Proposte di pace, tra faceto e serio

Se qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla reale, permanente, generosa, onesta ed equanime volontà negoziale dello zar, nei giorni scorsi ha avuto modo di chiarirsi le idee. Venerdì 14 infatti il confermato titolare del Cremlino si è concesso di rendere pubblico ciò che già molti (tutti?) sapevano, buttando sul tavolo della imminente conferenza di Lucerna, la sua “concreta” proposta di pace, dopo quella famosa di Zelensky, quella fumosa della Cina e quella equilibrista sino-brasiliana. La cosa poi rasenta il ridicolo quando Putin pretende che a ritirarsi dai territori da lui occupati siano, non certo le truppe dell’armata rossa (ci informa gentilmente che sono ben 700.000 i suoi eroici soldati impegnati al fronte) ma, ovviamente, quelle scompaginate dell’esercito "nazista" di Kiev con tutto il seguito di armi occidentali.

Se qualcuno avesse avuto dei dubbi sulla reale, permanente, generosa, onesta ed equanime volontà negoziale dello zar, nei giorni scorsi ha avuto modo di chiarirsi le idee. Venerdì 14 infatti il confermato titolare del Cremlino si è concesso di rendere pubblico ciò che già molti (tutti?) sapevano, buttando sul tavolo della imminente conferenza di Lucerna, la sua “concreta” proposta di pace, dopo quella famosa di Zelensky, quella fumosa della Cina e quella equilibrista sino-brasiliana. Se la sostanza era già nota e prevedibile – chi poteva non pensare che i territori di Crimea, data per scontata, e delle quattro regioni del Donbass dovessero restare alla Russia e che l’Ucraina dovesse essere “neutralizzata” e “denazificata”? – a sorprendere sono le premesse e i corollari. Prima premessa, falsa e fasulla: la negazione di aver mai voluto impadronirsi di tutta l’Ucraina, quando la cronaca e la storia ci raccontano senz’ombra di dubbio del blitz compiuto a Kiev il 24 febbraio 2022, fermato solo dalla perspicacia e dall’audacia degli ucraini. Seconda, esilarante: si tratta non di un semplice cessate il fuoco ma di una pace vera e definitiva da siglare internazionalmente. La cosa poi rasenta il ridicolo quando Putin pretende che a ritirarsi dai territori da lui occupati siano, non certo le truppe dell’armata rossa (ci informa gentilmente che sono ben 700.000 i suoi eroici soldati impegnati al fronte) ma, ovviamente, quelle scompaginate dell’esercito “nazista” di Kiev con tutto il seguito di armi occidentali. Oltre che al ridicolo, siamo al curioso: poiché – come sappiamo dal noto ritornello – “tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti”, dopo il fallimento della tentata sottomissione globale del Paese, dopo i risultati insufficienti dei combattimenti sul terreno nell’est ucraino, il signore di Mosca avrebbe pensato bene di impossessarsi di tutto il Donbass, anche dei territori non ancora occupati o di quelli da cui le sue truppe erano state respinte, senza più colpo ferire. I corollari di questo arguto “piano di pace” non sono meno sconcertanti: infatti l’ineffabile zar di tutte (o quasi) le Russie proclama che se le sue magnanime condizioni non venissero accettate ricadrebbe su Kiev e sul fedifrago Occidente la responsabilità della continuazione dello spargimento di sangue e, anzi, la stessa responsabilità di un’eventuale, più volte minacciata come extrema ratio, guerra nucleare, dal momento che – qualcuno non lo sa? – l’arsenale atomico di Mosca è il più consistente del mondo: dunque, guai a sfidarla! I pacifisti nostrani – in piena sintonia con l’unico vero “pacifista” Vladimir Putin – potranno giustamente osservare che, almeno, con l’accettazione di questo diktat finirebbero l’immane distruzione di un Paese e l’assurda carneficina da ambo le parti. Come, del resto, distruzione e carneficina non sarebbero nemmeno iniziate se Kiev avesse ceduto all’aggressore la notte stessa dell’invasione (beh, anche se l’invasione non ci fosse stata; ma questo, agli occhi dei nostri pacifisti, è…marginale, tanto che nemmeno si sognano di chiedere alla Russia di ritirarsi). Evidentemente, a cominciare dal “primo” e a seguire per tutti gli altri pacifisti di tal fatta, il diritto internazionale e l’integrità territoriale di uno stato, e tantomeno la libertà di un popolo, non hanno alcuna importanza.
Neanche a Lucerna, domenica scorsa, tutti i presenti hanno firmato il principio elementare, sancito dalla Carta dell’Onu, dell’integrità territoriale; ma qualche passo si è compiuto. Certo, assente Mosca e limitandosi la Cina da lontano all’invito ai contendenti di trovarsi “a metà strada”, non si poteva andare molto avanti. Ma sembra proprio che un’apertura alle trattative sia ora all’ordine del giorno. Il documento firmato da Volodymyr Zelensky e dalla presidente della Confederazione elvetica Viola Amherd con altre 80 delegazioni (ma senza i grandi del Sud del mondo…), si prefigge infatti, oltre a obiettivi immediati come la sicurezza alimentare, un summit ravvicinato in cui elaborare una proposta “seria” da presentare a Mosca. Si è ancora ben lontani dalla pace nel cuore dell’Europa, ma forse vi si cammina verso. Dio lo voglia! E gli uomini anche…

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