Elezioni in Bosnia-Erzegovina: Paese diviso, tornano i fantasmi del nazionalismo

Oltre 3 milioni di elettori chiamati domani alle urne per eleggere i tre membri – serbo, croato e bosgnacco – della presidenza tripartita che rappresentano i cosiddetti “popoli costitutivi” del Paese. Si voterà anche per i membri del parlamento a livello nazionale, regionale e cantonale. Ma la situazione interna appare tesa. I nazionalismi e i separatismi stanno risorgendo, sospinti dalla guerra in Ucraina. L’appello dei vescovi cattolici. Sir ha interpellato l’esperto dei Balcani Nikolay Krastev

Elezioni in Bosnia-Erzegovina (Foto ANSA/Sir)

Elezioni generali, sia presidenziali che parlamentari, si svolgeranno domani, 2 ottobre, in Bosnia-Erzegovina in un momento particolare per il Paese balcanico: l’alto rappresentante internazionale a Sarajevo, Christian Schmidt, ha parlato della “più grave crisi dalla fine della guerra nel 1995”. Circa 3,4 milioni di persone potranno recarsi alle urne per eleggere i tre membri – serbo, croato e bosgnacco (musulmani bosniaci) – della presidenza tripartita che rappresentano i cosiddetti “popoli costitutivi” del Paese. Si voterà anche per i membri del parlamento a livello nazionale, regionale e cantonale. La Bosnia-Erzegovina è composta da due regioni autonome, la Repubblica serba e la Federazione Bosnia-Erzegovina dei bosgnacchi e croati.

Le sfida in corso. “La Bosnia-Erzegovina è stata sempre di fronte alla sfida del futuro, ma ultimamente le voci nazionaliste all’interno di questo già complicato Paese sono aumentate tantissimo, mettendo a rischio l’integrità e la pace in questa zona martoriata”, spiega al Sir l’esperto dei Balcani Nikolay Krastev. La prima sfida di queste elezioni, dunque, è quella di individuare il membro croato della presidenza. Da tempo i croati, per lo più i nazionalisti dell’Unione democratica croata (Hdz), partito gemello di quello al potere a Zagabria, contestano il fatto che il membro croato della presidenza venga eletto invece dai bosgnacchi perché più numerosi. Mentre i serbi eleggono solo il rappresentante serbo, i bosgnacchi e i croati votano per i candidati provenienti da ambedue le etnie. “Per questo i croati, che sono circa il 22,4% della popolazione della federazione, insistono su un cambiamento della legge elettorale”, afferma Krastev. Il candidato dei nazionalisti, infatti, è Borjana Kristo, mentre l’altro pretendente croato, attualmente uno dei membri della presidenza, è il progressista Zeljko Komsic, del Fronte democratico, un partito multietnico e socialdemocratico che metterebbe la rappresentanza su base etnica in secondo piano.

Il separatista di Putin. Dalla parte serba il nodo non riguarda il membro della presidenza, quanto il presidente della Repubblica serba, carica a cui ambisce il nazionalista Milorad Dodik, grande sostenitore di Valdimir Putin e della guerra in Ucraina. “Dodik è ipercritico nei confronti dell’Ue sostenendo che genera più problemi che soluzioni ed è sostenuto attivamente dalla Russia”, rileva Krastev, alludendo alle posizioni separatiste di Dodik che da tempo vuole separare la Repubblica serba dalla Bosnia-Erzegovina e annetterla a Belgrado”. “In verità – aggiunge – Dodik è più amato a Mosca che a Belgrado perché non è chiaro se la Serbia vorrà accettare l’annessione, che intralcerebbe il suo cammino europeo, ma la realtà è che i nazionalismi sono tornati fortissimi in tutti i Balcani e la guerra in Ucraina ha turbato molto gli animi”. I candidati serbi alla presidenza nazionale sono invece la fedelissima di Dodik, Zeljka Cvijanovic del Sdns e Mirko Sarovic dell’opposizione di Sds.

I bosgnacchi, il popolo più numeroso. Qui lo scontro è tra Bakir Izetbegovic del Partito di azione democratica (Sda), il maggiore partito musulmano, e Denis Becirovic, del partito socialdemocratico Sdp, appoggiato da 11 formazioni civiche. “In questo contesto molto complesso, le voci dei riformisti che vorrebbero modernizzare l’economia e migliorare lo Stato di diritto, appaiono molto deboli”, rileva Krastev. “Tutta la campagna elettorale si è concentrata sulla retorica nazionalista mentre i problemi reali sono l’inflazione crescente, l’emigrazione, come anche la necessità di leggi per alleggerire le tasse e combattere la criminalità organizzata”.

L’invito dei vescovi cattolici. La Conferenza episcopale del Paese ha ricordato in un suo comunicato che “nello spirito della dottrina sociale della Chiesa, i vescovi invitano tutti ad essere responsabili nei confronti della società”. Inoltre, “vengono incoraggiati la prudenza e la pace in questo periodo prima delle elezioni e quindi anche la partecipazione responsabile al voto”. Riguardo le elezioni si è pronunciato anche il Consiglio permanente della Conferenza episcopale, per “invitare tutti i fedeli cattolici ad essere responsabili nei confronti della società in cui vivono” e di “recarsi alle urne per esprimere il proprio voto, in libertà e secondo la propria coscienza, scegliendo persone e programmi che ritengono conformi agli insegnamenti della Chiesa cattolica”. I vescovi della Bosnia-Erzegovina invitano tutti i cittadini “a rispettare con coerenza i diritti individuali di ogni persona e quelli di ogni popolo”.

Tornano le paure… L’aria che tira ricorda gli anni prima della guerra. “Molto probabilmente le forze nazionaliste prevarranno – afferma Krastev – e questo comporterà una serie di problemi. I croati cercheranno di bloccare il governo federale e di separarsi in un’entità autonoma. Se vincesse Dodik aumenterebbe le sue richieste separatiste”. E aggiunge: “Le parole di Dodik infatti hanno risvegliato le paure anche tra i bosgnacchi, i più colpiti dalla guerra del 1992-95. Ora, la situazione ricorda molto gli anni pima della guerra, esplosa dopo il voto dei bosgnacchi e dei croati che volevano separarsi dalla Jugoslavia, dominata dai serbi”. Paure che vengono condivise dall’Ue che ha duplicato le forze dell’Eufor nel Paese.

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