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“Top job”, trattative in corso. Ma non c’è tempo da perdere

Dopo la riunione informale del 17 giugno, i capi di Stato e di governo si ritroveranno a fine mese per decidere i nomi dei responsabili di Commissione, Consiglio europeo e Alto rappresentante per la politica estera. Giochi aperti: nel frattempo i problemi urgenti che l’Unione ha di fronte richiedono decisioni equilibrate e il più possibile rapide

Bruxelles, 17 giugno: faccia a faccia tra il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la premier italiana Giorgia Meloni (Foto Consiglio europeo)

Calendario fitto fra Bruxelles e Strasburgo. Dopo le elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento è tempo di serrate trattative per i cosiddetti “top Job”, ovvero le principali cariche in sede comunitaria. La cena informale dei capi di Stato e di governo del 17 giugno è stato un passaggio previsto e tutt’altro che informale. I 27 leader hanno soppesato il voto del 6-9 giugno, hanno passato la lista dei nomi dei pretendenti in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno dal quale dovranno emergere i nomi per la presidenza della Commissione (attualmente Ursula Von der Leyen, tedesca, popolare), dello stesso Consiglio europeo (Charles Michel, belga, liberale) e dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (Josep Borrell, spagnolo, socialdemocratico).
Non rientra “ufficialmente” in questi equilibri il ruolo di presidente del Parlamento europeo, che verrà votato dagli eurodeputati nella prima sessione plenaria del 16-19 luglio: eppure anche di questo hanno discusso a tavola i leader, e la candidata più accreditata a succedere a se stessa è la uscente Roberta Metsola, maltese, dei popolari.
Sulle altre cariche si dovrebbe arrivare al dunque a fine giugno, anche se le voci di corridoio a Bruxelles fanno pensare a una decisione da posporre a inizio luglio, dopo l’esito del voto in Francia, che potrebbe rafforzare oppure indebolire di molto il presidente Emmanuel Macron: l’inquilino dell’Eliseo ha tradizionalmente un peso importante nelle decisioni europee.
In corsa per la carica di capo della Commissione rimane Ursula Von der Leyen: la sua azione politica, specialmente negli ultimi mesi, è parsa altalenante, ed è riuscita a inimicarsi buona parte del suo stesso collegio di commissari. Ma forte della vittoria Ppe alle elezioni, e in mancanza di una reale figura alternativa, potrebbe risultare nominata, senza eccessivi entusiasmi, dal Consiglio europeo. In tal caso il problema arriverebbe dopo, dovendo ottenere, a settembre, il voto favorevole dell’Europarlamento. Von der Leyen potrebbe agire in modo da avere i voti della cosiddetta “maggioranza Ursula”, costituita finora da popolari, socialdemocratici e liberali; potrebbe anche tentare – se non trascurasse il Green Deal – di coinvolgere a suo favore i voti dei Verdi. Ciò che sembra improbabile è uno spostamento a destra della maggioranza all’Euroassemblea, chiedendo i voti dell’Ecr (conservatori), gruppo politico del quale fanno parte gli eurodeputati italiani di Fratelli d’Italia. Ma, come si sa, le sorprese, e le convenienze, in politica sono all’ordine del giorno.
Una volta che si avrà il nome per la guida della Commissione, e l’eventuale voto di approvazione dell’Europarlamento, allora ci si occuperà della costituzione del collegio dei commissari, i cui nomi vengono indicati dai rispettivi governi nazionali; il presidente della Commissione decide la distribuzione delle competenze, infine si passa attraverso le audizioni al Parlamento europeo e al voto di approvazione o meno del collegio.
Per le altre due cariche circolano diverse ipotesi: Antonio Costa, ex primo ministro socialista portoghese, potrebbe essere nominato alla presidenza del Consiglio europeo; ai liberali (ma finora non emergono nomi di primo piano) potrebbe essere assegnato il ruolo di Alto rappresentante.
Tutto questo dovrà avvenire entro novembre. Tempi lunghi quelli della nomenclatura Ue, soprattutto se si pensa a quali siano le urgenze che l’Unione europea ha di fronte. Tempo da perdere non ce n’è.

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