Un grande telone bianco con la scritta “benvenuti” in lingua ucraina e italiana, un cuore e una bandiera blu e gialla. Così la comunità parrocchiale di Tiggiano, nella diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca ha accolto sabato 15 giugno nell’oratorio-ostello “Oasi del Bello” il primo gruppo di bambini e bambine provenienti dalla città di Nikopol in Ucraina. Dalla Puglia dunque ha preso il via ufficiale quest’anno l’iniziativa “È più bello insieme”, un programma di vacanze solidali per 700 minori e accompagnatori provenienti da contesti di guerra. Avviato nel 2022, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il programma è sostenuto dalla Conferenza episcopale italiana che anche quest’anno dal 15 giugno al 30 agosto consentirà ai ragazzi di trascorrere una vacanza in Italia, in periodi e luoghi diversi. I minori verranno accolti dalle Caritas di Cosenza, Lamezia Terme, Como, Senigallia, Iglesias, Jesi e Ugento- Santa Maria di Leuca, presso strutture situate al mare e in montagna. Anche le Acli partecipano al programma gestendo l’ospitalità di uno dei gruppi in Piemonte.
“Sono bambini e bambine dai 10 ai 16 anni. Sono come i nostri ragazzi ma con la differenza che durante tutto l’anno non possono uscire di casa a causa della guerra”, racconta don Lucio Ciardo, direttore della Caritas di Ugento – S. Maria di Leuca. “Sono arrivati qui dopo 60 ore di viaggio ed una volontaria ci diceva, ‘è la prima notte che dormono sereni, senza paura’”. È questa la “missione” principale dell’iniziativa: consentire ai questi ragazzi e ragazze dell’Ucraina di vivere qualche giorno in serenità, lontano dalle bombe e dalle preoccupazioni. La diocesi pugliese di don Tonino Bello, ha dato la disponibilità ad accogliere 110 ragazzi, divisi in due gruppi: il primo dal 15 al 29 giugno; il secondo dall’11 al 29 agosto. Arrivano da Nikopol, città che si trova a pochissimi chilometri dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia. “Appena arrivate, le educatrici ci hanno raccontato che proprio mentre salivano sul bus, hanno sentito due esplosioni. Qui, in Italia, hanno trovato serenità, gioco, divertimento, mare. Un giorno, abbiamo visto una ragazza piangere. Le abbiamo chiesto il motivo e lei ci ha risposto: “Piango dalla gioia”. “Siamo la chiesa di don Tonino Bello”, aggiunge don Lucio. “Siamo quindi una terra ospitale. Nonostante lo steccato della lingua, abbiamo capito quanto sia importante stare insieme, giocare, divertirsi, conoscersi. Tutto questo crea comunione e contribuisce a creare un pezzetto di pace. Per dire al mondo dei potenti che è possibile e lo stiamo facendo a partire dai bambini”.
Dal mare della Puglia alle montagne e ai laghi della Lombardia. Anche qui c’è aria di attesa e preparazione. “Ancora non sappiamo esattamente le città da cui arriveranno. Sappiamo però che saranno 90 ragazzi con 10 accompagnatori e che dall’11 al 24 agosto saranno accolti ad Aprica, località di montagna in provincia di Sondrio. È una colonia estiva dove solitamente vengono ospitati gruppi per vacanze”, racconta Monia Copes, operatrice della Caritas di Como, referente per il territorio di Sondrio. È il terzo anno che in Lombardia replicano questa esperienza. Il programma è collaudato: sono previste gite per far conoscere il territorio ma anche le comunità locali, dai gruppi degli alpini ai volontari. E poi visita al lago e giornate di giochi, laboratori creativi e la preparazione della festa finale”.
Oltre alle 7 diocesi italiane coinvolte, anche le Acli hanno aderito all’iniziativa fin dall’inizio. “Abbiamo accolto i ragazzi due anni fa a Vezza d’Oglio, poi lo scorso anno a Cavareno, in Trentino, e quest’anno saremo in provincia di Cuneo a Frabosa Soprana dal 29 luglio al 10 agosto”, spiega Andrea Villa, presidente provinciale delle Acli di Milano, Monza e Brianza. Qui, le Acli hanno dato disponibilità ad accogliere 90 ragazzi e ragazze con i loro accompagnatori. Seguiti dalle Caritas Ucraina e Caritas Spes, sono sfollati interni dalle zone in guerra e provengono da più località. Lo scopo è offrire “giorni di sollievo e di scambio con la presenza di ragazzi giovanissimi italiani”. Nella casa presa in autogestione, c’è chi si occuperà della cucina e chi dell’animazione. Il programma alterna giorni di gita, visita ad un parco avventura e in piscina, giochi e laboratori creativi. “Vivono ormai da più di due anni in un contesto psicologicamente difficile”, racconta Villa. “C’è chi vive sfollato. Chi ha familiari in guerra ormai da tanto tempo e c’è la paura di non rivederli più. C’è anche la preoccupazione per il futuro dell’Ucraina. È sicuramente una situazione opprimente. Quello di cui hanno bisogno è di trovare un luogo dove sia possibile staccare sebbene temporaneamente. Le educatrici ci raccontavano negli anni scorsi che al terzo/quarto giorno, sia loro sia i ragazzi hanno cominciato a dormire senza svegliarsi la mattina con l’angoscia della guerra. La seconda coa di cui hanno bisogno, è sentire di non essere soli e abbandonati. Che ci sono delle comunità, qui in Italia, che hanno preso a cuore la loro sorte”. Le relazioni costruite continuano anche quando la “vacanza” è finita. Si rimane in contatto sui canali delle chat dove si condividono informazioni e notizie, come la gioia di un diploma conquistato o anche la preoccupazione per una ragazza di 18 anni che ha deciso di arruolarsi nell’esercito”. “Di fronte ad un conflitto, quello che possiamo fare noi è provare a essere prossimi a chi ne soffre, dando così un piccolo contributo, il nostro, alla costruzione della pace”.
Tutto pronto anche a Jesi, nelle Marche dove arriveranno dal 1 al 15 luglio, 26 ragazzi dai 10 ai 16 anni più 4 accompagnatori. Marco D’Aurizio, delegato Caritas Marche, presenta un programma di “vacanza” realizzato insieme a più enti e persone: i trasferimenti al mare tutti i giorni dalle 9 alle 16, pranzo compreso, grazie ai pulmini messi a disposizione dell’amministrazione comunale e l’animazione con il coinvolgimento delle parrocchie, degli Scout e dei ragazzi dell’Azione Cattolica. Sono previste anche alcune “uscite”, alle Grotte di Frasassi, al parco di Falconara Marittima e al parco acquatico. Anche qui non è la prima volta che arrivano ragazzi ucraini nelle diocesi delle Marche. Era successo anche lo scorso anno. “Ricordo una ragazza di 16 anni che alla fine di quella esperienza ci chiese, ma devo proprio tornare a casa? Rispondemmo che sì, doveva tornare a casa ma che quei giorni trascorsi con noi non sarebbero finiti così”.