“Ascolta il grido unanime dei tuoi figli, supplica accorata di tutta l’umanità: mai più la guerra, avventura senza ritorno, mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza”. La preghiera per la pace di Giovanni Paolo II è stata letta ieri sera, in lingua ucraina, polacca e italiano, nella chiesa inferiore del Santuario a lui dedicato a Cracovia, illuminata solo dalla luce delle candele. I lavori del Simposio europeo che si sta svolgendo a Cracovia per iniziativa del Ccee e dell’Arcidiocesi di Cracovia, in preparazione della Gmg di Lisbona, si sono fermati. In ginocchio, i 150 delegati nazionali provenienti da 30 Paesi europei, si sono dati appuntamento qui, per implorare il dono della pace in Ucraina e raggiungere così “i cuori dei responsabili delle sorti dei popoli” affinché fermino “la logica della ritorsione e della vendetta” e si aprano a “soluzioni nuove, gesti generosi ed onorevoli, spazi di dialogo e di paziente attesa più fecondi delle affrettate scadenze della guerra. Concedi al nostro tempo giorni di pace. Mai più la guerra”.
Un’ora di adorazione che ha alternato momenti di preghiera, canti e la recita della coroncina della Divina Misericordia. “Vogliamo passare questo tempo – ha detto un ragazzo in lingua italiana – pregando per la pace”. “In particolare chiediamo la pace in Ucraina, la fine della guerra, la riconciliazione tra le nazioni”. “Signore – è invece la preghiera in lingua francese – dona protezione a coloro che hanno dovuto lasciare la loro casa a causa della guerra. Benedici anche tutti coloro che hanno accolto i rifugiati dando prova che siamo tutti una sola famiglia perché tutti figli di un solo Padre”. I giovani hanno anche pregato per coloro che stanno attaccando l’Ucraina: “riempi i loro cuori di pace”.
Storie di morte, orrori e torture ma anche storie dei “miracoli” che nonostante l’oscurità della guerra, “Dio continua a fare”. La guerra in Ucraina irrompe al Simposio dei giovani europei. A raccontarla è Anastazja Ukrynska, 23 anni, di Vinnica. “I bisogni sono enormi”, dice rivolgendosi ai giovani delegati di tutte le Conferenze episcopali europee. “Vi vogliamo ringraziare per quello che avete fatto e state facendo per noi, per il popolo ucraino, per sostenerci in questo tempo di guerra. Senza il vostro aiuto, non sarebbe stato possibile fare quello che abbiamo fatto. Ma abbiamo bisogno ancora di voi. Abbiamo bisogno delle vostre preghiere e del vostro aiuto”. Anastazja studiava in Polonia quando il 24 febbraio l’Ucraina è stata attaccata dai russi. Spinta da un “desiderio irrazionale” di stare vicino alla sua gente, torna a casa e si ritrova nella periferia di Kiev a lavorare in un centro gestito dai domenicani. “Dovevo rimanere lì per una settimana. Sono rimasta 6 mesi”. Anastazja racconta cosa ha visto e sentito dalle persone che hanno vissuto nelle cittadine del paese che sono state sotto l’occupazione russa. Racconta la storia di una signora anziana la cui casa si trovava proprio di fronte ad un luogo di detenzione russa. “Per un mese, tutti i giorni, quella signora ha visto davanti alla sua finestra russi torturare e uccidere i soldati ucraini. I suoi occhi si riempivano di lacrime. Ha vissuto una esperienza dolorosa di orrore e di morte senza poter fare nulla per quei soldati”. “Eppure quando parlava, non faceva altro che ringraziare noi per il nostro aiuto e ringraziare Dio per il dono della vita. Ho pensato allora che anche io volevo come lei continuare ad avere, nonostante gli orrori della guerra, un cuore grande, sempre aperto agli altri e ricco di gratitudine”.
“I giovani ucraini non hanno paura neanche della morte perché sono pronti a morire per la verità, per il bene e per l’amore per l’altro”, dice padre Roman Demush, sacerdote di Ternopil e membro della Commissione della pastorale giovanile della chiesa greco-cattolica ucraina. “Lo hanno dimostrato all’Europa e al mondo intero. Hanno dimostrato di essere l’oggi ma anche il futuro dell’umanità perché con la loro vita stanno difendendo la democrazia e i valori dell’umanesimo cristiano”. Fino ad un mese fa, sembrava che andasse tutto bene. Il 1 settembre era addirittura ripartito l’anno scolastico. Purtroppo, però, negli ultimi giorni la situazione è di nuovo precipitata e i massicci attacchi sulle città e su obiettivi civili, anche attraverso l’uso di droni kamikaze, hanno interrotto di nuovo l’anno scolastico. “Nonostante queste difficoltà, siamo coscienti che quello educativo, è un fronte che non dobbiamo assolutamente mollare. I giovani e i bambini devono studiare perché da loro dipenderà il nostro futuro”. “Siamo coscienti che niente sarà come prima”, confida il sacerdote. “Le cose saranno diverse. La guerra ci ha cambiato. Ci ha fatto maturare. Come vedono i giovani il loro futuro? Vedono la vittoria”. “Per questo combattono, ognuno come può e laddove si trova. Chi nel volontariato, chi nei servizi pubblici, chi direttamente sul fronte. Combatte anche chi è uscito dal Paese, diventando con la loro presenza ambasciatori del popolo ucraino. Così facendo, ciascuno a suo modo ma tutti insieme, stiamo dimostrando al mondo che il bene è sempre più forte di ogni male e vincerà”.