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La vita al centro, anche in sede europea. Ci possiamo sperare?

Due recenti voti del Parlamento europeo - sul Patto migrazione e asilo e sul "diritto all'aborto" - suscitano forti perplessità. La politica in sede Ue (ma la domanda vale anche per quella italiana) è davvero attenta al valore supremo dell'esistenza umana?

Una seduta del Parlamento europeo a Strasburgo (foto SIR/Marco Calvarese)

Il Parlamento europeo è alle ultime battute: la prossima settimana (22-25 aprile) si svolgerà l’ultima sessione plenaria prima dell’avvio della campagna elettorale per il voto del 6-9 giugno. Elezioni per le quali c’è grande attesa: i cittadini premieranno le forze politiche più “europeiste” oppure si affideranno a quelle “sovraniste”? Al fondo c’è – evidentemente – una visione diametralmente diversa di costruzione della “casa comune”.
Eppure all’interno dello stesso Europarlamento gli schieramenti non sono mai così ben definiti: decisioni e voti spesso tagliano trasversalmente l’emiciclo e spesso succede che anche deputati delle medesime famiglie politiche votino in maniera diversa sui provvedimenti legislativi o sulle risoluzioni non legislative che giungono in aula a Strasburgo o Bruxelles.
Se ne è avuta conferma la scorsa settimana, quando, durante la penultima plenaria a Bruxelles (10-11 aprile), gli europarlamentari hanno dapprima varato le norme del nuovo Patto per la migrazione e l’asilo e poi hanno approvato una risoluzione (con valore politico ma non legislativo) sull’inserimento del cosiddetto “diritto all’aborto” nella Carta dei diritti fondamentali.
Si può probabilmente affermare, in questo caso, che si è trattato di due occasioni perse.
La prima. Il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo non porta affatto ad una auspicata e vera politica migratoria comune tra i Ventisette fondata sul principio della mutua solidarietà. Ovvero, non sgrava in alcun modo i Paesi di primo approdo della pressoché totale responsabilità di accogliere i migranti; in secondo luogo, inasprisce le condizioni per la stessa accoglienza mentre apre la strada a rimpatri forzati in Paesi che non garantiscono il pieno rispetto dei diritti umani.
La seconda occasione perduta riguarda proprio la risoluzione sull’aborto. Ancora una volta il Parlamento europeo si esprime su un tema che esula dalle competenze dell’Unione europea. Inoltre vorrebbe riconoscere come diritto umano fondamentale l’aborto che, fino a prova contraria, riguarda la soppressione di una prossima vita in arrivo.
Le due questioni – assai differenti tra loro sotto molteplici aspetti – mettono comunque in luce una realtà politica assai distante dalla tutela della vita umana: quella migrante e quella nascente. Fra l’altro va notato che i reciproci richiami tra le forze politiche per addossarsi colpe o errori non ha senso: c’è chi vorrebbe ributtare in mare i migranti, chi vorrebbe interrompere una gravidanza.
È chiaro che dal prossimo Parlamento europeo, così come da tutte le istituzioni comunitarie, nazionali o locali, c’è da attendersi ben altra attenzione alla vita: al suo inizio, al suo svolgersi nell’esistenza quotidiana (famiglia, scuola, lavoro, società…), al suo termine. La vita al centro, anche in sede Ue.

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