“Benvenuto al ricevimento di apertura con Elisabeth Ohlson. Saranno serviti bevande e snack”. Un messaggio in qualche modo accattivante: l’apericena è assicurata. Così questo pomeriggio, alle ore 18, nell’area Jan 3 Q, al terzo piano della sede del Parlamento europeo a Bruxelles, giusto dalle parti della sala intestata ad Alcide De Gasperi, verrà inaugurata la mostra dell’artista svedese Ohlson, cui sono invitati deputati, assistenti, funzionari e giornalisti che gravitano attorno all’Eurocamera.
L’invito all’esposizione viene dall’eurodeputata svedese Malin Bjork: “Carissimi – scrive in una email urbi et orbi – in occasione della presidenza svedese del Consiglio europeo, ho invitato l’artista fotografica Elisabeth Ohlson a mostrare alcune delle sue opere. Tutti i pezzi che ha scelto per questo evento hanno un tema Lgbtqi o altrimenti inclusivo, relativo ai diritti umani”.
Accompagnano la missiva due immagini: una piccola imbarcazione di migranti allontanata con un piede da una nave (che rifiuta il salvataggio in mare?), e una figura maschile, in tunica bianca e capelli lunghi, che evocherebbe Gesù, attorniato da alcuni uomini in tenuta “sadomaso” (così la spiegano, con le ciglia aggrottate, quelli che la sanno lunga nei corridoi del Parlamento europeo).
Ora, è chiaro che dovrebbe trattarsi di una provocazione artistica. Un modo per richiamare, ancora una volta, forme discriminatorie contro le persone omosessuali. Per spiegarsi meglio – nel caso qualcuno non avesse inteso il profondo significato delle opere – è prevista domani, a metà giornata, una conferenza stampa della Ohlson.
Naturalmente c’è già chi ha gridato allo scandalo. Chi alla blasfemia. Mentre al Parlamento circolano scambi di email pro e contro l’esposizione (e chissà se tra qualche politico di quelli che si dice giustamente offeso non ci sia anche qualcuno che i migranti fa fatica ad accoglierli considerandoli solo un’emergenza pericolosa… ma questa è un’altra storia…).
Non c’è dubbio però che restano in evidenza alcuni fatti, dai quali sgorgano altrettanti interrogativi. Primo: dove risiederebbe l’intelligente, disarmante novità espressiva (che ogni opera artistica forse dovrebbe racchiudere) in un Cristo “arcobaleno” accompagnato da una squadra di bikers in tute di pelle nere borchiate? Nulla di diverso dalla passata mostra “Ecce Homo” della medesima artista in cui l’evangelica Ultima cena vedeva il Signore tra personaggi gay e transgender.
E se si ritiene “utile” la figura di Gesù per una campagna pro-Lgbtqi, perché non ci si chiede se tale raffigurazione non leda la sensibilità (persino i diritti!) di una parte significativa di quella parte di umanità che crede in Gesù Cristo, figlio di Dio fatto uomo, nato, morto e risorto per la salvezza del genere umano? Sembra che nella “casa della democrazia e della libertà”, ci sia qualcuno “più uguale degli altri” – come scrive George Orwell nella sua “Fattoria degli animali” – tale da poter offendere una fede religiosa e chi la professa.
In uno degli scambi di email che in queste ore attraversano la sede del Parlamento, c’è chi scrive: “Hai mai sentito la frase: smettila di rendere famosi gli stupidi?”. Forse il rilievo che si dà alla vicenda fa buona pubblicità alla stessa artista, la cui notorietà le sarà decisamente utile a piazzare le sue opere. È dunque lecito obiettare che persino questo articolo contribuisca a conferire ulteriore visibilità alla fotografa svedese.
Ma un ulteriore punto di domanda si impone. Per il giusto, persino necessario, rispetto delle persone Lgbtqi, la politica, le norme, la cultura, le agenzie educative devono svolgere la loro parte. Lo stesso rispetto però deve essere riservato a chi, di fronte ad alcune provocazioni, potrebbe sentirsi leso nei propri valori e nelle proprie credenze. Sarebbe quindi utile adottare un unico modus operandi a guida di ogni altra battaglia a difesa della vita e della dignità delle persone.
Inoltre, quello che certamente si può imputare all’immagine in questione è che ripercorre schemi già visti, rappresentazioni servite in tante altre salse, evidenze più volte sperimentate.Un’ovvietà si potrebbe dire. Il rischio però è che abituarsi al dominio dell’ovvietà rappresenta forse il vero punto debole del lavoro di Elisabeth Ohlson. Quell’ovvietà che, se accolta senza soluzione di continuità, rischia di non scomodare più il cervello, il cui frutto è quella caduta di tono che fa della pigrizia ripetitiva un inutile non senso. E se la banalità si impossessa dell’arte, l’arte rischia di soffocare nel nulla.
“Cristo crocifisso è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”, scriveva oltre 2000 anni fa San Paolo rivolgendosi alla comunità di Corinto: per questo se qualcuno ritiene di scandalizzare o smuovere le coscienze “usando” Gesù, basta semplicemente riprendere il Vangelo. Lì risiede da sempre il vero scandalo, il pensiero-altro, e alternativo, annunciato, allora come oggi, nel pieno rispetto di quello corrente e dominante.