(da Chisinau) “Grazie a voi, non moriamo di fame”. La signora con il suo pacchetto in mano esce dalla mensa “Papa Francesco” di Chisinau e non smette di ringraziare i volontari. Qui tutti i giorni vengono distribuiti 250 pasti caldi e pronti ai poveri della città.
Il Paese sta vivendo uno dei periodi più delicati della sua storia. Se per le strade della capitale, la vita continua come sempre, la gente non lo nasconde, è preoccupata. La guerra, al di là del confine, in Ucraina sta avendo un impatto sulla vita già precaria della popolazione tra rincari delle bollette e aumento dei prezzi. Quello che più pesa è il clima di incertezza che si vive. “Il futuro quale potrebbe essere, un allargamento del conflitto?”, riflette mons. Cesare Lodeserto, vicario generale della diocesi di Chisinau. “Se ciò accadesse, la Moldavia non potrà essere più terra di accoglienza ma terra di transito da cui si scappa per fuggire da una guerra”. La grande incognita è la regione della Transnistria e “i russi che si muovono a macchia di leopardo ma non si capisce mai dove sono e cosa vogliono. E tutti siamo consapevoli che questo potrebbe portare ad un ampliamento del conflitto, ad una destabilizzazione del Paese”. È la presidente moldava filo-europeista Maia Sandu a lanciare dal canale Vocea Basarabiei un allarme: “La Federazione Russa tenta di minare, rovesciare il governo e ne abbiamo le prove. È chiaro che la Russia sta cercando di stabilire un governo filo-russo a Chisinau per usare la Moldavia contro l’Ucraina, come sta accadendo, ad esempio, nel caso della Bielorussia”.
Nonostante le nubi all’orizzonte, la Chiesa moldava, piccola nei numeri ma straordinariamente attiva e in prima linea negli aiuti, continua il suo lavoro, come sempre, grazie anche alla presenza di molti organismi che operano qui. Nell’ultimo anno, a seguito dell’aggressione russa, sono passati per la Moldavia un milione di cittadini ucraini in fuga dai bombardamenti di cui circa 90 mila hanno deciso di stabilirsi qui. “Chi è rimasto – spiega Elena Ajder, direttrice del Centro di accoglienza ‘Fides’ – lo ha fatto per non allontanarsi troppo dall’Ucraina, con la speranza che la guerra finisca e la pace consenta di poter tornare a casa”. Si tratta quindi di una migrazione circolare con gente che torna e che va, si ferma e riparte. È una migrazione continua. “Quando decidono di tornare a casa – racconta Elena – ci chiedono se siamo disponibili ad accoglierli di nuovo”.
Ad un anno dallo scoppio del conflitto su vasta scala in Ucraina, anche la Chiesa in Moldavia ha dovuto fare i conti con un progressivo cambiamento delle richieste e delle necessità. Si è fatto evidente il passaggio da uno stato di emergenza-profughi ad una condizione di cittadini ucraini che a causa della guerra vivono in Moldavia, lontani dalle loro case e che come tali vanno aiutati ad integrarsi per un periodo che non è più breve, ma medio o lungo. Nel centro di accoglienza Fides, che opera in collaborazione con la Caritas Moldova, sono passati in questo ultimo anno 1.136 persone. Oggi ne ospita un centinaio. Il centro offre vari servizi che puntano non solo all’accoglienza ma ad un’integrazione di medio termine. C’è quindi una scuola materna frequentata da 21 bimbi ucraini, dai 3 ai 6 anni. La scuola, aperta dalle 8 alle 17.30, consente alle loro mamme di poter lavorare fuori, soprattutto nella grande distribuzione e ristorazione. Vengono dalle città di Mykolaiv, Kharkiv, Kherson, Zaporizhzhia. “Forse sono troppo piccoli per essere consapevoli del tutto di quello che sta succedendo”, racconta Elena. “Ma ricordano ancora i rumori delle armi e hanno paura delle esplosioni”. I più grandi invece frequentano una scuola online: in una classe attrezzata con pc, 20 ragazzi di diverse età, dai 6 ai 16 anni, possono seguire dalle 8 alle 15, le lezioni dei loro professori ucraini. E infine dalle 14 alle 18 c’è un servizio di dopo-scuola con varie attività educative dall’arte all’artigianato ai corsi di inglese.
Anche la Mensa “Papa Francesco” si è attrezzata per risponderealle nuone necessità. La struttura è stata divisa in due parti: da una parte si distribuiscono pasti caldi e aiuti ai poveri moldavi; nell’altra si accolgono i profughi ucraini. Su prenotazione, gli ucraini possono ricevere assistenza sociale, aiuto psicologico e cure mediche. La prospettiva è sempre quella di fare ritorno a casa, ma “dobbiamo fare in modo che questo periodo di permanenza fuori dal loro paese che purtroppo a causa della guerra si sta allungando, non diventi un periodo solo di attesa”, spiega Lodeserto. Che aggiunge: “È finito il tempo dell’emergenza. Siamo nella fase del rapporto umano in cui la gente viene accolta, assistita accompagnata”.
Tra i volontari che danno una mano alla mensa, c’è anche Biagio Ratti, 28 anni, di Alessandria che con Mcl, il Movimento cristiano Lavoratori, sta facendo in Moldavia un anno di servizio civile. Arrivato a Chisinau ad ottobre, dice: “Qui ho capito si può essere solidali, aperti, disponibili e di aiuto anche se sei povero. E la Moldavia è uno dei paesi più poveri del mondo ma sono circondato da persone che non hanno battuto ciglio pur di aiutare chi sta peggio di loro. Ho visto un movimento di aiuto e di grande generosità che non mi aspettavo”.