Il convoglio di aiuti umanitari di Caritas Spes-Ucraina procede su strade fangose che portano a Kherson, la città liberata dagli ucraini l’11 novembre scorso. A destra e sinistra solo macerie, detriti di case e infrastrutture distrutte e i crateri dei bombardamenti. Sono i primi volontari e operatori di Caritas Spes arrivati a Kherson per aiutare la popolazione, che li accoglie con bandiere, sorrisi di gioia e finalmente sollievo. Anche se le ferite sono tante e non sarà possibile ricostruire subito. “I sacerdoti ci raccontano che non è un momento facile. Le parrocchie sono distrutte e non ci sono fedeli. Ma loro rimangono lo stesso”, dice al Sir padre Vyacheslav Grynevych, direttore di Caritas Spes-Ucraina, in questi giorni a Roma per partecipare alla conferenza di Caritas internationalis. Il governo ucraino ha infatti offerto agli abitanti di Kherson, che in molte zone della città non hanno né elettricità né acqua potabile, di spostarsi in regioni con infrastrutture migliori e alloggi gratuiti e riscaldati, soprattutto con l’approssimarsi dell’inverno.
Iniziata la distribuzione di aiuti. La piccola Caritas Spes della Chiesa greco-cattolica ucraina ha già iniziato a distribuire cibo, acqua potabile e beni di prima necessità e ora intende aprire un ufficio a Kherson, “anche se è ancora un po’ pericoloso”, ammette padre Grynevych: “La situazione è molto brutta. Interi villaggi sono distrutti. Chi ha incontrato i russi ha avuto molta paura. Ora le persone sono felici e mostrano la bandiera ucraina, ci ringraziano. Questo è molto toccante”.
I bombardamenti russi nella regione non sono cessati del tutto: oggi il vice capo ufficio della presidenza ucraina Kyrilo Tymoshenko ha parlato di almeno un morto e quattro feriti nelle ultime ore. In un centro ricreativo nel villaggio di Strilkove è stata ritrovata una stanza di tortura allestita dalle forze russe, mentre a poche ore da Kherson, nell’oblaist di Mykolaiv, gli ucraini hanno appena lanciato una operazione militare per liberare Capo Kinburn, una sottile striscia di terra a nord della penisola di Kinburn, tra il mare e la foce del fiume Dnipro.
Intanto a Kiev, dove è la sede nazionale di Caritas Spes, anche gli operatori e i volontari devono fare i conti con i black out elettrici. La principale compagnia elettrica nazionale ha annunciato che probabilmente gli ucraini dovranno convivere con questa situazione fino a marzo 2023, anche se le interruzioni saranno meno durature. Metà delle infrastrutture elettriche sono state infatti danneggiate dagli attacchi russi e milioni di persone in tutto il Paese si trovano senza acqua ed energia elettrica, mentre le temperature iniziano a scendere inesorabilmente.
“E’ molto difficile convivere con la mancanza di elettricità – conferma padre Grynevych – perché siamo persone e vorremmo separare lavoro e vita privata. Invece da quando c’è la guerra le cose si confondono. Quando andiamo a lavorare nel centro di Kiev abbiamo la corrente elettrica perché ci sono i generatori. Ma è rischioso e dobbiamo pensare alla nostra sicurezza. Quando torniamo a casa non abbiamo l’elettricità e non possiamo, ad esempio, preparare qualcosa di caldo, si crea una situazione di disagio. La guerra purtroppo tocca tutti gli ucraini e gli europei di conseguenza, che devono fare i conti con l’aumento delle bollette”.
Ancora aiuti d’emergenza. In questo periodo Caritas Spes ha ultimato i progetti più grandi a a Kiev, Chernihiv e Karkiv. “Aiutiamo le persone con denaro in contanti – prosegue il direttore di Caritas Spes -. In alcune regioni abbiamo ricostruito le case ma c’è ancora tanto bisogno di aiuti di emergenza come alimenti e acqua, perché molte persone non hanno cibo a sufficienza e sono costrette ad usare l’acqua di fiume”.
Dall’inizio della guerra aiutate quasi 2 milioni di persone. Caritas Spes opera attraverso 6 poli logistici, diversi magazzini per la raccolta e lo stoccaggio di cui 2 a livello internazionale, 17 mense, 24 centri di ascolto e oltre 14 uffici di distribuzione e tantissime parrocchie, ormai punti di riferimento per numerosi servizi. Dall’inizio della guerra il 24 febbraio ha fornito 4.334 tonnellate di beni di prima necessità già stoccati nei centri di raccolta, acqua e articoli per l’igiene per 452.511 persone, cibo e beni di prima necessità per 1.475.208 persone, alloggio temporaneo a 213.752 persone, farmaci e kit di prima assistenza per 61.621 persone, protezione e assistenza all’infanzia per 75.004 persone. Caritas Spes ha ricevuto più di 4.000 tonnellate di aiuti, inviati attraverso una rete di distribuzione capillare nelle zone più colpite dal conflitto. Caritas Spes ha attivato programmi di assistenza alla popolazione per circa 5.000.000 di euro, raggiungendo oltre 1.980.000 persone.