Dopo solo pochi mesi dall’entrata in carica del nuovo governo nazionale Sanchez III, e a poche settimane dalle prossime elezioni europee di giugno, si terranno domenica 12 maggio in Catalogna le elezioni regionali, indette anticipatamente dal presidente dimissionario della Generalitat Pere Aragonès. Formalmente la crisi di governo in Catalogna è avvenuta per ragioni locali (il Parlamento regionale è stato sciolto lo scorso novembre dopo la bocciatura della legge finanziaria), ma i risultati delle elezioni di domenica prossima potrebbero avere ripercussioni notevoli a livello politico su tutta la Spagna, perché ormai da molti anni la politica locale catalana e quella nazionale spagnola sono legate in maniera strettissima, tanto da dipendere attualmente l’una dall’altra. La crisi catalana e la consultazione elettorale di domenica potrebbero infatti mettere in difficoltà il governo guidato dal socialista Pedro Sánchez, la cui maggioranza dipende proprio dai partiti indipendentisti catalani, e influenzare lo scenario in cui i cittadini iberici si stanno preparando per le ravvicinate elezioni europee di giugno. Per indagare la portata del voto di domenica prossima in Catalogna il Sir ha dialogato con Carme Munté Margalef (nella foto), vicedirettrice del settimanale “Catalunya Cristiana”.
In quale clima socio-politico gli elettori catalani si presenteranno alle urne domenica prossima?
A livello sociale, le elezioni catalane del 12 maggio sono segnate da problemi come la difficoltà di accesso a un alloggio e a un lavoro dignitoso, l’alto tasso di povertà (il numero di persone che vivono in Catalogna in condizioni di povertà è triplicato negli ultimi 15 anni) e, in generale, la necessità di rafforzare lo stato sociale. Un’altra sfida urgente è la gestione efficiente dell’acqua per far fronte alle sempre più frequenti siccità. Ci sono importanti questioni su cui i partiti divergono, come il modello turistico o il controverso progetto dell’Hard Rock Entertainment World (un maxi complesso con casinò a Tarragona, tra le cause della bocciatura della finanziaria regionale – ndr) o l’estensione della terza pista dell’aeroporto El Prat. A livello politico, ci sono diversi punti interrogativi: da un lato la possibile vittoria e il ritorno in Catalogna del presidente Carles Puigdemont, dall’altro l’uso “patriottico” e strumentalizzato della questione migratoria da parte di partiti di estrema destra come Vox o Aliança Catalana (il partito di Sílvia Orriols, che governa a Ripoll). Infine, la crescente frammentazione del voto continuerà a ostacolare la stabilità di governo.
Quale impatto potrebbe avere l’esito elettorale sul governo nazionale e sulla campagna in corso per le europee che si terranno a giugno?
L’aritmetica parlamentare catalana influenzerà senza dubbio il governo spagnolo, che dipende dai partiti indipendentisti per portare avanti i suoi progetti governativi. La legge sull’amnistia, attualmente in discussione al Senato, continuerà a definire l’agenda politica catalana e spagnola. Per quanto riguarda le prossime elezioni europee, il fatto che le due elezioni siano così ravvicinate nel tempo potrebbe aumentare il rischio di un tasso di astensione più elevato.
In questa fase di ravvicinati avvicendamenti governativi nazionali e regionali in Spagna, che opinione si sente di esprimere raffrontando la situazione politica spagnola a quella italiana?
Spagna e Italia condividono molte sfide presenti e future, come la polarizzazione politica, la sfida del cambiamento climatico e l’accoglienza e l’integrazione della migrazione, la gestione del turismo. Un’altra preoccupazione condivisa in tutta Europa è l’ascesa dell’estrema destra e la crescente disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e, più specificamente, dei politici e dei partiti. È urgente per il futuro della democrazia rafforzare la politica come “una delle più alte forme di carità”, secondo le parole di Pio XI e Paolo VI, e in questa missione il contributo attivo dei politici cattolici è essenziale. In un mondo che va verso un maggiore scontro e autoritarismo, anche dal punto di vista economico e tecnologico, è necessario che l’Europa sia garante della democrazia e della libertà.