La notizia della distruzione totale di una seconda chiesa armena, completamente rasa al suolo, a Shushi. “Adesso abbiamo le fotografie aeree che mostrano come l’intera area sia stata polverizzata. Così come è stato polverizzato fra il 2005 e il 2008 tutto il patrimonio culturale e storico del Nakhichevan. Di mestiere faccio lo storico, non il giornalista, ma sono cose perfettamente note e dimostrabili. Chiedo: non ci sarebbe qualcosa da dire a riguardo?”. È Aldo Ferrari, professore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore dell’area di ricerca Ispi per Russia, Caucaso e Asia Centrale, a mostrare al Sir le fotografie satellitari che mostrano la distruzione totale tra il 28 dicembre 2023 e il 4 aprile 2024, della chiesa di San Giovanni Battista (S. Hovhannes Mkrtich), un punto di riferimento di 177 anni a Shusha. Le foto sono state pubblicate dal “Caucasus Heritage Watch”. Costruita dagli armeni nel 1847, la chiesa, nota anche come Kanach Zham (cappella verde), era stata danneggiata durante la guerra del 2020. La diocesi di Baku della Chiesa ortodossa russa nel rivendicare l’edificio si era impegnata a restaurarla. Ma la chiesa ora non c’è più. Anche quest’anno, il 24 aprile, gli italiani di origine armena e gli armeni in Italia, ricorderanno insieme alle comunità cittadine e alle Istituzioni italiane, il Genocidio subito dagli Armeni nel 1915. Ferrari è inderogabile: “il genocidio compiuto dai giovani turchi è perfettamente riuscito, nel senso che l’intera popolazione armena è stata massacrata o espulsa e la Turchia ha potuto tenersi vastissimi territori, sostanzialmente tutta la parte orientale della Turchia e incamerarne i beni. Tutto questo è avvenuto senza che la Turchia ne pagasse un prezzo. Non ha mai dovuto riconoscere il genocidio, non è mai stata costretta a farlo, continua a negarlo ufficialmente. E allora vengono i dubbi”. “Come è possibile che il mondo e la comunità internazionale abbiano sottovalutato una tragedia di questo tipo? Induce a pensare che uno dei problemi principali nella storia e nelle relazioni internazionali non sia tanto la malvagità umana e degli Stati, ma il fatto che esiste una realpolitik in base al quale certe tragedie siano più importanti di altre”.
Che tipo di conseguenze ha avuto questa indifferenza internazionale sul popolo armeno?
Il genocidio del 1915 è chiaramente qualcosa di lontanissimo. Sono passati quasi 110 anni. E’ un’eternità. Il problema principale è che il popolo armeno si trova ancora oggi in una situazione “quasi” genocidiaria. Vale a dire: non solo ha perduto una regione, il Nagorno-Karabakh, che è storicamente e demograficamente armena. Non solo l’intera popolazione armena è stata espulsa da quella regione, per sempre, ma l’Azerbaijan ha già cominciato ciò che si temeva, cioè la distruzione del patrimonio artistico armeno, in particolare di monasteri e chiese. E tutto questo è avvenuto sostanzialmente nel completo silenzio della comunità internazionale. Alcune proteste, soprattutto da parte della Francia e della Germania, ci sono state. Gli armeni in giro per il mondo si fanno sentire. Ma il silenzio è stato particolarmente grave in Italia e queste sono cose che fanno malissimo.
Che cosa ha da dire oggi l’Armenia?
Ha tante cose da dire ma una in particolare: “Salvatemi”.
Noi forse non ce ne accorgiamo ma l’Armenia è realmente a rischio nella sua stessa esistenza. Il totale silenzio e la totale indifferenza nei confronti della brutalità dell’Azerbaigian, espone l’Armenia al rischio di scomparire fisicamente. Una situazione che non ha paralleli a livello politico internazionale. C’è Israele, naturalmente, che è minacciata da altri paesi, ma Israele è un Paese fortissimo. L’Armenia è debolissima e avendo perso il suo tradizionale protettore, cioè la Russia, è completamente in balia di un vicino di fronte al quale è sostanzialmente inerme. Questo potrebbe significare il rischio per l’Armenia di un nuovo genocidio; il rischio di essere completamente cancellata come paese dalla storia e il fatto che l’attenzione internazionale sia completamente concentrata su altri fatti gravissimi come la guerra russa-ucraina o la tragedia di Gaza, a mio giudizio è un esempio di quella diseguaglianza di situazione secondo cui ci sono dei casi che vengono portati all’attenzione internazionale e altri di cui non si parla nemmeno”.