San Francesco alla National Gallery. Joustra (storico dell’arte): “Una figura che tocca la vita delle persone”

Il curatore, insieme a Gabriele Finaldi, della mostra “Saint Francis of Assisi”, aperta alla National Gallery di Londra fino al 30 luglio, spiega al Sir l'attualità della figura del "poverello di Assisi". Pitture e reliquie attraggono molti visitatori

Joost Joustra (National Gallery)

“Penso che nella nostra epoca, pur così secolarizzata, gli esseri umani cerchino, comunque, un significato per la propria vita e questa sete di valori si può chiamare esperienza religiosa oppure spirituale. È quello che succede ai visitatori della mostra che abbiamo deciso di dedicare a san Francesco. Un’esibizione che si colloca nel cuore del cristianesimo”. Così Joost Joustra, curatore, insieme a Gabriele Finaldi, della mostra “Saint Francis of Assisi”, aperta alla National Gallery di Londra fino al 30 luglio (accesso gratuito), spiega lo straordinario successo di questa esibizione che sta attirando, a Trafalgar Square, migliaia di persone e che espone, tra quaranta dipinti, affreschi e altre opere d’arte famose, che coprono un arco di oltre settecento anni, anche reliquie del santo come il suo saio e il corno, dono del sultano egiziano al-Kamil.

San Francesco che abbraccia il cristo crocefisso di Bartolomé Esteban Murillo, 1668-69 (Foto Museo de Bellas Artes de Sevilla)

Quale impatto dell’esibizione è stato più sorprendente per lei?
Ha colpito me e i miei colleghi come san Francesco tocchi, ancora oggi, la vita di decine di persone in un modo molto diretto e personale. Da storico dell’arte pensavo fosse un personaggio del passato e, invece, è ancora molto vivo e agisce anche oggi. Tanti visitatori ci hanno raccontato come, per loro, san Francesco sia una presenza continua perché hanno parenti che appartengono ad ordini francescani oppure hanno un pezzo di stoffa sul quale è rappresentato il santo, in dialogo col lupo di Gubbio, al quale sono molto legati.

Pensa che il fatto che il cristianesimo sia meno popolare, oggi, come religione, nel mondo occidentale, rispetto ai secoli passati, indebolisca, in qualche modo, l’arte?
La nostra esibizione dimostra che ci sono ancora molti artisti che si occupano di religione, anche se, forse, non in modo tanto esplicito come in passato. Per esempio l’artista contemporanea tedesca Andrea Büttner, presente nella nostra mostra, affronta, in incisioni su legno, temi religiosi in modi nuovi ed eloquenti.

Corno d’avorio 1219-1350 (Credito Museo del Tesoro della Basilica di San Francesco, Assisi)

Può parlarci delle reliquie?
Era molto importante, per noi, mostrare non soltanto come san Francesco sia stato rappresentato e come continui ad essere rappresentato da diversi artisti, ma anche che ci sono oggetti ai quali è legato da vicino. Questo santo diventa in tal modo una figura più reale, non soltanto un argomento per l’arte, ma una persona in carne ed ossa. Per questo abbiamo fatto arrivare, dalla basilica di Santa Croce, a Firenze, una parte del suo saio e, dalla basilica di San Francesco di Assisi, il corno che il santo avrebbe ottenuto dal sultano egiziano al Malik al-Kamil e che usava per invitare alla preghiera i suoi seguaci. I visitatori sono affascinati da queste reliquie e quello che le rende così speciali è proprio il modo in cui sono state venerate nei secoli. Le reliquie hanno anche un impatto sul modo in cui il pubblico percepisce i dipinti, gli affreschi e le altre opere della mostra perché generano un nuovo dialogo e nuove interpretazioni di questi oggetti.

La National Gallery ha una lunga tradizione di mostre dedicate al sacro: nel 2000 “Seeing salvation” (“Vedere la salvezza”), sulla figura di Gesù nell’arte; poi, nel 2009, “The sacred made real (“Il sacro diventato realtà”), sull’arte religiosa spagnola del diciassettesimo secolo. Infine, nel 2020, “Sin” (“Peccato”). Dove si colloca questa mostra e qual è il prossimo progetto?
Tutte queste mostre interagiscono tra di loro e, per quanto riguarda il futuro, abbiamo già in cantiere una nuova esibizione di natura religiosa: ma è troppo presto per parlarne.

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