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Russia. Il “plebiscito” annunciato per Putin. Il voto con protesta dei sostenitori di Navalny

Via con il quinto mandato, per altri sei anni, con l’86,5% dei consensi raccolti dai tre giorni di voto nella Federazione Russa: Vladimir Putin ce l’ha, ovviamente, fatta, con numeri da vero e proprio dittatore. Un abisso di distanza dai suoi concorrenti-farsa. Ieri alle 12, è scattata la protesta “mezzogiorno contro Putin” con l’iniziativa lanciata da Yulia Navalanaya, moglie dell’oppositore ucciso il 16 febbraio scorso, di ritrovarsi davanti ai seggi elettorali, e annullare la scheda scrivendo il nome di Alexsey Navalny. File si sono formate, soprattutto a Mosca e San Pietroburgo, ma nulla che potesse far pensare a un sollevamento popolare. Ovviamente non si saprà mai il numero di schede annullate

(Foto ANSA/SIR)

Via con il quinto mandato, per altri sei anni, con l’86,5% dei consensi raccolti dai tre giorni di voto nella Federazione Russa: Vladimir Putin ce l’ha, ovviamente, fatta, con numeri da vero e proprio dittatore. Un abisso di distanza dai suoi concorrenti-farsa: a votare per Nikolay Kharitonov (Partito comunista), il 5,09% degli elettori, il 4,21%per il giovane candidato “contro la guerra” Vladislav Davankov (Partito Persone nuove), e per Leonid Slusky (Ldhr, Partito liberal democratico della Russia) il 3,04% dei voti.

Risultato non credibile, ma lo si sapeva già.

Il 15 marzo, primo giorno di elezioni, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, scriveva ironicamente su X: “Vorrei congratularmi con Vladimir Putin per la sua schiacciante vittoria alle elezioni che iniziano oggi. Nessuna opposizione. Nessuna libertà. Nessuna scelta”. Alle scorse elezioni presidenziali, nel 2018 Putin era arrivato al 76,69% dei consensi.

Nella giornata di ieri, domenica 17 marzo, il coraggio delle immagini che arrivavano dai noti canali Doxa, Meduza, Ovd-Info avevano alimentato la speranza che almeno un poco l’esito del voto incrinasse il successo del dittatore. L’ora X è arrivata alle 12, quando è scattata la protesta “mezzogiorno contro Putin”: l’iniziativa lanciata da Yulia Navalanaya, moglie dell’oppositore ucciso il 16 febbraio scorso, di ritrovarsi davanti ai seggi elettorali, e annullare la scheda scrivendo il nome di Alexsey Navalny. File si sono formate, soprattutto a Mosca e San Pietroburgo, ma nulla che potesse far pensare a un sollevamento popolare. Ovviamente non si saprà mai il numero di schede annullate.

Secondo i dati ufficiali, a Mosca Putin avrebbe avuto l’85,13% dei consensi e Davankov il 6,65%. Sui canali Telegram anonimi coraggiosi hanno fatto circolare foto della propria scheda invalidata. Le file più lunghe, molto lunghe, davanti alle ambasciate russe nel mondo. Soprattutto Berlino, dove è andata a votare la moglie di Navalny – e che è diventato il quartier generale della opposizione emigrata all’estero –, a Jerevan (Armenia), dove nei primi mesi dopo l’inizio della guerra si sono riversati migliaia di russi, e poi a Phuket in Thailandia. A Berlino, quando si sono chiusi i seggi alle 20 ci sono state proteste perché la fila di persone che non avevano ancora votato e non lo hanno potuto fare era ancora lunga. Secondo il ministero degli Esteri russo è stata “senza precedenti” l’affluenza nei seggi all’estero dove hanno votato più di 372mila persone. Il “Russian election monitor” ha pubblicato nelle ore dopo la chiusura dei seggi alcuni exit poll sul voto nelle ambasciate europee. Putin avrebbe avuto il 16% (3% all’Aja, il 5% a Istanbul, il 6% di Londra, il 10% di Berlino), mentre il candidato preferito sarebbe stato Vladislav Davankov al 49%. Ma i dati ufficiali del voto on line smentiscono: Putin 89,1%, Davankov 4,4%. Sui social le denunce di brogli e di irregolarità. Netta la denuncia della Fondazione “Russia libera”: “Gli osservatori sono assenti, la repressione dilaga, e c’è uno stretto controllo sullo spazio dell’informazione”. Durante la giornata di ieri, intanto, 86 persone sono state fermate in 12 diverse città della Federazione.

La tornata elettorale ha avuto affluenza record di circa il 65%, dato che Putin, nella conferenza stampa in serata ieri ha legato “alla drammaticità della situazione” e al fatto che “la Russia difende il proprio sviluppo con le armi in mano”. E ha affermato che gli obiettivi principali dei suoi prossimi sei anni saranno “il raggiungimento degli obiettivi dell’operazione speciale e il rafforzamento della nostra capacità di difesa e delle nostre forze armate”.

La cosa che è subito rimbalzata sui canali russi di quella conferenza stampa, è stata il fatto che per la prima volta egli abbia pronunciato il nome di Aleksey Navalny, rispondendo a una domanda sulla morte dell’oppositore: “Abbiamo avuto altri casi in cui persone sono morte in prigione. Non è mai successo negli Stati Uniti?”, ha ribattuto, affermando pubblicamente di aver accettato che Navalny venisse scambiato con prigionieri russi nei Paesi occidentali a patto che non tornasse in Russia. In conferenza stampa una stoccata anche al premier francese Macron: “Risolva i suoi problemi nazionali”.

L’esito del voto russo è sui siti delle testate questa mattina: “Putin rivendica una vittoria schiacciante e disprezza la democrazia americana”, titola la Bbc; El Pais sottolinea “Putin aggiunge alla farsa elettorale in Russia l’alta affluenza alle urne”. Il titolo del Washington post rende omaggio all’opposizione: “Rispondendo all’appello di Navalny, gli elettori russi protestano, mentre Putin estende il suo governo”. Per Le Figaro “Rieletto in piena guerra, Putin si prepara a rafforzare la ‘verticale del potere’”. Sul tedesco Die Zeit, Putin è stato in apertura di sito alcune ore nella serata di domenica con il commento “Con le elezioni farsa, il presidente russo si prepara alla battaglia finale contro l’Occidente. La sua propaganda sfrutterà il risultato come approvazione alla guerra”. Ma questa mattina la vittoria dell’autocrate russo non è già più notizia d’apertura.

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