This content is available in English

Georgia. Mons. Pasotto: “Sono preoccupatissimo. Bisogna lavorare per trovare insieme strade comuni”

“Quando da una parte o dall'altra si politicizza il discorso e non si guarda più al bene comune ma solo alla direzione che si sta prendendo, non si sa cosa può venir fuori”, dice al Sir l'amministratore apostolico del Caucaso dei Latini, a proposito delle manifestazioni a Tbilisi contro l’approvazione ieri in Parlamento della legge sulle "influenze straniere", conosciuta anche come legge “russa” sugli agenti stranieri

(Foto ANSA/SIR)

Georgia, mons. Pasotto (foto nunziatura)

“Ho la sensazione che lo stato di febbre nel Paese stia purtroppo crescendo. E sono preoccupatissimo”. Mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso dei Latini, è in questi giorni in Italia, a Verona, arrivato per accogliere anche lui Papa Francesco in visita sabato alla città. Ma sta seguendo le notizie che arrivano dalla Georgia dove “tornerò subito”, dice. Non è bastato oltre un mese di proteste di piazza per fermare la legge contro le influenze straniere, voluta dal partito di governo “Sogno georgiano” e ribattezzata dalle opposizioni “legge russa” per la sua somiglianza a quella che ha permesso alle autorità di Mosca di mettere a tacere gran parte delle voci del dissenso. Il Parlamento ha approvato ieri, 14 maggio, la normativa in terza lettura con 84 voti favorevoli e 30 contrari in base alla quale le organizzazioni non governative e i media che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall’estero si dovranno registrare amministrativamente come “organizzazioni che difendono gli interessi stranieri”. “Da una parte il governo si impunta sul mandare avanti a tutti i costi la legge; dall’altra i giovani non mollano”, spiega Pasotto. “Questa situazione così non può continuare”, aggiunge. “La mia preoccupazione è che possa essere alimentata una provocazione per rompere questo stato di tensione. Il timore è che qualcuno possa farsi male, addirittura essere ucciso. Se questo dovesse succedere, non so dove si va a finire. Per questo credo davvero che la priorità per tutti ora è puntare al bene del Paese. Mi fa piacere che i giovani si siano mobilitati ma sono preoccupato”.

(cartina Osservatorio Balcani e Caucaso)

La presidente della Repubblica, Salome Zourabishvili, contraria alla legge, ha già annunciato che porrà il veto. Entro due settimane dovrà rimandarla al Parlamento che avrà l’obbligo di proporre un testo alternativo che potrà essere accettato o rigettato in toto dall’assemblea, senza la possibilità di una mediazione. Il rischio è che l’iter provochi una destabilizzazione di questo Paese che rappresenta un luogo chiave per la sicurezza dell’intero Caucaso. Manifestazioni contro l’iniziativa si susseguono dal 9 aprile, da quando cioè il partito di governo “Sogno georgiano” ha deciso di ripresentare la legge, che un anno fa aveva ritirato sotto la pressione di un’analoga ondata di proteste. A sostegno dei giovani, si è schierata anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola: “Tbilisi, ti sentiamo! Ti vediamo! I georgiani per le strade sognano l’Europa. Sventolano con orgoglio la bandiera europea. Vogliono un futuro europeo. Si aspettano valori e standard europei. Il Parlamento europeo è al fianco del popolo georgiano”, ha scritto su X. 

Mons. Pasotto spiega: “Anch’io sono stupito da questa fedeltà che hanno i giovani a scendere in piazza tutte le sere e non credo che sia una cosa guidata da potenze straniere, come qualcuno ha detto. I giovani sono giovani e guardano con speranza al loro futuro. Credo che un governo abbia il dovere di ascoltare tutti e di trovare le soluzioni insieme ai giovani”. Mai come in questi mesi, la Georgia si trova di fronte a un bivio. Non c’è solo l’approvazione di una legge ma la direzione che si vuole intraprendere. Ma in questo “passaggio”, il Paese sembra essersi spaccato tra chi vuole cercare di recuperare i rapporti con la Russia e chi spinge invece per una precisa scelta occidentale. “Quando da una parte o dall’altra – è l’analisi del vescovo – si politicizza il discorso e non si guarda più al bene comune ma solo alla direzione che si sta prendendo, non si sa cosa può venir fuori. Anche il patriarca, nella lettera pastorale di Pasqua, pur non sostenendo nessuna linea, ha chiesto di pensare e trovare insieme strade comuni. Bisogna crederci. Bisogna credere tutti, che solo lavorando insieme si cresce, altrimenti non si va da nessuna parte. Sono preoccupatissimo e prego”. “Come hanno scritto i giovani cattolici in un comunicato, la violenza è sempre una risposta negativa”.

 

Altri articoli in Europa

Europa