“Il governo sta giocando con la salute fisica e mentale di migranti e richiedenti asilo arrivati illegalmente nel Regno Unito. La chiatta caserma ‘Bibby Stockholm’, ormeggiata nel porto di Portland, attrezzata come centro di detenzione, 222 stanze che dovrebbero ospitare, nei prossimi mesi, almeno 550 di queste persone, è l’ultimo simbolo politico di un approccio populista e inefficiente al problema della migrazione, un po’ come gli ospedali ‘Florence Nightingale’ costruiti durante la pandemia che non sono mai stati usati”. È molto duro il giudizio di Francis Davies, docente all’università di Oxford e alla Saint Mary’s University, l’ateneo cattolico londinese di proprietà della Chiesa cattolica, sull’ultima trovata del governo conservatore di Rishi Sunak per affrontare l’ondata migratoria che ha portato sulle coste inglesi, nel 2022, su piccole imbarcazioni, la cifra record di 45.755 persone.
“Il premier e la ministra ‘falco’ dell’Interno, Suella Braverman, ironicamente loro stessi discendenti da migranti, sono alla disperazione. Stanno lottando per la loro sopravvivenza politica e quella del loro partito. Gli ultimi sondaggi dicono che, se si votasse adesso, i Tory otterrebbero, a Westminster, soltanto 90 deputati, contro i 450 del partito laburista, e le prossime elezioni generali saranno, al più tardi, nell’ottobre 2024 ma potrebbero anche essere indette per il prossimo maggio”, continua l’esperto. “La chiatta è un simbolo potente. Un’immagine che compare sugli schermi televisivi e dà l’opportunità al governo di dimostrare ai cittadini più poveri e meno istruiti, convinti che ci sia un’emergenza immigrazione, che si sta facendo davvero qualcosa per fermare gli arrivi attraverso la Manica”.
Perché soltanto 15 richiedenti asilo sono finora saliti sulla chiatta che ne dovrebbe ospitare 550?
Perché le più importanti organizzazioni umanitarie, tra le quali molte cattoliche, sono ricorse ai giudici sostenendo che, se i rifugiati hanno perso dei parenti, affogati in mare, durante la traversata della Manica, vivere nella “Bibby Stockholm” danneggia la loro salute mentale. Le condizioni sulla chiatta-prigione sono pessime: sovraffollamento e mancanza di servizi. Eppure soltanto qualche ora fa, il vicepresidente del partito conservatore ha attaccato i rifugiati dicendo che si aspettano hotel a quattro stelle, mentre dovrebbero accontentarsi di quello che è stato loro offerto. Un’altra frase populista perché sappiamo che Portland, la cittadina di tredicimila abitanti dove la chiatta prigione è attraccata, è una zona piuttosto povera del Regno Unito e molti abitanti non vedono di buon occhio questi migranti che hanno soltanto sette sterline alla settimana da spendere, appena otto euro.
Quale sarebbe un modo migliore di occuparsi di loro?
Farli accogliere da piccoli hotel famigliari, in modo discreto, in quaranta, cinquanta, sessanta diverse località nel Regno Unito, così che possano recuperare le loro forze e, nello stesso tempo, completare il processo per ottenere la cittadinanza e, magari, anche trovare qualche possibilità per lavorare senza farli diventare il bersaglio dei media e di cittadini arrabbiati perché ritengono che i migranti stanno tentando di sfruttare il sistema di welfare del Regno Unito.
Arriviamo dopo mesi di battaglie legali condotte dalle associazioni umanitarie per fermare misure come il piano di deportazione dei migranti illegali in Rwanda, un’altra scelta profondamente disumana. L’ultima sentenza è della Corte di appello della fine di giugno, che ha deciso che l’“Illegal Migration Bill”, la legislazione in materia di migrazione del governo britannico, viola la legislazione sui richiedenti asilo. Che cosa succederà?
Il ministro della giustizia Alex Chalk ha già dichiarato che, se questa è la situazione, toglieranno il Regno Unito dalla giurisdizione della Corte europea dei diritti umani, cosi che quella sentenza non possa essere applicata. È, ancora una volta, la disperazione del premier Rishi Sunak che farebbe di tutto per recuperare quei voti che il suo predecessore Boris Johnson conquistò, nel 2019, con un forte programma anti immigrazione.