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Unione europea: priorità, accordi e divisioni tra i Ventisette

Numerosi, come sempre, i temi urgenti da affrontare su scala europea. Per questo i capi di Stato e di governo si sono ridati appuntamento il 1° febbraio. Bilancio, Ucraina, Medio Oriente in cima alla lista delle priorità. Senza trascurare i trattori che solcano strade e piazze del continente

Charles Michel (Foto Consiglio europeo)

Bilancio pluriennale, armi all’Ucraina, conflitto Israele-Hamas. E agricoltori in piazza (contro inflazione, concorrenza e regole europee). Il summit straordinario dei capi di Stato e di governo Ue del 1° febbraio fa i conti con queste priorità. Tenendo sullo sfondo la posizione “fuori dal coro” del governo ungherese del premier Viktor Orban.
L’agenda del summit a Bruxelles era chiara sin dalle scorse settimane. “Di fronte a sfide senza precedenti e impreviste, tra cui la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, la pandemia globale di Covid-19 e l’aumento dei tassi di interesse, il bilancio a lungo termine dell’Unione è venuto a trovarsi sotto pressione e deve pertanto essere rafforzato”, si leggeva da giorni nel sito ufficiale dell’istituzione Ue. I leader devono dunque procedere con la revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, che comprende, fra l’altro, la creazione di uno strumento per l’Ucraina, per garantire stabilità a lungo termine al Paese.
A dicembre i leader avevano discusso di come finanziare le esigenze più pressanti e quelle future, compresi la migrazione, la “dimensione esterna” (controllo frontiere e mari), i pagamenti degli interessi di Next Generation Eu, per un totale supplementare – rispetto ai conti precedenti – pari a 64,6 miliardi di euro (50 miliardi per l’Ucraina, 2 per le migrazioni, 7,6 miliardi per “Vicinato e resto del mondo”, 1,5 miliardi per il Fondo europeo per la difesa, 2 per lo “strumento di flessibilità”, 1,5 miliardi per la riserva di solidarietà e per gli aiuti d’urgenza).
I nodi politici non mancano, ed è certo che in buona parte rimarranno sul tavolo anche dopo il vertice di inizio febbraio. Lo si comprende leggendo la lettera d’invito del presidente del Consiglio europeo Charles Michel inviata il 31 gennaio ai 27 leader.
Sul Quadro finanziario pluriennale Michel ha sottolineato: “nella nostra ultima riunione di dicembre, 26 leader hanno sostenuto fermamente uno schema negoziale equilibrato che teneva conto di una serie chiara di priorità principali: sostegno all’Ucraina, gestione della migrazione e della sua dimensione esterna, sostegno ai Balcani occidentali e risposta alle catastrofi naturali. Questo schema negoziale pone le basi per la conclusione di un accordo a 27”. Il convitato di pietra, non citato, è proprio Orban.
Interessante un ulteriore elemento messo nero su bianco da Michel: “date le circostanze, coglieremo l’occasione anche per affrontare con urgenza tutti gli aspetti della nostra assistenza militare all’Ucraina. Ciò include la consegna di munizioni, in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2023”. Questo “stimolerà anche la nostra industria europea della difesa”. Non esattamente parole che ci si aspetterebbe dall’Ue, insignita anni fa del Nobel per la pace.
Non ultimo, il conflitto in Medio Oriente, sul quale i 27 non hanno una posizione unitaria né ben definita. “Tutti gli ostaggi detenuti da Hamas devono essere rilasciati senza alcuna precondizione”, afferma giustamente Michel. Il diritto di Israele a tutelare i propri cittadini è fuori discussione. Charles Michel aggiunge: “dobbiamo contribuire urgentemente a porre rimedio alla devastante situazione umanitaria a Gaza”. Ovvero stop con il massacro dei palestrinesi. Infine, “dovremmo discutere su come rilanciare il processo politico per una soluzione a due Stati, l’unica opzione praticabile che può portare una pace sostenibile sia per israeliani che per palestinesi e una maggiore sicurezza regionale”. Parole sagge. Ed è chiaro che i problemi da affrontare e risolvere non mancano a Bruxelles.

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