Al cuore della democrazia

Il preoccupante livello di astensione registrato nelle recenti elezioni europee – in Italia ha votato meno del 50% degli aventi diritto - aggiunge un motivo in più alla rilevanza che assume la 50.ma settimana sociale dei cattolici che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio p.v., i cui lavori saranno aperti dal presidente Mattarella e chiusi da Papa Francesco.

Il preoccupante livello di astensione registrato nelle recenti elezioni europee – in Italia ha votato meno del 50% degli aventi diritto – aggiunge un motivo in più alla rilevanza che assume la 50.ma settimana sociale dei cattolici che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio p.v., i cui lavori saranno aperti dal presidente Mattarella e chiusi da Papa Francesco. Più che i risultati elettorali – lieve flessione delle tradizionali forze politiche europee e avanzata delle destre – ciò che colpisce, specialmente in Italia, è la crescente disaffezione alla partecipazione alla vita democratica. Non solo perché la nostra Costituzione prevede che ogni cittadino “…concorra al progresso materiale o spirituale della società” ( Art. 4), ma anche perché il fenomeno dell’astensionismo, oltre a interessare il momento elettorale, investe la più complessiva sfera sociale delle persone. Se, infatti, il fenomeno – la diserzione dalle urne – di per sé allarma, molto più preoccupano i suoi effetti: l’assenza dei cittadini da ogni forma di partecipazione, ambito ecclesiale compreso. Benché da tempo si indaghi sulle cause di questo fenomeno, non si è ancora trovata la risposta all’eterno dilemma: ”é il popolo che ha abbandonato la politica, o è la politica che ha abbandonato il popolo”? E sull’altro fronte: “sono i fedeli che si allontanano dalla Chiesa, o è la Chiesa che è distante dal popolo”? Il tema della settimana sociale – “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro” – ispirato da Papa Francesco, sembra sia stato scelto, con una straordinaria puntualità, proprio per affrontare, tra le altre, anche tale questione e per guardare a possibili vie d’uscita. L’insegnamento di Papa Francesco mette al cuore della democrazia la partecipazione, senza la quale, dice il Papa, “la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino”(Fratelli Tutti 169). In più, nota Mons. Crociata, presidente della commissione dei Vescovi europei: “Tutti i motivi di scontento, di disaffezione costituiscono un modo per fare crescere le cause stesse dello scontento. La Settimana sociale vuole proporsi, allora, non solo come un convegno sul fronte della partecipazione, ma, in armonia con il cammino sinodale che la Chiesa sta compiendo, vuole essere anche un’esperienza di popolo aperta a tutti e non solo ai delegati. Le “Buone pratiche”, i laboratori, gli incontri, le attività culturali, artistiche e musicali che si svolgeranno nelle vie e nelle piazze di Trieste, saranno, infatti, momenti aperti a tutti. Attraverso la presentazione di iniziative – le “buone pratiche”- ideate, promosse e concretizzate da gruppi e associazioni, si potrà constatare come sia possibile, purché lo si voglia, collaborare, nei vari ambiti del sociale, alla costruzione del bene comune. Il metodo utilizzato per la “settimana” è, infatti, quello mutuato dal Sinodo “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione” avviato da Papa Francesco nel 2021, proprio per incentivare una partecipazione attiva e una corresponsabilità, tanto nel contesto ecclesiale quanto in quello civile. Dai lavori della settimana sociale si attendono, tra l’altro, contributi, proposte e suggerimenti che saranno valutati durante l’assemblea dei Vescovi che si terrà nel prossimo ottobre, per essere offerti, a conclusione della fase del Sinodo, denominata profetica, al Papa per le sue determinazioni. L’auspicio è che i cattolici possano tornare ad essere “centrali” oltre che nel contesto ecclesiale, anche nella partecipazione alla costruzione della cosa pubblica. “L’avvenire – affermava Aldo Moro – appartiene, in larga misura, ancora a noi”.

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