Cipro, la terra di San Barnaba che qui portò l’annuncio della Resurrezione di Cristo, ma anche di Lazzaro, l’amico resuscitato di Gesù, di san Paolo e dei primi cristiani. Cipro, terza isola del Mediterraneo (dopo Sicilia e Sardegna), è un concentrato di contraddizioni: divisa in due dopo l’invasione turca, spettatrice di un processo di pace che non decolla nonostante l’impegno di tutti i leader religiosi. Nicosia è l’ultima capitale europea divisa in due da un muro, la ‘linea verde’, di 180 km. con, da una parte Cipro Sud, riconosciuta dalla comunità internazionale, e dall’altra Cipro Nord, appoggiata dal governo turco. Un crocevia di diversi continenti, dalle cui rive ci si può volgere all’Europa e al Medio Oriente, al Libano, alla Siria. Dal 20 al 23 aprile scorso Nicosia ha ospitato il simposio “Radicati nella speranza”, promosso dalla Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali), a 10 anni dalla firma dell’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Medio Oriente” avvenuta ad Harissa (Libano) il 14 settembre del 2012 da parte di Benedetto XVI. L’iniziativa ha riunito oltre 250 rappresentanti delle Chiese cattoliche del Medio Oriente, tra loro patriarchi, vescovi, sacerdoti e esponenti di istituti religiosi e movimenti laici, ed è stata l’occasione per riscoprire la millenaria presenza dei cattolici latini nell’isola, che appartengono alla diocesi patriarcale di Gerusalemme, come spiega al Sir il vicario patriarcale latino, padre Bruno Varriano: “I latini di Cipro rappresentano oggi una comunità rispettata, riconosciuta dallo Stato, la cui appartenenza alla comunità nazionale in una società prevalentemente greca è testimoniata, tra l’altro, dal patrimonio di fede e di storia lasciato in eredità al popolo cipriota”. Ne è testimonianza l’iniziativa del Governo Cipriota sostiene economicamente il clero sia ortodosso che cattolico e la presenza nelle massime istituzioni politiche dell’isola di rappresentanti cristiani votati dalle rispettive comunità, latini, maroniti, armeni.
Padre Bruno è un francescano della Custodia di Terra Santa, ed è vicario a Cipro dal dicembre dello scorso anno, quando per volere del patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, è stata inaugurata, a Nicosia, la nuova sede ufficiale del Vicariato. “Un’intuizione – dice padre Varriano – del nostro patriarca, utile per rafforzare la presenza pastorale latina e per rispondere anche ai cambiamenti religiosi in atto, alle varie questioni politiche e alle emergenze sociali sempre più pressanti. Ora le comunità cipriote hanno il loro pastore e una casa”. A sostenere il vicario ci sono 15 sacerdoti latini, “ma presto saremo 16. È in arrivo un prete dallo Sri Lanka per accompagnare questi fedeli che sono la seconda comunità più numerosa dopo i filippini. Speriamo anche nella venuta di un sacerdote di lingua francese per i migranti dell’Africa francofona”. A Cipro ci sono 4 parrocchie, il Patriarcato gestisce quella di San Paolo a Paphos, mentre le altre tre, Santa Caterina, Santa Maria delle Grazie e la Santa Croce, sono gestite dai Francescani. Le Messe vengono celebrate oltre che nella capitale, anche Limassol, Larnaka e Pafos, centri che ospitano una dozzina di chiese e cappelle latine.
