Saranno europei i nostri nipoti?

Benché manchino oltre sette mesi alla consultazione elettorale per il rinnovo del parlamento europeo - si voterà nel giugno del 2024 – il dibattito sul futuro dell’Unione ha assunto, da tempo, i toni accesi propri della campagna elettorale. Non solo in Italia, ma negli altri Paesi già appartenenti all’Unione e in quelli che sono in predicato di entrarvi. Duole sottolineare come il dibattito anziché puntare sugli elementi unificanti, spesso esasperi gli aspetti che dividono. Gli eventi drammatici recentemente esplosi – il conflitto in medio oriente - che vanno ad aggiungersi al dramma dell’Ucraina, dovrebbero suggerire la ricerca di una unità d’intenti attorno a questi e ad altri problemi di geopolitica.

Benché manchino oltre sette mesi alla consultazione elettorale per il rinnovo del parlamento europeo – si voterà nel giugno del 2024 – il dibattito sul futuro dell’Unione ha assunto, da tempo, i toni accesi propri della campagna elettorale. Non solo in Italia, ma negli altri Paesi già appartenenti all’Unione e in quelli che sono in predicato di entrarvi. Duole sottolineare come il dibattito anziché puntare sugli elementi unificanti, spesso esasperi gli aspetti che dividono. Gli eventi drammatici recentemente esplosi – il conflitto in medio oriente – che vanno ad aggiungersi al dramma dell’Ucraina, dovrebbero suggerire la ricerca di una unità d’intenti attorno a questi e ad altri problemi di geopolitica. E,invece, come da tempo accade per l’Ucraina, anche per la questione israeliano–palestinese stanno emergendo divisioni – “o noi o loro”-persino sulla opportunità di dare aiuti alle vittime della barbarie terroristica. Quale rilevanza nei confronti dei colossi Cina e Stati Uniti possono avere 27 Stati fra loro divisi? La necessità di avere politiche interne ed esterne unitarie dovrebbe indurre non solo a puntare sui valori su cui si regge l’Europa – l’umanità, la solidarietà, la libertà, l’apertura – ma a porre un freno alle spinte antieuropeiste che soffiano in quasi tutti i Paesi e che rendono ancora più difficoltosa la soluzione dei tanti dossier aperti: il patto di stabilità, il fenomeno delle migrazioni senza precedenti nella storia, la questione climatica. Un sondaggio realizzato recentemente dall’istituto di ricerca IPSOS, conferma che nel nostro Paese soltanto il 39% degli italiani ha fiducia nelle istituzioni europee,contro il 48% che non ne ha affatto. Ancora, le elezioni recentemente tenute in Slovacchia, hanno visto l’affermazione del sovranista, Robert Fico – del quale sono note le simpatie filo-russe – che, appena eletto premier,ha chiuso le frontiere e dichiarato guerra agli immigrati.Questi sentimenti, comuni alla maggior parte degli Stati, contribuiscono a rendere meno sicuro il futuro dell’Unione.Un futuro che deve farei conti anche con il previsto allargamento degli Stati aderenti all’Unione europea. Come è noto,infatti, sono otto i Paesi candidati a far parte del gruppo dell’Unione: Turchia,Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Albania, Ucraina, Moldavia e Bosnia ed Erzegovina, taluni dei quali – Ucraina, Georgia e Moldavia – costretti a convivere con la presenza di truppe russe sui loro territori. Per quanto possa attrarre l’idea di un allargamento dell’Unione, è evidente che tale progetto presenta più di un problema: un’Europa “a più velocità”, chiamata ad affrontare, tra l’altro, problemi d’integrazione dei singoli Paesi. Gli scenari che abbiamo davanti,inutile dirlo,sono sempre più contrassegnati da emergenze e turbolenze. Con quale Europa si vogliono affrontare tali fenomeni?Tra il 6 e il 9 giugno del prossimo anno i 27 Stati membri dell’Unione sceglieranno i loro rappresentanti – 705 deputati- nel Parlamento europeo, l’unica assemblea transnazionale al mondo eletta direttamente. Le principali forze politiche –i Cristianodemocratici, i Liberalconservatori, i democratici e Progressisti – che, con formule varie, hanno assicurato, fin qui, l’attività istituzionale dell’Unione, sono fortemente incalzati da forze emergenti, di estrema destra e di estrema sinistra, “euroscettiche”. La solidarietà che da 70 anni è stata a fondamento dell’Unione europea, oggi appare insidiata da un insieme di egoismi nazionali. Siamo più divisi rispetto al passato e, quindi, più deboli. È necessario, allora, che i Capi di governo, compreso il nostro, ne prendano coscienza e si muovano nell’ottica di dovere rinunciare a qualche vantaggio, se questo può giovare all’interesse comune. Una trasmissione della Radio, realizzata nel 1951 e condotta da Sergio Zavoli, dal titolo “Saranno europei i nostri figli?”,si proponeva di accertare l’esistenza di un sentimento europeo nelle nazioni democratiche del nostro continente. Allora quel sentimento non solo mostrò i suoi segni, ma consentì di realizzare un grandioso progetto: l’Europa unita. Quella stessa trasmissione,realizzata oggi,si chiederebbe,molto probabilmente, “Saranno europei i nostri nipoti?”.

 

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