(Da Rimini) Aleksandr Archangel’skij è uno scrittore, conduttore tv e giornalista russo. Al Meeting di Rimini è venuto a parlare della “forza della libertà e della riconquista della pace” e a cercare di spiegare cosa vuol dire difendere la libertà di fronte alle nuove minacce che provengono dall’interno delle società europee e, in questi ultimi mesi, in modo drammatico, dalla guerra in Ucraina. E lo ha fatto partendo dalla analisi della situazione nel suo Paese, la Russia, dove per un giornalista è difficile, se non impossibile, praticare la propria professione.
“Dal 2020 non lavoro più in televisione – dice Archangel’skij in una intervista rilasciata al Sir -. Non so se questa cosa sia legata al fatto che ho firmato una lettera in cui mi dichiaravo contrario al prolungamento senza fine dei mandati di Putin. Ma è andata bene così perché ora non sono più obbligato a scegliere se restare in tv o andare via”.
Libertà di stampa, questa sconosciuta…
In Russia esistono ancora i social dove si può parlare liberamente, anche se Meta (Meta Platforms Inc., la multinazionale controllante Oculus, WhatsApp, Messenger, Instagram e Facebook, ndr.) è stata “bannata” dal Tribunale di Mosca per attività estremistica. Esiste anche Telegram, inventata da un russo, attraverso la quale si può parlare. Abbiamo anche YouTube che sarebbe a rischio chiusura. Su YouTube un’intervista sulla guerra di un noto giornalista e influencer, Yuri Dud, ha avuto 7 milioni di visite. Questa è la libertà che abbiamo. In Russia non esiste nessun giornale, rivista o radio indipendente e molti giornalisti sono stati definiti “agenti stranieri”. Questo significa che non possono insegnare nelle università, tenere lezioni pubbliche su tanti temi, non solo di politica. Qualunque cosa dicano o scrivano deve essere accompagnata dalla dicitura, posta in grande evidenza, che recita: “Questo scritto è stato prodotto da una persona considerata agente straniero”. Non esiste nessuna possibilità di lavorare o di fare dichiarazioni libere e personali, se non attraverso la rete. Il vero problema è un altro…
E sarebbe?
C’è tanta gente che desidera sentirsi dire dalla Tv cosa deve pensare. E che non vuole prendersi la responsabilità di raccogliere informazioni, di assumere una posizione critica. Desidera avere risposte pronte e preconfezionate cui credere.
Penso all’”operazione speciale” in corso in Ucraina, termine voluto dalle leggi russe per definire il conflitto scoppiato il 24 febbraio scorso.
Qual è la percezione dei russi riguardo a questa guerra?
Il Paese è grande e molto diversificato, non esiste un pensiero comune a riguardo. La maggior parte dei russi sostiene l’operazione speciale in Ucraina. Un quarto, forse anche un terzo della popolazione è contrario. Questi sono numeri. Ma preferirei parlare della gente: tra i fautori della campagna militare non tutti hanno la medesima posizione; c’è infatti chi si sforza di convincersi che sia stato giusto, che la Patria viene prima di ogni cosa. Tra i contrari non tutti disapprovano per motivi ideali. A qualcuno, per esempio, non piace come si sta muovendo l’esercito e per questo critica la strategia militare adottata. Inoltre chi credeva che le sanzioni avrebbero fatto mutare l’atteggiamento russo si è dovuto ricredere.
Quanto pesa la propaganda nel sostenere le ragioni della guerra e orientare l’opinione pubblica?
Avendo a cuore la mia salute psichica (ride), ho smesso di seguire i talk show televisivi che non fanno altro che riproporre ogni giorno la stessa cosa: tutti gli ucraini sono in fuga e vinceremo. La propaganda è una macchina che lavora. Non è solo lo Stato che la impone ma è la stessa gente che in qualche modo lo chiede, come dicevo poco fa. Se si dice alla gente ciò che non vuole ascoltare, non ascolterà. Deve partire un messaggio che le persone sono disposte ad ascoltare. La propaganda putiniana è riuscita a farsi sentire bene all’interno delle democrazie occidentali dove si registra un certo antiamericanismo. Tuttavia oggi la situazione in Occidente è un po’ cambiata e la propaganda russa sembrerebbe meno seguita dalla gente.
Perché Putin ha scatenato questa guerra? Per motivi di politica interna o più per motivi di politica estera?
La Crimea per Putin era un problema di politica interna ma credo che questa ‘operazione speciale’ sia servita più per motivi di politica estera.
