“A 500 metri dal nostro monastero è stata sterminata un’intera famiglia, papà, mamma e due bambini piccoli. Un razzo russo è caduto nel cortile dove si trovavano. Ho pianto a lungo… Spero almeno che queste lacrime mi aiutino a diventare più forte come prete…”. Il Sir è riuscito a mettersi in contatto a Kherson con padre Ignatius Moskalyuk, rettore del locale monastero basiliano di San Volodymyr il Grande. Sono ore drammatiche per tutta la regione, presa di mira dagli attacchi russi. Domenica scorsa sette persone, tra cui una neonata, suo fratello di 12 anni e i loro genitori, sono state uccise dai bombardamenti nella regione. Il racconto del sacerdote parte da qui, dagli ultimi morti. “Come vive un prete in guerra?”, dice. “L’unica risposta che in questo momento mi viene è l’immagine di un buon pastore che prende sulle sue spalle le pecore ferite, le cura e condivide con loro il dolore”. “Vivere in tempo di guerra significa vivere sapendo che ogni giorno può essere l’ultimo della vita”.
Nonostante Kherson e i villaggi vicini si trovino lungo uno dei fronti più caldi del Paese, “in città – racconta il sacerdote – sono rimasti anziani, disabili e famiglie a basso reddito che non hanno un posto dove andare e non hanno soldi per andare”. E ci sono anche tanti bambini che “hanno bisogno di sostegno”. Fin dall’inizio di questa invasione su vasta scala dei soldati russi, padre Ignatius ha scelto di non andare via e di rimanere a fianco della sua gente. “Sono rimasto a Kherson – spiega – perché mi dispiaceva lasciare le persone senza prete, senza sostegno spirituale, lasciarle senza speranza in una situazione di vita difficile”. “Non dirò che non ho timore, sono anch’io una persona che si preoccupa della sua vita, ma Dio mi dà forza, sento costantemente la sua presenza e questo mi dà il coraggio di rimanere e attraversare la paura”.
Attualmente nel monastero ci sono altri due sacerdoti, un diacono e un fratello monaco, cinque persone in totale. Il monastero è diventato in questi ultimi due anni un punto di riferimento per gli abitanti rimasti in città, un rifugio e una protezione nei momenti più difficili, un luogo dove trovare conforto e ogni sorta di aiuto materiale. I monaci puntano soprattutto a sostenere i bambini. “Sono i bambini della guerra”, dice padre Ignatius. “Bambini a cui è stata tolta la vita spensierata dell’infanzia, che, nonostante l’età, già sanno cosa sono la sofferenza, la fame e il freddo, ma non perdono la speranza che la guerra finisca…”.
Per loro vengono organizzati programmi di intrattenimento. In questi giorni, sono arrivati anche volontari dall’Italia e dalla Germania “per vedere com’è la situazione e per aiutarci in questo momento difficile”. Il sacerdote invia per WhatsApp le foto dei bimbi che popolano il monastero accompagnate da una raccomandazione: “Faccio appello oggi ai potenti di questo mondo, ponete fine a questa guerra brutale, guardate alla sofferenza dei bambini, non strappate la loro infanzia spensierata”.
Le bombe stanno cadendo su un territorio già provato, messo in ginocchio dall’esplosione, il 6 giugno scorso, della diga di Kakhovka, che ha provocato la fuoriuscita di un’enorme massa d’acqua che a sua volta ha inondato l’intera area. “La situazione all’inizio era allarmante perché non si conoscevano le conseguenze dell’allagamento della zona”, racconta il sacerdote. “Attualmente tutto sta iniziando a stabilizzarsi, le persone sono state evacuate e coloro che sono rimasti in città, ricevono alloggi temporanei e assistenza fornita dal nostro monastero”. A soffrire maggiormente sono gli anziani e i disabili che hanno difficoltà a muoversi. L’acqua ha iniziato a ritirarsi ma c’è la minaccia di un’epidemia a causa dell’inquinamento delle acque e il pericolo di mine e munizioni inesplose. Le autorità locali mettono in guardia la popolazione locale a non prendere in mano oggetti sconosciuti.
Avete bisogno di qualcosa? Il sacerdote compila una lista lunga: “Abbiamo bisogno di detersivi, prodotti per l’igiene personale e la casa, pannolini per adulti e bambini, coperte, materassi e sacco a pelo, thermos, stoviglie usa e getta per la distribuzione del cibo… Qualcosa per i bambini”. “Ringraziamo tutti coloro che ci stanno aiutando”, dice padre Ignatius che prima di concludere vuole rivolgere una parola a Papa Francesco: “Seguo sempre quello che dice sull’Ucraina, vedo la sofferenza sul suo volto e lo ringrazio per le sue preghiere e per il lavoro che sta facendo per l’Ucraina, che solo Dio sa”.