Ucraina, Georgia, Balcani. Come nei momenti più difficili della sua storia, l’Unione europea trova la quadra superando ostacoli e obiezioni interne. Così è avvenuto ieri, nel tardo pomeriggio, quando dal vertice a Bruxelles è uscita la notizia (i summit si svolgono a porte chiuse) dell’avvio dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina all’Ue. Nulla di automatico, occorreranno probabilmente tempi lunghi: ma certamente si tratta di un segnale forte di unità ritrovata, e un segnale di speranza per il popolo ucraino. Con un voto (quasi) all’unanimità, avvenuto grazie al fatto che, al momento di esprimersi, il leader ungherese Orban si è allontanato dalla sala. Decisione sottolineata con entusiasmo dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: “un chiaro segnale di speranza per gli ucraini e per il nostro continente”. Mentre il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyj sottolinea: “la decisione dell’Ue ci dà forza e sollievo”. Il premier Viktor Orban è di tutt’altro parere: “decisione sbagliata”. Ma la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, sembra correggerlo: “l’Europa è Ucraina, l’Ucraina è Europa”.
Sul bilancio pluriennale non c’è intesa. Non tutto, però fila liscio. Sul Quadro finanziario pluriennale, infatti, la stessa unanimità è venuta meno. Tanto che questa mattina il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha dovuto affermare: “la revisione del Qfp, di cui al documento che segue, in tutte le sue componenti e priorità – ossia sostegno all’Ucraina, migrazione e dimensione esterna (rubriche 4 e 6), piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa, pagamenti degli interessi di NextGenerationEu, strumenti speciali, nuove risorse proprie ed elementi che riducono l’incidenza sui bilanci nazionali – è sostenuta con fermezza da 26 capi di Stato o di governo. Torneremo sulla questione all’inizio del prossimo anno”. Ventisei su ventisette. Manca di nuovo l’unanimità. Se ne riparla nel 2024.
Armi e munizioni: siamo in guerra? Tornando all’Ucraina, nel documento definito dai capi di Stato e di governo si legge: “il Consiglio europeo ribadisce la sua ferma condanna della guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina” e “riafferma il risoluto sostegno dell’Unione europea all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale nonché al suo diritto naturale di autotutela contro l’aggressione russa”. L’Ue conferma poi il sostegno “politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario”. Quindi si rafforza il concetto bellico: “l’Unione europea e i suoi Stati membri continueranno ad affrontare le pressanti esigenze militari e di difesa dell’Ucraina. In particolare, il Consiglio europeo insiste sull’importanza di un sostegno militare tempestivo, prevedibile e sostenibile per l’Ucraina, segnatamente attraverso lo strumento europeo per la pace e la missione di assistenza militare dell’Ue, come pure attraverso l’assistenza bilaterale diretta degli Stati membri. Il Consiglio europeo sottolinea l’urgente necessità di accelerare la fornitura di missili e munizioni, in particolare nell’ambito dell’iniziativa volta a fornire un milione di munizioni di artiglieria, e di dotare l’Ucraina di un maggior numero di sistemi di difesa aerea”. Espressioni in cui la pace è appena nominata e che lasciano aperto un interrogativo: l’Ue è in guerra a fianco dell’Ucraina?
Allargamento sì, riforme rimandate. Quindi la formula attesa: “il Consiglio europeo decide di avviare negoziati di adesione con l’Ucraina e la Repubblica di Moldova. Il Consiglio europeo decide inoltre di concedere lo status di Paese candidato alla Georgia”. Inoltre il Consiglio europeo avvierà negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina. L’Unione europea è poi “pronta a completare la fase di apertura dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord, non appena quest’ultima avrà attuato il suo impegno di completare le modifiche costituzionali” necessarie. I 27 leader ribadiscono nel passaggio successivo l’“impegno pieno e inequivocabile a favore della prospettiva di adesione dei Balcani occidentali”. Proprio l’allargamento “presuppone – lo affermano gli stessi capi di Stato e di governo – che le politiche dell’Unione siano adeguate alle esigenze del futuro e finanziate in modo sostenibile, in base ai valori su cui si fonda l’Unione, e che le istituzioni dell’Ue continuino a funzionare efficacemente”. Per questa ragione il Consiglio europeo “si occuperà delle riforme interne nelle prossime riunioni, con l’obiettivo di adottare, entro l’estate del 2024, conclusioni su una tabella di marcia per i lavori futuri”. Niente di definito, per il momento, solo un vago impegno. Che stavolta, però, è nero su bianco.