“Non è un caso che nel 2013 l’Unione Europea abbia ricevuto il Premio Nobel per la pace. Ricordiamoci sempre di questo mandato che viene dalla storia, ma che deve tramutarsi in iniziative politiche a favore della pace”. Lo ha detto l’ambasciatore Pasquale Ferrara, attuale direttore Generale degli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, aprendo a Roma ad un incontro dal titolo “La pace possibile“, promosso da “Insieme per l’Europa”, rete di oltre 300 Comunità e Movimenti cristiani diffusi in tutto il Continente, in occasione della Giornata dell’Europa. Ferrara ha cominciato la sua relazione evocando l’aggressione russa all’Ucraina che “dimostra, una volta di più, che la guerra è ancora tra noi”. L’ambasciatore ha però fatto notare come il nostro continente sia purtroppo attraversato da altri conflitti “congelati”, “pronti a riaccendersi”: dalle guerre per la disgregazione dell’ex-Jugoslavia (specialmente in Kosovo e nella Bosnia-Herzegovina), alla guerra russo-georgiana del 2008 (per l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia), e ancora a quella tra Azerbaijan e Armenia nel Nagorno Karabakh. “La verità – ha sintetizzato il relatore – è che abbiamo ritenuto per lungo tempo che la guerra non riguardasse più il Vecchio Continente”. E “ora che una guerra dalle conseguenze sistemiche e profonde infuria in Ucraina a seguito della brutale invasione russa, sembriamo finalmente renderci conto che vaste aree del pianeta sono sconvolte da conflitti endemici”.
Ferrara insiste sul ruolo che l’Unione Europa può e deve avere nella costruzione della pace. D’altra parte, questa “vocazione” di politica estera europea è scolpita nella Dichiarazione del ministro degli esteri francese, Robert Schuman: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”. Tornando ai tempi attuali, il professore argomenta: “In una crisi profonda della sicurezza in Europa, l’Unione Europea ha una responsabilità primaria nel tentare di riconfigurare un quadro di stabilizzazione continentale attraverso una nuova formula politica”. “Una cosa è certa: non ci può essere pace imposta”, aggiunge l’esperto. “D’altra parte, la pace si fa in due e la si fa con il nemico. Ogni guerra deve finire, ma ogni guerra finisce in un modo diverso”. Lo sguardo del diplomatico si spinge al giorno in cui una volta sarà conclusa in Ucraina la tragedia bellica in corso. “A un certo punto – riflette Ferrara -, bisognerà mettersi attorno a un tavolo e verificare se ci siano e quali siano i parametri per una pace veramente equa, sostenibile, duratura. Nella consapevolezza che, come avviene alla fine di tutti i conflitti, vincere la pace è assai più difficile che vincere la guerra”.
Ma cosa significa oggi per l’Europa compiere “sforzi creativi” per la pace? Ferrara parla di “realismo utopico”. E spiega: “la pace, come la politica, non è un’opzione astrattamente etica; molto più concretamente, è una necessità pratica, se non vogliamo ridurre il mondo in cenere, sia per la guerra atomica, sia per il cambiamento climatico”. “È l’ora di relazioni internazionali davvero più realistiche e meno ideologiche, più funzionali agli interessi di tutti e meno deleterie per i beni comuni globali”, argomenta il diplomatico, concludendo: “Un realista utopico, quindi, è colui che ha una visione di ampio respiro, che ha il coraggio di lottare per idee e stati di cose desiderabili (non importa come siano le loro prospettive a breve termine), e che ha la consapevolezza che lo status quo è solo un fenomeno passeggero”. “Qualcuno ha scritto – ha quindi concluso Ferrara – che con l’aggressione russa all’Ucraina la pace è finita. Per il realista utopico, invece, la pace è infinita”.