This content is available in English

Paese spaccato in due. Mons. Pasotto (Tbilisi), “no alle provocazioni, non è il momento dello scontro ma dell’unità”

Torna a infiammarsi la piazza a Tbilisi contro la riproposizione in Parlamento della legge sulle 'influenze straniere', conosciuta anche come legge sugli agenti stranieri, voluta dal partito di governo "Sogno Georgiano", che è accusato dagli oppositori di voler riavvicinare il Paese alla Russia facendo passare una normativa sul modello di quella in vigore a Mosca che ha permesso di mettere a tacere molte voci critiche. Mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso dei Latini: “Dovrebbe essere il tempo dell'unità, di compiere dei passi tutti insieme e invece è un momento difficile e di divisione. Oggi, guardando le immagini della piazza in tv, ho pregato che non succedesse nulla”.

(Foto ANSA/SIR)

Un Paese spaccato in due. Da una parte i giovani schierati per l’Europa. Dall’altra, la fascia della popolazione più matura che guarda alla Russia perché teme di perdere i propri valori tradizionali. Torna a infiammarsi la piazza a Tbilisi e a raccontare al Sir cosa sta succedendo in queste ore in Georgia, è mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso dei Latini. “Oggi è un giorno particolare”, dice. “In città, dalla mattina, sono state chiuse alcune strade, in vista del secondo grande incontro di questa sera che è stato indetto come risposta alle dimostrazioni dei giovani di domenica scorsa”. Sulla piazza arriva la notizia dell’approvazione, in seconda lettura, della controversa legge sugli “agenti stranieri”, dopo che decine di migliaia di persone che domenica notte avevano protestato, sventolando le bandiere della Unione Europea. Il partito di governo “Sogno Georgiano”, che ha voluto la legge, è accusato dagli oppositori di voler riavvicinare il Paese alla Russia facendo passare una normativa sul modello di quella in vigore a Mosca che ha permesso di mettere a tacere molte voci critiche. Si sono purtroppo vissuti momenti di tensione. La polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere la folla dopo che alcuni attivisti avevano superato le barriere di protezione di fronte al palazzo del Parlamento. Il progetto di legge – approvato in commissione Giustizia del Parlamento dopo un animato dibattito – obbliga organizzazioni, mezzi di comunicazione ed altre entità che ricevono almeno un 20% di finanziamenti dall’estero di registrarsi come “agenti di influenza straniera”. L’ultima lettura del disegno di legge è stata fissata per il 17 maggio.

Si sono viste le bandiere europee in piazza e a sventolarle sono stati i giovani. Hanno ragione ad avere paura che la legge possa rallentare il passaggio della Georgia verso l’Unione europea?

Non solo rallenta. Dicono che impedirà l’entrata in Europa. Bruxelles ha già avvertito che l’adozione di questo tipo di legge potrebbe distruggere le possibilità della Georgia di aderire all’Ue.

Siamo quindi di fronte ad un bivio, o si prende la direzione per l’Europa o si prende la direzione per la Russia.

Sono due modi di guardare al futuro diverso. Anche il governo dice di voler andare in Europa ma, aggiunge, lo vogliamo fare con i nostri valori e non ci faremo comandare dagli altri. I giovani invece manifestano perché vedono una chiusura e un cambio di direzione rispetto a quanto fu deciso tempo fa con un referendum che per l’87% aveva detto sì all’Europa.

Un paese spaccato in due?

Sì, guardando le piazze ho avuto l’impressione che il paese si stia spaccando in due. Per due modi di vedere e condurre avanti le cose. Dovrebbe essere il tempo dell’unità, di compiere dei passi tutti insieme e invece è un momento difficile e di divisione. Oggi, guardando le immagini della piazza in tv, ho pregato che non succedesse nulla. I giovani dicono che loro vogliono fare tutto pacificamente.

E’ preoccupato che la situazione possa degenerare?

In questo momento non credo ci sia questo pericolo però c’è sempre la possibilità che succeda qualcosa che poi cambia tutto. Provocazioni che portano a una repressione e quindi allo scontro. Questo è una delle cose di cui ho paura.

Tra le organizzazioni che ricevono fondi stranieri, c’è anche la Chiesa? Siete preoccupati?

Sì. Tutte le organizzazioni, quindi anche la Caritas, che superano il 20% dei contributi dall’estero per il finanziamento delle attività e dei progetti che si portano avanti, sono definiti per legge “agenti di influenza straniera”. Cosa comporta? E’ ovvio che noi non abbiamo niente da nascondere, quindi per noi non cambia nulla. In concreto però comporta molto lavoro in più. In realtà queste cose non servono perché è già tutto trasparente. Tutte le entrate devono essere presentate. Inoltre, questa legge può essere modificata in futuro, e non si sa come potrebbe essere modificata. E questo è un problema. In questo momento quindi è una decisione più simbolica ma è un simbolismo molto pericoloso.

Cosa vorrebbe dire ai giovani che stanno manifestando?

Mi piacerebbe che georgiani vedessero quanto sia importante in questo momento l’unità nel cammino e non la spaccatura del Paese e ritrovare nell’unità i valori comuni che fanno parte della storia e della cultura di questo paese. I valori della famiglia, per esempio, sono valori importanti che dobbiamo salvare ma non possiamo pensare che si perdono solo perché si va in Europa. C’è il timore che l’Europa possa imporre una cultura che non appartiene alla tradizione di questo popolo. Occorre quindi che la Giorgia impari a sentire l’Europa amica e vicina. Ma questo passaggio richiede pazienza.

 

Altri articoli in Europa

Europa