Blocco del corridoio di Lachin. Appello del Patriarca Minassian, “è un crimine contro l’umanità e nessuno fa nulla”

“Avevano promesso di mantenere la via aperta e invece il corridoio è rimasto circondato e bloccato ormai da 6/7 mesi. È un crimine, un crimine contro l’umanità. Ci sono bambini, vecchi, malati, persone affamate. E di fronte a questo scenario di disperazione, nessuno fa nulla. Si dichiari almeno che è in atto un nuovo genocidio”. È Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli armeni, a lanciare un grido di denuncia su quanto sta accadendo attorno al corridoio di Lachin. E aggiunge: “L’Europa, gli Stati Uniti, la Russia, tutte le grandi potenze mondiali sono testimoni di un genocidio del 21° secolo ma non fanno nulla”, dice. “Anche nel 1915, gli ambasciatori di tutto il mondo erano presenti, sono stati testimoni di quello che stava accadendo ma non hanno fatto nulla per fermare il genocidio. Oggi quella storia si ripete”.

(Foto ANSA/SIR)

“Arrivano notizie sempre negative. Avevano promesso di mantenere la via aperta e invece il corridoio è rimasto circondato e bloccato ormai da 6/7 mesi. E’ un crimine, un crimine contro l’umanità. Ci sono bambini, vecchi, malati, persone affamate. E di fronte a questo scenario di disperazione, nessuno fa nulla. Si dichiari almeno che è in atto un nuovo genocidio”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli armeni, lancia un grido di denuncia su quanto sta accadendo attorno al corridoio di Lachin, un piccolo fazzoletto di terra del Caucaso meridionale (11.458 chilometri quadrati) di cui nessuno purtroppo parla. Il Lachin è l’unico collegamento terrestre tra il Nagorno-Karabakh e la Repubblica d’Armenia, ed è di fatto bloccato dall’Azerbaigian dal 12 dicembre 2022. Nonostante la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, la circolazione regolare di persone, veicoli e merci è gravemente compromessa e ciò mette a rischio la vita di 120 000 armeni, di cui 30 mila sono bambini, che vivono nel Nagorno-Karabakh.

Nei giorni scorsi, anche il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) e la Conferenza delle Chiese europee (Cec) sono scesi in campo inviando una lettera congiunta all’Unione europea, per chiedere di attivarsi affinché sia immediatamente tolto il blocco. I due organismi ecumenici parlano di “livelli tragici” di “privazioni e sofferenze prolungate dei civili”, di “popolazione stremata, completamente isolata, senza cibo, medicine, elettricità e carburante”. Alcuni giorni fa, diciannove tir carichi di 360 tonnellate di aiuti umanitari sono bloccati all’ingresso. Preoccupa anche la totale assenza di benzina. Sia il trasporto pubblico che quello privato sono completamente fermi. Il Patriarca degli armeni si unisce alla denuncia e lancia un appello: “Mi rivolgo prima di tutto a tutti coloro che proclamano i diritti umani. Chiedo di prendersi la responsabilità di quello che dicono e di mettere in pratica ciò che hanno definito. E poi mi rivolgo anche a chi si sta approfittando di questa situazione per interessi personali o nazionali”. “Non è con il sangue degli innocenti che si può guadagnare. No, non è giusto. Questo è un grido di giustizia che sale da questa terra. Le manifestazioni di simpatia non ci servono. Abbiamo bisogni di fatti”.

Da più di 30 anni Armenia e Azerbaigian si contendono il territorio, popolato maggiormente dall’etnia armena. Per il possesso dell’area i due Paesi hanno combattuto due guerre, in cui sono state uccise migliaia di persone. Nel 2020, la Russia ha mediato un accordo di cessate il fuoco che ha permesso all’Azerbaigian di riprendersi buona parte del territorio nazionale che l’Armenia occupava dai primi anni Novanta. La tregua non ha però assicurato la pace, e gli episodi di violenza sono frequenti e costanti. A questo proposito, Sua Beatitudine puntualizza: “E’ chiaro che basta conoscere la storia e andare a vedere le mappe geografiche di quei territori per capire che su quelle mappe e in questa storia l’Azerbaijan non esisteva”. “Il fatto che oggi abbiano occupato queste terre non significa che siano loro proprietà. Il popolo che è rimasto su quei territori oggi rivuole la sua libertà e il rispetto dei diritti umani. Se si proclamano a parole i diritti ma si uccidono le persone, si sta commettendo un crimine”. Il Patriarca si rivolge alla comunità internazionale. “L’Europa, gli Stati Uniti, la Russia, tutte le grandi potenze mondiali sono testimoni di un genocidio del 21° secolo ma non fanno nulla”, dice. “Anche nel 1915, gli ambasciatori di tutto il mondo erano presenti, sono stati testimoni di quello che stava accadendo ma non hanno fatto nulla per fermare il genocidio. Oggi quella storia si ripete.  E’ stato presentato un patto di pace ma non è rispettato. Siamo aperti alla pace ma senza condizioni e senza ingiustizia”.

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