(da Chisinau) All’aeroporto di Chisinau, visitatori e accompagnatori non possono entrare. Chi invece deve partire, è sottoposto a lunghe file di controlli. Il consiglio è di presentarsi al check-in almeno tre ore prima. Anche i capannelli dei familiari, dei tassisti o degli autisti con il nome del cliente in mano che di solito si formano agli arrivi, sono sul marciapiede, all’esterno dell’edificio. E’ l’effetto degli allarmi bomba che da mesi scuotono la Moldova. Non interessano solo l’aeroporto ma hanno preso di mira anche altre strutture dello Stato, dalle procure ai comuni. Sono determinate da “minacce esterne”, difficili da identificare perché non hanno origine nel Paese. La preoccupazione è che provengano dalla Russia. Si tratta di una attività di destabilizzazione che mira ad alimentare l’insofferenza popolare e creare così nel paese estese forme di disagio, instabilità e conflitti.
Chisinau è una tappa obbligata per chi deve entrare in Ucraina o, al contrario, per chi esce dal paese martoriato dalla guerra. “La tensione è elevata”, dice subito mons. Cesare Lo Deserto, vicario generale della diocesi di Chisinau. “Solo fino a pochi giorni fa, sembrava che potesse finalmente cambiare qualcosa nella geografia di questa guerra. Gli ultimi avvenimenti hanno purtroppo confermato una certa incertezza e imprevedibilità che non fanno ben sperare, oltre al fatto che la guerra genera anche situazioni collaterali”. E’ purtroppo un dato di fatto che i Paesi confinanti con l’Ucraina siano esposti al pericolo di incursioni di missili russi, che possono colpire in qualsiasi momento e soprattutto località vicine al confine. La Polonia è stata colpita due giorni fa e due persone hanno perso la vita. Ma la scorsa settimana c’è stato un simile incidente a Naslavcea, quando un razzo russo è esploso colpendo una scuola che per fortuna era chiusa per vacanza. Venti giorni fa, due missili russi sparati dal Mar Nero per colpire Leopoli, avevano violato lo spazio aereo moldavo ed sono stati intercettati dalla contraerea rumena. Una violazione che ha allertato la WizzAir tanto da indurla a ridurre i voli.
Si chiamano così: “effetti collaterali alla guerra”. Mentre i missili russi colpivano la Polonia, i media moldavi segnalavano estesi blackout in buona parte del Paese, dal territorio della Transnistria alla capitale Chisinau. Il ministro delle Infrastrutture e dello Sviluppo regionale, Andrei Spînu, ha spiegato che “a seguito del bombardamento della Russia contro il sistema energetico ucraino nelle ultime ore, una delle linee elettriche che assicura il trasporto di energia elettrica per la Moldova è stata interrotta automaticamente, provocando massicce interruzioni di corrente in tutto il Paese”. Il ministro degli Esteri, Nicu Popescu, sentenzia: “Ogni bomba che cade sull’Ucraina colpisce anche la Moldova e la nostra gente. Chiediamo alla Russia di fermare la distruzione ora”.
“La guerra – spiega mons. Lo Deserto – sta assumendo una dimensione di onda lunga che ci coinvolge tutti. Continua l’accoglienza, anche se un’ondata vera e propria di profughi non c’è. Esiste piuttosto un cammino circolare continuo tra chi è stabile, in particolare anziani e bambini, e chi invece, soprattutto i più giovani, passa per andare in Europa”. Si conta in Moldova una presenza di 100mila ucraini. Nel Paese, la povertà è in aumento e anche questo è un effetto collaterale della guerra perché i costi sono lievitati e l’approvvigionamento dei beni essenziali oggi arriva solo dall’Europa con prezzi sicuramente più alti. Alla mensa sostenuta a Chisinau dalla chiesa cattolica arrivano ogni giorno mille persone, tutti rifugiati, tanto che Papa Francesco, informato di questa iniziativa, ha voluto fare la scorsa settimana, una donazione di 20mila euro alla Fondazione Regina Pacis, “con la preghiera – si legge in una Lettera a firma del card. Konrad Krajewski – affinché il Signore apra quelle vie di dialogo che gli uomini non vogliono o non riescono a trovare per porre fine a questa sciagurata folle guerra”.
Allarmi bomba, missili, black-out di energia e gas, aumento del costo della vita e quindi della povertà. Sono tanti i fattori che si stanno incrociando e che inevitabilmente creano incertezza e tensione. “Il governo sta facendo lo sforzo di mantenere il paese nel giusto equilibrio ma gestire la situazione in questo momento non è facile”, racconta Lo Deserto. Ma quello che più preoccupa è l’insorgenza di una certa insofferenza tra la gente, a causa proprio di questi “effetti collaterali”. E un paese destabilizzato e insofferente fa aumentare il rischio che questo paese preferisce andare verso una politica legata a Mosca e non all’Europa.“Allora bisogna mantenere la calma”, dice il sacerdote, “trovare le soluzioni per affrontare il problema del gas e dell’energia, trovare le risorse necessarie per permettere al paese di svilupparsi. E’ stato avviato il processo di ingresso nell’Unione Europa ma questo processo ha i suoi tempi, ha bisogno di tempo e richiede la soluzione di alcuni problemi interni come quello dei confini, in riferimento alla Transinistra, o della corruzione al quale il governo sta lavorando tanto. E’ un momento delicato”.