A due mesi dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo il clima elettorale si sta surriscaldando. Leader e partiti preparano le liste dei candidati (e nel frattempo ingaggiano confronti e diverbi non sempre interessanti sul piano politico); i sistemi elettorali nazionali oliano gli ingranaggi; lo stesso Europarlamento con le ultime due sessioni plenarie (10-11 aprile a Bruxelles; 22-25 aprile a Strasburgo) è impegnato in una serie di votazioni per portare a termine importanti iter legislativi maturati in questi anni.
In primo piano figurano le grandi sfide del momento (guerra, sicurezza e difesa, economia); sullo sfondo rimangono le “urgenze” di sempre, derubricate e poste in secondo piano: invecchiamento demografico, migrazioni, cambiamento climatico, riforme istituzionali, rapporto Ue-Stati membri, cittadinanza.
In vista del voto s’impone semmai il grande tema della disinformazione.
Il quale comprende almeno due aspetti. Il primo riguarda la conoscenza, o meno, dell’Unione europea da parte dei cittadini dei Paesi aderenti. Conoscenza necessaria per esprimere un voto consapevole. Ma quanti cittadini europei hanno dimestichezza, o anche solo una infarinatura, dei Trattati Ue, delle istituzioni comunitarie e delle loro competenze e ruoli? Quanti saprebbero indicare i poteri del Parlamento di Strasburgo rispetto al Consiglio o alla Commissione? Per una cittadinanza attiva non sono elementi di secondo piano.
Ma l’altro aspetto della disinformazione attiene alle più volte segnalate, possibili e temute ingerenze straniere o di poteri occulti interessati a destabilizzare l’Ue o a intralciare in vario modo il processo di integrazione politica, economica e sociale dell’Europa. Di quell’Europa che è – o dovrebbe essere – portatrice di pace, democrazia, diritti, innovazione e sviluppo. Non a caso l’Ue ha dato vita a una task force per svelare fake news tendenti a raccontare il falso sull’Unione o a minarne la credibilità presso gli elettori europei.
Per maggiore trasparenza, proprio a due mesi dalle elezioni (6-9 giugno),
sono entrate in vigore nuove norme comuni sulla pubblicità politica
che stabiliscono standard condivisi nel mercato interno in materia di trasparenza e targeting della pubblicità politica, “consentendo ai cittadini di identificare i messaggi che cercano di influenzare le loro opinioni e decisioni politiche”, come specifica una nota della Commissione. Queste regole vorrebbero favorire “un dibattito democratico aperto ed elezioni libere”. La pubblicità politica “deve ora essere chiaramente identificata come tale e indicare chi l’ha pagata e a quale prezzo”, si precisa da Bruxelles. Ciò che peraltro avviene già in alcuni Stati membri.
Věra Jourová, vicepresidente della Commissione, ha dichiarato in proposito: “La nuova legge rende la pubblicità politica più trasparente e stabilisce protezioni più forti contro le interferenze e le manipolazioni straniere. Sarà più facile per gli elettori votare, identificare i contenuti a pagamento, sapere chi ha pagato la pubblicità elettorale”. Tali norme si applicheranno già per le elezioni europee di quest’anno.
Presentando la campagna istituzionale per invitare i cittadini al voto, la direzione generale della comunicazione del Parlamento europeo aveva non a caso messo in guardia “da una delle principali minacce al voto: la disinformazione”. Nella stessa occasione era stato presentato lo slogan di tale campagna: “Usa il tuo voto”. Per dire della rilevanza della partecipazione democratica espressa anche, seppur non solamente, nel momento elettorale. Per evitare – per dirla in altro modo – che altri decidano al nostro posto.