Lo hanno fortemente dimostrato durante la pandemia. Le donne hanno dato un contributo enorme lavorando a fianco dei ragazzi con le lezioni online, prendendosi cura dei più deboli nei luoghi di cura, non lasciando indietro nessuno, nei diversi servizi sociali. Per questo, “oggi, più che mai, è essenziale dare risposte, anche nelle agende politiche, che sappiano valorizzare e riconoscere questo importante ruolo che le donne svolgono nelle nostre società”. Lo ha detto Nicolas Schmit, commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali intervenendo ad un seminario organizzato dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) e dalla Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa (Fafce) su “La strategia europea sulla cura. Rispondere alle sfide affrontate dalle donne in tempi post-pandemici”. “Quando la pandemia è iniziata due anni fa – ha detto il commissario Ue – abbiamo immediatamente visto le conseguenze sproporzionate che ha avuto sulle donne. Le donne sono state attive e presenti in molti settori della società, fortemente esposte anche all’infezione in quanto lavoratrici impegnate in prima linea, in professioni di cura, in modo predominante come infermiere, insegnanti, pulizia e badanti. E sono soprattutto donne con lavori sotto pagati e in condizioni di precarietà ad aver maggiormente sofferto la crisi”. Per la Giornata internazionale dei diritti della donna dell’8 marzo, il Parlamento europeo ha commissionato un sondaggio specifico dedicato alle donne europee, per valutare l’impatto della pandemia su vari aspetti della loro vita. Dall’indagine emerge che “la crisi pandemica ha esacerbato le disuguaglianze di genere e invertito i progressi che si erano acquisiti negli anni precedenti”. Ma gli strumenti per invertire di nuovo la rotta, ci sono. Basta utilizzarli. A questo proposito, Schmit ha ricordato che la Commissione Europea ha presentato, il 7 settembre scorso, il piano denominato “European Care Strategy” che mira a “investire in un’assistenza di alta qualità” e quindi – ha detto il commissario europeo – a “migliorare anche la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la parità di genere, in particolare il divario retributivo e pensionistico di genere”.
Il quadro sulla condizione femminile presentato da Shannon Pfohman, di Caritas Europa, è purtroppo oscurato da molte ombre. Il fatto che il 75% dei prestatori di assistenza informale sia costituito da donne evidenzia significative disuguaglianze di genere e pone un onere maggiore sulle donne rispetto agli uomini che spesso le induce a stare (parzialmente o completamente) fuori dal mercato del lavoro o ad accettare redditi inferiori. La Caritas avverte: “questo squilibrio e i bassi salari sono i principali fattori che contribuiscono al fenomeno della femminilizzazione della povertà in Europa, con le donne che hanno maggiori probabilità di sperimentare la povertà in età avanzata rispetto agli uomini, e quindi sono più propense a non potersi permettere l’assistenza a lungo termine”. Caritas Europea accoglie con favore le raccomandazioni contenute nella “European Care Strategy”. “Sebbene la Strategia non sia perfetta commenta Pfohman – affronta comunque una serie di sfide su cui Caritas Europa ha lanciato campanelli d’allarme per anni e cerca di fornire una proposta europea a una sfida europea”. Anche qui la priorità oggi è “colmare il divario di genere nell’assistenza garantendo condizioni di lavoro e retribuzioni eque e dignitose nell’assistenza a lungo termine”.
La Conferenza è stato un momento di scambio su quello che tante donne europee stanno vivendo e affrontando. Sono intervenute Dana Bachmann; Dobrochna Bach-Golecka, professoressa di diritto europeo all’Università di Varsavia che ha parlato dal punto di vista giuridico internazionale della assoluta equità dei diritti umani tra uomini e donne; Margarita De la Pisa, eurodeputata, impegnata nella commissione per l’occupazione del Parlamento europeo, che ha sottolineato nel suo intervento come l’esperienza Covid ha offerto a tanti la possibilità di apprezzare per la prima volta la vita delle relazioni familiari. Via zoom ha preso la parola Dolores Sanchez, del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che ha concluso il suo intervento sottolineando la necessità di ridare valore alla “cura” riconoscendone l’importanza “nel dominio pubblico, non solo nella sfera privata”. E a questo proposito, la rappresentante del dicastero vaticano ha fatto riferimento a quanto papa Francesco scrive nella Laudato Si’ sul valore della “cura”: “Se riconosciamo il valore e la fragilità della natura, e allo stesso tempo le capacità che il Creatore ci ha dato, questo ci permette oggi di porre fine al mito moderno del progresso materiale illimitato. Un mondo fragile interpella la nostra intelligenza per riconoscere come dovremmo orientare, coltivare e limitare il nostro potere”.