Putin ha offerto le sue condoglianze alle famiglie degli scomparsi nell’incidente aereo, ma il finale suonava già scontato due mesi fa, quando il gruppo della Wagner ripiegava alle porte di Mosca, avendo fatto pressione con un quasi golpe bianco. Il fondatore della compagine di miliziani, Evgenij Prigozhin, ex fedelissimo del presidente russo, Vladimir Putin, risulta morto nell’incidente del jet privato della Wagner, su cui viaggiava insieme al comandante militare, Dmitry Utkin, ed altre otto persone fra cui tre membri d’equipaggio. Per il direttore della Nato defense college foundation (Ndcf), Alessandro Politi, la cautela è un ferro del mestiere, anche se al Sir spiega come dopo la messa in scena di golpe del 24 giugno scorso per i responsabili era chiaro che ci sarebbero stati problemi.
Direttore, secondo il canale Telegram Grey zone, vicino al gruppo Wagner, Evgenij Prigozhin è morto. L’uscita di scena era annunciata dopo il tentativo di golpe?
La cautela resta sino a prova certa. Ad ogni modo, dopo il tentativo di golpe da parte del gruppo Wagner era chiaro che tutti i responsabili dell’insurrezione avrebbero avuto dei problemi.
Il gruppo, anche dopo questo incidente, potrebbe rimanere in piedi sotto il comando di Putin, magari in altre aree del mondo, come ad esempio in Africa o Asia?
La Wagner in Europa non può rimanere così come era, ma in altre aree potrebbe, con gli adattamenti del caso. A tutti gli aderenti era stato richiesto di firmare un contratto con il Ministero della Difesa russo, una parte lo ha fatto, mentre il resto si è spostato in Bielorussia, dove era semplicemente parcheggiato. La morte del capo taglia la testa dell’insurrezione, ma non significa che tutti i partecipanti siano stati puniti. Nel XVII secolo Pietro il Grande fece feroci purghe contro centinaia di strelizzi che si erano ribellati. Quella di oggi sarà la purga di un organismo che ha minacciato un’insurrezione.
È l’ennesimo messaggio che Putin manda all’interno e all’esterno della Russia?
No,
Putin non manda messaggi, ma agisce in maniera chiara per chiudere una partita che era rimasta in sospeso.
Il tempo dei messaggi è terminato. Erano importanti quando c’era la minaccia di un’insurrezione, oggi c’è l’eliminazione dei congiurati e dei sospetti congiurati. E infatti alcuni alti ufficiali delle forze armate regolari sono stati congedati perché sospettati di aver aiutato Prigozhin.
La Cina nel frattempo non prende posizioni sull’incidente.
Non è affare suo. Se la guerra continua è un problema, ma che muoia il capo del gruppo Wagner non lo è per la Cina.
Da tempo Pechino non si esprime più a favore della fine del conflitto in Ucraina.
Non è detto che dietro le quinte non continui a lavorare per il termine della guerra. La Cina non ha interesse ad insistere, se non ottiene vantaggi.
Anche Joe Biden sta alla finestra.
Se ha fortuna, Biden potrebbe riuscire nell’intento di arrestare la guerra dietro le quinte, cosa che gli converrebbe, in vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti, dove l’elettorato potrebbe giudicare male la spesa in favore del fronte ucraino rispetto alle difficoltà economiche di una parte rilevante della popolazione.
Sia a Pechino sia a Washington interessa la stabilità della Russia.
Tutti però si chiedono però se la piaga inferta da Prigozhin si possa incancrenire.
E come si potrebbe allargare la piaga?
Se una serie di persone potenti della cerchia di Putin si convince che sia l’ora di metterlo da parte.
Crede ancora che la guerra sia ai tempi supplementari?
Sì. Gli ucraini si danno molto da fare con grande valore, ma in alcuni settori hanno perso posizioni e sono sulla difensiva.