Fermare le armi, ma convertire i cuori

Seguiamo con attenzione i “pacifisti” e gli “operatori di pace” che parlano e dimostrano: ora finalmente in Italia all’ambasciata russa, oltre che altrove; e in modo ancora più intenso al Colosseo dove la Comunità di S. Egidio chiama a raccolta tutte le religioni - come già fece Giovanni Paolo II il 27 ottobre del 1987 ad Assisi - per il 25 ottobre, quando parteciperà anche papa Francesco; e in Europa fino anche in territorio ucraino; ma purtroppo mai fino al territorio russo (comprese le zone annesse) poiché là si rischia l’arresto o la coscrizione.

(Foto ANSA/SIR)

Seguiamo con attenzione i “pacifisti” e gli “operatori di pace” che parlano e dimostrano: ora finalmente in Italia all’ambasciata russa, oltre che altrove; e in modo ancora più intenso al Colosseo dove la Comunità di S. Egidio chiama a raccolta tutte le religioni – come già fece Giovanni Paolo II il 27 ottobre del 1987 ad Assisi – per il 25 ottobre, quando parteciperà anche papa Francesco; e in Europa fino anche in territorio ucraino; ma purtroppo mai fino al territorio russo (comprese le zone annesse) poiché là si rischia l’arresto o la coscrizione. Molti citano le parole (sempre pesate e mirate anche quando fossero pronunciate a braccio) di papa Francesco, ma tralasciandone una parte e la loro successione (le ri-citiamo, per chiarezza): “Il mio appello si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace”. Il primo appello è a Putin responsabile dell’aggressione; il secondo a Zelensky perché sia aperto “a serie proposte di pace”. Un amico in questi giorni mi citava la favola del greco Esopo, ripresa poi dal latino Fedro e dal francese La Fontaine : “Il lupo e l’agnello”, che riporto brevemente (nel caso qualcuno non la conoscesse; non si sa mai in questi tempi di declassicizzazione, dove al massimo è ridotta al rango di “favoletta per bambini”): “Un lupo vide un agnello che beveva ad un torrente, sotto di lui, e gli venne voglia di mangiarselo. Così, gli disse che, bevendo, sporcava la sua acqua e che non riusciva nemmeno a bere. «Ma tu sei a monte ed io a valle, è impossibile che bevendo al torrente io sporchi l’acqua che scorre sopra di me!» rispose l’agnello. Venuta meno quella scusa, il lupo ne inventò un’altra: «Tu sei l’agnello che l’anno scorso ha insultato mio padre, povera anima». E l’agnello, di nuovo, gli rispose che l’anno prima non era ancora nato, dunque non poteva aver insultato nessuno. «Sei bravo a inventare delle scuse per tutto» gli disse il lupo, poi saltò addosso al povero agnellino e lo mangiò”. Questa è la legge del più forte, la legge della giungla, cioè quella che vige nella natura allo stato brado…
Pur condividendo l’urgenza di opporsi alla guerra e di implorare negoziato e pace, ci resta dunque una domanda. Appurato – come risulta evidente – che la Russia non deporrà mai le armi, anzi chiama centinaia di migliaia di riservisti, ed è sempre sul punto di usare l’atomica; mentre risponde all’attacco al ponte di Kerch (obiettivo militare) con giorni di martellamento sui civili con missili a lunga gittata – può usarli essa sola ed eventuali rifornimenti occidentali in tal senso supererebbero la linea rossa che essa ha stabilito ritenendo terreno russo ciò che ha sottratto al rivale che sembra prevalere sul campo -, dovrà dunque deporre le armi l’Ucraina, cioè il paese aggredito che difende con i denti la propria libertà e integrità territoriale, sancita a suo tempo e ribadita (persino dalla Cina) a livello internazionale? E’ evidente il ricatto di Mosca sull’Occidente con il caro energia che potrebbe o dovrebbe presto fare ribellare il popolo contro i propri governi che sostengono l’Ucraina. E’ questo il dilemma che non possiamo ignorare! Può consolarci la consapevolezza che al di là di dure dichiarazioni, la diplomazia stia lavorando, magari in segreto, e qualche segnale di disgelo sembra avvertirsi nell’ipotesi di un incontro Biden-Putin al G20. Negli appelli condivisibili e nei saggi interventi su qualche giornale non abbiamo trovato una risposta adeguata alla domanda che ci inquieta. Anche i recenti e lodevoli premi Nobel per la pace indicano la nostra “giusta” sensibilità, ma anziché incidere positivamente potrebbero ulteriormente “provocare” l’orso russo. Sanna Marin – premier della Finlandia, che sembra intendersene – sostiene che “Il solo modo in cui si può mettere fine alla guerra – e quindi, aggiungiamo, realizzare la tanto desiderata e urgente pace – è che la Russia si ritiri dall’Ucraina”. Lapalissiano, giusto (e, per volontà di un uomo affetto da follia, orso o lupo che sia, …impossibile?).

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