Dal dialogo tra confessioni cristiane alla pace tra Russia e Ucraina. Ne parliamo con Nestor, metropolita di Korsun e dell’Europa Occidentale, esarca patriarcale per l’Europa Occidentale, amministratore temporaneo delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia.
Eminenza, si è appena conclusa la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Come l’avete vissuta? Quali iniziative avete sviluppato in Europa?
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si tiene ogni anno su iniziativa della Chiesa cattolica, è, innanzitutto, una buona occasione per tutte le confessioni cristiane per ricordare quei principi fondamentali della fede che ci uniscono nel mondo di oggi, pieno di divisioni e conflitti. In questo periodo si tengono in tutta Europa numerosi incontri formali e informali, convegni e tavole rotonde, il cui obiettivo principale è conoscersi meglio e sentirsi parte di un unico mondo cristiano. Numerosi rappresentanti del Patriarcato di Mosca partecipano volentieri a questi eventi per testimoniare il ricco patrimonio spirituale e culturale della tradizione ortodossa russa. Parlando dell’Italia, tra le iniziative più significative per l’interazione tra le nostre Chiese possiamo citare il Consiglio interreligioso permanente presso l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e dialogo interreligioso (Cei), la stretta collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio ed organizzazione di diverse iniziative culturali ed educative a Roma e Milano, oltre a concerti di musica sacra.
Come procede il dialogo tra il Patriarcato di Mosca e il Vaticano? Quali temi uniscono maggiormente la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica?
Senza dubbio, la questione del rapporto tra il Vaticano e la più grande delle Chiese ortodosse è importante per il destino della testimonianza cristiana nel mondo. Esiste un canale di relazioni diplomatiche ufficiali sotto la cura del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Inoltre, c’è spazio anche per il dialogo teologico tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica. Naturalmente, negli anni successivi al grande scisma del 1054, si sono accumulate molte domande che richiedono un’analisi e una comprensione teologica congiunta. Tuttavia, la presenza di buona volontà di dialogo, di incontro e di disponibilità all’ascolto e al sentire gli altri è una caratteristica dominante importante che ci permette di guardare con speranza al futuro del cristianesimo. In questo contesto, vorrei ricordare il pensiero profondo di Papa Francesco, espresso durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2015: “Se un giorno verrà l’unità dei cristiani, non sarà certo frutto di dispute teologiche, ma il frutto del soffio dello Spirito Santo”. Come sappiamo dal Vangelo, lo Spirito soffia dove vuole (Gv 3,8). Non è in nostro potere forzarlo, ma è in nostro potere dargli lo spazio per agire nei nostri cuori.
Per quanto riguarda i temi che in questo momento accomunano maggiormente le nostre Chiese, questo è, ovviamente, il problema della persecuzione e dell’oppressione dei cristiani in varie parti del globo.
Solo la voce congiunta dei leader spirituali può attirare l’attenzione della comunità mondiale sulle condizioni disumane in cui alcuni cristiani ancora oggi sono costretti a compiere quotidianamente il martirio, soffrendo per la loro fede e il loro credo.
Qual è l’impegno delle parrocchie ortodosse sotto la sua giurisdizione in Italia?
Il 27 dicembre 2007, con decisione del Santo Sinodo, le parrocchie dell’Appennino sono state unite in una divisione canonica separata della Chiesa Ortodossa Russa, chiamata Amministrazione delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia. Da allora, il numero delle nostre comunità è aumentato in modo significativo. Oggi le parrocchie sono più di 80, facendo della Chiesa russa la seconda presenza ortodossa nel Bel Paese. Se parliamo del compito principale che devono affrontare i nostri sacerdoti in Italia, allora esso può essere ridotto alle parole del profeta Isaia: “Consolate, consolate il mio popolo” (Is 40,1). La stragrande maggioranza di persone del nostro gregge sono provenienti dall’ex Unione Sovietica che, a causa di una vita non facile, si sono ritrovati lontani dalla loro terra natale, dalla loro casa e dai loro cari. Dare a queste persone consolazione, speranza, tutto l’aiuto possibile e la sensazione che non sono soli di fronte ai loro problemi: questo è forse il motivo per cui siamo qui e ciò a cui ci dedichiamo.
Sta per cominciare il terzo anno di conflitto tra Russia e Ucraina. All’orizzonte vede una pace possibile?
I tragici eventi che si verificano ormai da due anni nell’Ucraina orientale risuonano con particolare dolore nel cuore della Chiesa ortodossa russa, i cui figli si trovano su entrambi i lati delle barricate in questo conflitto. Nella cosiddetta piccola apocalisse di Matteo, il Signore dice: “Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi” (Matteo 24:6). Ma se leggiamo il capitolo 24 fino alla fine, vedremo che dal punto di vista di Dio, la vera tragedia per l’umanità non arriva dalle guerre, dalle carestie e dalle epidemie, ma proprio nel momento in cui “l’amore dei più si raffredderà”.
Gridiamo a Dio giorno e notte chiedendo la pace, ma la vera pace non è solo la cessazione delle ostilità, la vera pace è il superamento dell’odio e della crudeltà, la vera pace arriva quando l’amore trionfa.