i 70 anni della morte, nato cittadino dell’Impero austro-ungarico, compie gli studi universitari a Vienna, partecipa nel 1904 alla fondazione dell’Unione politica popolare del Trentino, di ispirazione cristiana e diviene deputato al Parlamento di Vienna nel 1911. Dopo la Prima Guerra mondiale, tornato il Trentino all’Italia, partecipa all’attività del Partito popolare, collaborando strettamente con don Luigi Sturzo. Nel 1921 è eletto deputato e l’anno seguente si sposa con Francesca Romani, dalla quale avrà quattro figlie. Segretario del partito durante i mesi dell’Aventino, è poi costretto a dimettersi dall’incarico e subisce un anno di carcere fascista; quindi, dal 1929, lavora presso la Biblioteca vaticana.
Durante la guerra collabora alla stesura dei programmi di governo della nascente Democrazia cristiana, della quale diviene leader riconosciuto. Nell’Italia che emerge dalle ceneri della dittatura diviene ministro degli Esteri e poi, fra il 1945 e il ’53 è ininterrottamente presidente del Consiglio: guida dapprima una coalizione con i partiti del Comitato di liberazione nazionale, poi, dal maggio 1947, è a capo di governi centristi. Durante questi anni l’Italia si dà una Costituzione repubblicana, consolida la democrazia interna e avvia la ricostruzione economica.
L’adesione a un progetto di avvicinamento delle nazioni europee per la cooperazione economica e in chiave difensivistica (siamo in piena “guerra fredda”) matura progressivamente nello statista di origine trentina. Il quale pone l’Italia tra gli Stati fondatori della Comunità europea del carbone e dell’acciaio: il trattato costitutivo è firmato nel 1951. Nel 1952 chiede, senza successo, che il progetto di una Comunità europea di difesa si trasformi in una più ampia istituzione politica. Nel 1954, pochi mesi prima di morire, ricopre per breve tempo la carica di presidente dell’Assemblea parlamentare della Ceca.
Anche per queste ragioni De Gasperi è inserito nel novero dei “padri dell’Europa”
assieme ad altri politici della sua epoca (Schuman, Monnet, Adenauer, Spinelli, Spaak…). L’impegno per la ricostruzione dell’Italia, rinata dalle ceneri della guerra, viene accostato da diversi storici alla sua “politica europeista”, la quale sorge sia dalla consapevole visione internazionale delle sfide politiche in atto nel secondo dopoguerra, sia dalla volontà di inserire l’Italia nel quadro dell’Europa occidentale, e, non da ultimo, in relazione alla sua visione “universalistica” della politica che affonda le radici nella fede cristiana.
“Le sue iniziative – scriveva il francese Robert Schuman, poco dopo la morte dell’amico italiano – erano collegate a idee che si ponevano al di sopra delle contingenze del momento: tutta la sua azione discendeva dai principi che egli aveva accettato una volta per tutte. La vita religiosa, la democrazia, l’Italia e l’Europa erano per lui dei postulati di una fede profonda e indefettibile”.