La sfida del muro… Unita alla chiesa madre di Gerusalemme, Cipro condivide con la città santa ‘il muro di separazione’. Gerusalemme e Nicosia, infatti, sono due città attraversate da una barriera che separa israeliani e palestinesi a Gerusalemme, e greci e turchi a Nicosia. “Come cristiani e come cattolici – ribadisce padre Varriano – qui nell’isola siamo chiamati ad essere strumenti di pace. Il muro non rappresenta un limite per noi; nel nord, nella zona occupata dai turchi noi abbiamo 4 comunità, una a Nicosia dopo il check point turco, una Kyrenia e una Famagosta, dove c’è anche un’altra comunità, piccola, fatta di studenti. Ho celebrato Pasqua a Nicosia con oltre 500 fedeli anche africani, a Kyrenia ci sono tanti filippini e di altre nazionalità che si ritrovano in una piccola chiesetta. In altri luoghi non avendo chiese disponibili si celebra nei cinema abbandonati o nei garage. Questa è la nostra realtà che non viviamo come un limite. Come Chiesa ci proponiamo di stare il più possibile vicino a questi fedeli”. In questa missione i latini non sono soli: “Nell’isola – afferma il francescano – opera Religious Track, iniziativa nata sotto gli auspici dell’ambasciata di Svezia, che raccoglie i leader religiosi di Cipro, ortodossi, maroniti, armeni, latini e islamici, impegnati a lavorare insieme per i diritti umani, la pace e la riconciliazione. Ci sono dei segni chiari che testimoniano che la religione è strumento di pace”.
E quella dei migranti. Se il muro non è percepito come un limite, il crescente arrivo sull’isola di immigrati cattolici latini, ha il sapore della sfida. “Quando nel dicembre 2021 Papa Francesco venne in visita apostolica a Cipro – ricorda il vicario latino – ha lasciato alla chiesa locale una sorta di mandato: ‘essere una chiesa con il volto della misericordia, dell’unità, della pace e sensibile a ciò che sta avvenendo nel mondo’. Siamo consapevoli che Cipro è la porta per l’Europa e per il Medio Oriente. Migranti e rifugiati – ribadisce padre Varriano – rappresentano un fenomeno davanti al quale non si possono chiudere gli occhi”. Intensificare la pastorale con i migranti, con i profughi della comunità cristiana di Cipro significa occuparsi anche del campo profughi di Pournara, area industriale a circa venti chilometri dalla capitale Nicosia (zona greca). “Sorto alla fine del 2019 per accogliere al massimo 800 persone, ora ne ospita più di 2.000, con conseguenze immaginabili sulla qualità della vita al suo interno” denuncia il frate che spesso vi si reca a celebrare per i circa 100 fedeli cattolici ospiti del campo”. Ma l’opera di accoglienza e di assistenza della Chiesa latina non si ferma solo al campo di Pournara ma si innerva in una serie di progetti caritativi come la fondazione di una casa per minori non accompagnati. “Sosteniamo i corridoi umanitari della Comunità di S. Egidio e presto manderemo in Italia tre giovani che hanno compiuto da poco 18 anni – rivela il vicario -. I migranti sono il nuovo volto della nostra Chiesa che cresce. Le chiese sono pienissime e questo ci stimola ad impegnarci di più per integrare questi nostri fratelli nelle nostre comunità”. Stesso impegno viene garantito anche nella zona Nord, quella turca dove portiamo avanti dei progetti rivolti alla nostra gente. Non ci interessa la politica ma solo occuparci dei nostri fedeli che, pur organizzandosi in maniera autonoma per ritrovarsi e pregare, hanno bisogno dei pastori. Queste comunità della zona nord sono dei veri gioielli. Per loro culliamo il sogno è di tornare a celebrare nelle nostre chiese dismesse del nord dell’isola. I rapporti con le istituzioni turche sono buoni e ciò ci consente di assistere non solo la piccola comunità cattolica locale, dove sono presenti molti studenti africani cristiani. Il nostro lavoro è apprezzato anche nelle comunità islamiche”.
Sulle parole di Barnaba. “Per il futuro – osserva padre Bruno – ci guidano sempre le parole dell’apostolo cipriota Barnaba, pazienza e unità. La pazienza porta molti frutti, come la benignità, la prudenza, l’accoglienza, la speranza. Pazienza da praticare perché verranno tempi migliori. Intanto ne assaporiamo degli scampoli: a Paralimni, nel distretto di Famagosta, il metropolita Basilius mi ha permesso di celebrare la Messa nella Chiesa ortodossa. Lo stesso mi ha concesso di celebrare anche per i greco-cattolici ucraini. Bisogna avere la pazienza di uscire e di andare incontro all’unità. La pazienza genera unità che sana le ferite dell’isola. L’imam Shakir è venuto a trovare i minori assistiti nella nostra casa. C’è amicizia, tolleranza convivenza e rispetto reciproco. È ciò che ricerchiamo in questa isola e nel nostro vicariato”.