L’ipotesi di un faccia a faccia fra il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo statunitense Joe Biden per discutere sulla guerra in Ucraina si fa largo. Potrebbe essere un punto di svolta oppure un semplice passaggio perché molto dipende da quello che i due leader hanno in mente di concedere. Per il momento, sulla eventuale mossa, prevale più lo scetticismo, anche per Luciano Bozzo, politologo e docente di relazioni internazionali e studi strategici all’Università di Firenze, che al Sir sottolinea come Putin in questa fase abbia ancora alcune carte da giocare: la crisi energetica, lo scarto demografico e la fragilità in casa Europa, dove l’Italia sarà “indice”.
Si profila l’ipotesi di un incontro fra Biden e Putin. Potrebbe significare un passo verso i negoziati?
Molto dipende da quello che Putin sarà disposto a concedere e da quello che Biden sarà disposto ad accettare. Putin sta vivendo un periodo molto difficile sul campo. Gli ucraini sono all’offensiva da un mese e i russi non sono stati in grado di montare una controffensiva, hanno perso parecchio del terreno conquistato nei mesi precedenti e subito smacchi. La mobilitazione è andata incontro a grossi problemi perché ormai si parla di centinaia di migliaia di giovani russi espatriati per evitare di essere spediti al fronte. Putin continua ad essere nella stessa situazione da mesi: non può permettersi una sconfitta militare sul campo perché avrebbe conseguenze disastrose per la Federazione e per lui che perderebbe il potere, probabilmente la vita. È quindi nella necessità di trovare una via di uscita che non può essere come quella sperata da Zelensky, cioè l’abbandono dei territori occupati dal 24 febbraio. Non vedo segnali che facciano immaginare che Putin voglia abbandonare i territori come il Donbass. A questo punto si tratta di vedere cosa può chiedere Biden. Sarei scettico in questo momento sull’esito di questo incontro che in sé è un fatto positivo. Sempre meglio quando due leader si incontrano anziché una situazione in cui non c’è canale di dialogo. Ma attendersi molto è troppo ottimistico.
Biden si muove adesso perché è interessato alle elezioni di Midterm?
Tutti gli attori coinvolti hanno degli obiettivi di politica interna. Biden ha interesse per le elezioni di Midterm. Putin deve valutare come può uscire per non perdere la posizione all’interno. Erdogan, se riuscisse a diventare l’artefice della pace in Ucraina, riceverebbe una spinta per le elezioni del prossimo anno. E persino Xi Jingping deve preoccuparsi dei riflessi della politica estera sul suo Paese dove a breve si aprirà il Congresso del partito comunista cinese.
Occorre quindi aspettare cosa hanno in mente Biden e Putin.
Se Putin vuole negoziare deve concedere qualcosa. Non ha molto da concedere perché sulla scena interna è già partita una lotta per il potere. Anche Biden è improbabile intervenga per bloccare l’offensiva degli ucraini. Mi pare che gli Stati Uniti mirino in questo momento a evitare che l’offensiva diventi troppo provocatoria. Il fatto di non fornire armi che consentano di colpire in profondità il territorio conquistato dai russi serve a non favorire iniziative militari che potrebbero sembrare inaccettabili dal Cremlino. D’altra parte, non credo sia sul tavolo frenare l’offensiva degli ucraini. Ripeto, attendersi ora dei risultati significativi mi sembra molto ottimistico.
Le ultime dichiarazioni di Zelensky sembrano decise a mantenere alta la tensione.
Zelensky è nella stessa condizione di Putin: all’opinione pubblica e all’élite interna non può presentare un programma che implichi la rinuncia dei territori che fanno parte dell’Ucraina internazionalmente riconosciuta. Zelensky non può dire ai cittadini, dopo tutte le perdite e violazioni dei diritti umani subite, di rinunciare a delle aree strappate con la forza. Non è detto poi che le posizioni pubbliche debbano corrispondere alle posizioni negoziali. Certo è difficile che Zelensky possa dire qualcosa di diverso. Se si creassero delle condizioni favorevoli, per esempio, se i russi lasciassero dei territori occupati e si negoziasse sullo status della Crimea, si creerebbe una base di negoziato. Il problema delle guerre che si prolungano però è che quando aumentano i costi materiali e umani aumenta la posta in gioco. Questo vale per i russi e gli ucraini.
Gli ucraini che in questi giorni subiscono i bombardamenti sulla Capitale.
Putin sta usando l’unica carta vera che ha in mano ovvero trasformare questa guerra in una guerra molto costosa per gli ucraini, in modo da poter giocare sul vantaggio demografico russo. Nel momento in cui si distruggono le centrali elettriche e gli acquedotti, la popolazione va incontro a un inverno senza energia elettrica, acqua potabile e riscaldamento. Questo aumenta la pressione e dovrebbe indurre la controparte a retrocedere. Credo però che in questo momento sia una speranza infondata. Gli ucraini nei sette mesi di guerra hanno dimostrato una grande capacità di resistenza ed è probabile che questi lutti rinforzino in realtà la volontà. Al contrario, la guerra non viene capita e accettata nelle grandi città russe ma la Russia è tanto altro. Putin ha attinto soprattutto dalla Russia periferica che lo sostiene di più.
Altra carta che ha in mano Putin è quella dell’energia. Secondo lei l’Europa su questo piano sta tentennando troppo?
Putin ha una seconda carta da giocare. Se l’inverno sarà rigido, in Europa continueranno ad allargarsi alcune fratture per ora piccole. L’Italia da questo punto di vista sarà il Paese indice. Le fratture da noi hanno iniziato a mostrarsi: per la prima volta, ci saranno manifestazioni per la pace di varia natura e tutto questo può esser visto da Putin con interesse perché quello che non aveva previsto era la solidarietà europea tradotta in gesti concreti verso l’Ucraina e la solidarietà della Nato che ha significato armi, consiglieri, addestramento e intelligence. Putin può sperare che un inverno lungo e freddo rompa la solidarietà europea. Riguardo al tetto sul prezzo del gas, sarà difficile giungere a un accordo e non raccoglierà i frutti sperati. Anche se gli europei diranno di poter pagare per il gas solo un prezzo che non superi il livello X, il mercato del gas è comunque globale. I russi possono vendere il loro gas in estremo oriente, dove c’è un’alta domanda allo stesso prezzo o maggiorato. A questo punto, il tetto diventa inefficace. Credo che dovremo arrivare in Italia al razionamento se la guerra si prolunga perché solo con una diminuzione della domanda si può sperare che il prezzo si abbassi.