“Oggi inizia una vita nuova, ma non è una vita nell’ignoto. È una vita tra fratelli e sorelle, tra amici e familiari che vi aspettano. Siete in famiglia”. Con queste parole Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha accolto questa mattina a Fiumicino 22 profughi afghani giunti con un volo proveniente da Islamabad grazie ai Corridoi umanitari promossi dalla Comunità, d’intesa con i ministeri dell’Interno e degli Esteri. A questo primo gruppo si aggiungeranno, nei prossimi giorni, altre 20 persone. “Oggi – ha continuato Impagliazzo – è un giorno di grandi emozioni”.“L’emozione di una vita in sicurezza, l’emozione dell’arrivo in un Paese amico ma soprattutto l’emozione per l’incontro con i vostri familiari. Sono lacrime di gioia che sostituiscono tutte le lacrime di tristezza e dolore di questi anni”. I cittadini afghani accolti oggi a Roma, sono stati rifugiati in Pakistan dall’agosto 2021 da quando i talebani hanno ripreso in mano il potere in Afghanistan. Hanno trascorso quasi due anni in condizioni gravemente precarie in un campo profughi informale nel centro di Islamabad. Dopo la caduta di Kabul e la grande mobilitazione iniziale, molti afghani sono riusciti a salvarsi rifugiandosi nei paesi confinanti. Ma molti altri, purtroppo, restano ancora in attesa di reinsediamento. “L’Italia – ha spiegato Impagliazzo ai giornalisti – aveva promesso che queste persone non sarebbero state dimenticate. Hanno vissuto molti mesi nei campi profughi in Pakistan e questo strumento legale dei corridoi umanitari li porta in sicurezza nel nostro Paese”. Altri arriveranno la prossima settimana. Ad oggi più di 800 cittadini afghani hanno raggiunto l’Italia grazie all’intesa stipulata nel 2021, con i ministeri dell’Interno e degli Esteri, dalla Cei, dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e dall’Arci. L’impegno è di portare nel nostro paese 1.200 afghani.
“L’arrivo di oggi – dice al Sir Impagliazzo – è un messaggio all’Europa. Questo programma dei corridoi umanitari funziona e può diventare un programma europeo. Ad oggi lo hanno già adottato paesi come l’Italia, il Belgio e la Francia ma potrebbe essere adottato a livello europeo come una buona pratica e consentire così quote molte più ampie. I corridoi umanitari hanno dimostrato che c’è una società civile pronta ad accogliere queste persone ma lo Stato deve farsene carico per evitare di spendere soldi inutilmente”. “Ci sono molte alternative e la prima è quella di investire come europei sul tema nella pace. Le persone che arrivano qui, scappano dai paesi in guerra e l’Europa deve tornare a giocare il suo ruolo politico di mediatore di pace”. Dopo l’arrivo a Fiumicino, i profughi verranno accolti in diverse regioni (Lazio, Liguria, Lombardia) e avviati subito verso l’integrazione, a partire dall’apprendimento della lingua italiana, grazie ai Corridoi Umanitari – promossi da Sant’Egidio insieme a diverse Chiese e realtà associative – che hanno finora consentito l’arrivo in sicurezza di oltre 6.300 rifugiati in Europa (5.400 in Italia), tra cui circa 800 afghani. Questo progetto, interamente autofinanziato, è realizzato grazie a una rete di accoglienza diffusa, sostenuta dalla generosità di tanti cittadini italiani, e rappresenta un modello di successo, che coniuga solidarietà e sicurezza.
Le persone arrivate oggi a Fiumicino, oltre ad aver vissuto mesi di estrema precarietà nei campi profughi del Pakistan, hanno lasciato il loro Paese in una situazione disastrosa, soprattutto – dicono – sul fronte del rispetto dei diritti umani. Ziba è in Italia da 12 anni. Aveva lasciato in Afghanistan la mamma e due sorelle. Essendo donne e con l’arrivo al potere dei talebani, non potevano partire per Roma da sole, ma solo accompagnate da un uomo. Sono state quindi costrette ad attraversare il confine con il Pakistan dove però hanno vissuto mesi difficilissimi. Poi l’incontro con la Comunità di Sant’Egidio, la possibilità di imbarcarsi su un volo di linea e finalmente il ricongiungimento dell’intera famiglia.
“Le donne – racconta Ziba – non possono più studiare, andare all’università, lavorare. Io sono qui ma il mio corpo e la mia anima sono con tutte le donne che ieri sono scese per strada per manifestare contro la decisione di chiudere a partire dal 2 agosto i parrucchieri e i centri estetici per donne. È l’ultimo ordine arrivato dai talebani al potere in Afghanistan, che restringe ancora di più le libertà e i diritti delle donne nella vita e negli spazi pubblici. Abbiamo visto sui social le forze dell’ordine sparare in aria colpi di arma da fuoco per disperdere la folla. Nonostante queste restrizioni, questi obblighi, questa violenza, ho speranza. Le donne afghane sono forti, hanno studiato, sanno cosa vogliono, sono i nostri eroi. Stanno combattendo per la loro libertà ma hanno bisogno del sostegno e dell’aiuto di tutti noi. Chiedo all’Italia, a tutta la comunità internazionale, di non rimanere in silenzio”.