In questo periodo, in Germania e Austria, è molto discusso il tema del rilancio e della salvaguardia dell’enorme eredità religiosa, culturale e sociale dei monasteri e abbazie. Restauri, riconversioni, unificazioni e cessioni, vista la diminuzione dei membri delle famiglie religiose, tendono a contrastare la triste realtà delle numerose chiusure di strutture antiche anche di mille anni, fortemente radicate nel tessuto sociale e storico locale. Diverse esperienze evidenziano il ruolo delle comunità locali e delle associazioni e fondazioni laicali nell’opera di difesa delle antiche istituzioni monastiche.
Con i numeri degli appartenenti agli ordini religiosi femminili e maschili in drastico calo, è sempre più urgente la valutazione di come antichi monasteri e abbazie possano essere venduti, riadattati, con cambio di destinazione d’uso, o rigenerati per nuovi profitti sociali. Non può essere dimenticato che un ordine religioso con un monastero o un’abbazia creava una serie di collegamenti economici e sociali con il territorio: c’erano scuole, ospedali, frantoi, birrifici e cantine, fattorie e orti medicali, centri di restauro e copiatura di manoscritti, infermerie, ospitalità per i pellegrini.
Indubbiamente la vita religiosa in Germania e Austria è in declino ed è una tendenza pluridecennale: l’età media di suore e monaci è ormai in entrambi i Paesi intorno ai 65 anni; è diminuito il numero delle sedi e filiazioni perché non c’è rinnovamento per le poche vocazioni.Secondo padre Franz Meures, gesuita, che è stato consultore per l’educazione e la formazione presso la Conferenza dei superiori tedeschi, la domanda deve essere indirizzata a scoprire qual è il senso della vita religiosa oggi: “Dio continuerà a chiamare le persone alla vita religiosa in futuro? Sono fiducioso. Nel corso della storia della Chiesa ci sono sempre stati nuovi inizi della vita religiosa. Nell’Ottocento i tanti nuovi ordini e congregazioni rispondevano a grandi bisogni sociali, alla mancanza di cure mediche e alla mancanza di scuole”. Per padre Meures è importante che gli ordini religiosi riconoscano i segni dei tempi e si confrontino con quale possa essere oggi il loro contributo alla società e alla Chiesa, perché “si può ipotizzare che nel 2030 ci saranno pochissimi religiosi e case religiose rispetto cinquanta anni fa e la maggior parte dei religiosi entrati tra il 1920 e il 1960 sarà morta”. Si può quindi supporre che le comunità religiose non saranno più legate a grandi numeri ma, dice il gesuita, “per lo più presenti in piccoli gruppi nella nostra società e nella nostra Chiesa”.
La riflessione porta a considerare due vie: da un lato, già si assiste al ruolo dei grandi centri di spiritualità monastica come l’abbazia cistercense di Heligenkreuz, vicina a Vienna, fondata nel 1133 e forte di oltre 100 monaci che diviene punto di riferimento e rinascita come nel caso del Priorato di Neuzelle, nella diocesi brandemburghese tedesca di Görlitz e del Priorato di Stiepel, a Bochum, nella diocesi di Essen, nella Ruhr; dall’altro lato, come evidenzia padre Meures, la presenza degli ordini “sarà meno radicata nelle antiche sedi e più forte in piccoli nuclei nelle città, in centri pastorali, assistenziali, spirituali”.
“Continueranno ad esserci alcuni giovani coraggiosi che osano entrare negli ordini religiosi per amore della sequela di Cristo. Siamo ancora agli inizi in Germania”, afferma Ulrike Rose, presidente dell’associazione “Zukunft Kulturraum Kloster” (Il convento area culturale del futuro). Per Rose il problema è legato al fatto che molte istituzioni fanno finta di non accorgersi dei problemi: “Ad un certo punto il monastero non regge più, la comunità si scioglie e l’edificio viene venduto e, ad esempio, trasformato in appartamenti privati, se non addirittura demolito”. A volte basta agire per tempo, come nel caso del grande monastero settecentesco di Schlendorf, in Baviera, delle suore domenicane missionarie: le 23 consorelle nel 2020 hanno definitivamente lasciato la monumentale struttura e si sono trasferite in un nuovo edificio progettato senza barriere architettoniche e con spazi ampi e comodi. Lo storico monastero è stato venduto a una cooperativa abitativa, che vi ha affittato stanze nell’ambito del cosiddetto cluster living, cioè una forma di vita comune, e vi ha allestito studi e uffici. Rose richiama l’esperienza dell’Olanda, dove la crisi era forte già negli anni ‘90: a Oirschot nel Brabante, ad esempio, le Zuster Franciscanessen van Oirschot, suore francescane di diritto pontificio, per non dilapidare il loro rapporto con la comunità, chiudendo e svendendo il convento, lo hanno trasformato in una casa di riposo dove si sono trasferite anche loro. Nell’abbazia ancora esistente di St. Adelbert a Egmond-Binnen, nella regione del Noordhollands, è stato creato un progetto artistico tra spiritualità ed esperienza comunitaria, aperta alla popolazione.
Molti monasteri e istituzioni sono ormai scomparsi. Ci sono state perdite dolorose, come l’abbandono dell’abbazia di Himmerod, in Renania: fondata intorno al 1135 da un gruppo di monaci inviati da Bernardo di Chiaravalle, l’abbazia ha vissuto alterne vicende negli ultimi secoli e nel 2017 il capitolo generale dei cistercensi, vista l’anzianità media dei monaci e le gravi difficoltà economiche, ne decise la chiusura da un giorno all’altro. Ma la storia cistercense della grande abbazia continua a esser presente nella persona di fratello Stephan, che dopo 65 anni vissuti in quelle mura non ha voluto lasciarle, rifiutando di andarsene. Fratello Stephan, con l’aiuto di un’associazione di sostegno locale, sta cercando di preservare l’insieme dell’abbazia come un rifugio spirituale di pace, tenendo aperte 50 camere per i pellegrini, la libreria, il ristorante del monastero, il grande giardino claustrale, la famosa pescheria, rinomata in tutta la regione dell’Eifel, e la chiesa, che è sempre aperta. Perché, dice fratello Stephan, “a Himmerod tutti sono i benvenuti”.