Penso che l’obiettivo di Putin sia “distruggere” l’Europa, l’Occidente nato da Yalta.
Non è una guerra di annessione di territori, non è una guerra contro l’Ucraina ma è qualcosa di altro.
Che intende dire?
Intorno a Putin ci sono una serie di ‘pensatori’ che credono davvero che l’Europa abbia cessato di essere se stessa e che la Russia sia davvero la depositaria degli antichi valori europei e che li stia restituendo al Vecchio Continente. Può sembrare una cosa folle ma è così.
Putin si accontenterà del Donbass per porre fine alla guerra. Questa concessione potrebbe essere una svolta negoziale?
Oggi come oggi sì. Domani non saprei. Io ero certo di una operazione militare ma non di queste proporzioni.
A proposito di negoziato di pace vede possibile un viaggio in Russia di Papa Francesco?
Ritengo questa visita impossibile ma anche necessaria ma solo nel caso in cui Putin non sapesse più cosa fare e se l’Ucraina, a sua volta, ammorbidisse la sua posizione.
Il Papa potrebbe essere un intermediario autorevole e imparziale.
A questo punto la visita sarebbe possibile, ma non a Mosca.
Papa Francesco e Kirill, voce di Putin, potrebbero incontrarsi in Kazakhstan i prossimi 13-15 settembre, per il VII Congress of leader of world and traditional religions…
Se a Kirill venisse data delega a parlare con il Papa lo farà. Il patriarca ortodosso è stato un diplomatico di talento. La Russia oggi non offre condizioni di pace ma è pronta ad accettare che intorno a lei si possano avviare dei discorsi sulla pace come accaduto in questi giorni tra Erdogan e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.
Ma una visita del Pontefice in Russia potrebbe rappresentare un problema più per Putin o più per la Chiesa ortodossa?
Non vedo differenze tra Putin e Kirill. Sarei disposto a mettere in gioco la mia reputazione e sostenere il patriarca Kirill se facesse un gesto verso il viaggio papale. La pace è sopra ogni cosa.
Si è parlato anche di una visita papale a Kiev: questa non ha avuto luogo fino ad ora: paura di irritare Mosca?
Credo piuttosto che non sia avvenuta per permettere al Papa di restare al di sopra delle parti.
Il Papa non cerca compromessi ma vuole trovare una via di uscita da questo vicolo cieco. Francesco vuole stare con l’uomo e non con lo Stato.
Ricordo le polemiche intorno alla decisione di far portare la Croce a due ragazze, una ucraina e una russa alla Via del Venerdì Santo: la gente si è ribellata perché riteneva che il Papa avesse messo sullo stesso piano aggrediti e aggressori. Ma per il Papa erano persone.
Quando finirà questa guerra?
Non lo so perché non vedo come le due parti possano dire di aver ottenuto quel che volevano. Per l’Ucraina la guerra sarà finita solo quando la Russia si sarà ritirata dai suoi confini. Per Putin la guerra sarà finita quando l’Ucraina riconoscerà il Donbass come territorio russo. Non vedo spazi per un compromesso. Qualcosa sembrava muoversi a marzo, a Istanbul, in occasione di brevi trattative. Pace sarà quando verrà trovata una formula in cui sconfitta e vittoria saranno ritenute accettabili da entrambe le parti. Da credente dico che i miracoli sono possibili.
Torniamo un momento sul tema della propaganda russa. Si parla molto di possibili ingerenze russe nelle elezioni italiane del 25 settembre: che ne pensa?
Non so quali mezzi potrebbe usare la Russia per entrare nel clima elettorale italiano. Russia Today, per esempio, non trasmette più nel vostro Paese. Ma ci sono diversi giornalisti vicini al Cremlino che potrebbero “spaccare” l’opinione pubblica occidentale usando diversi argomenti: la sofferenza della popolazione occidentale causata dalle sanzioni comminate alla Russia e che stanno provocando in Europa il caro energia, l’aumento costo della vita, l’afflusso di profughi ucraini, la necessità di trovare un accordo con la Russia per far finire la guerra. In fondo, secondo una certa propaganda filorussa, i territori del Donbass non sono così importanti e potrebbero alla fine essere ceduti per evitare un conflitto nucleare.
Ritiene possibile un conflitto nucleare?
Putin, dal suo punto di vista, ha bisogno di agitare un argomento temuto dall’Occidente. Quest’ultimo ha dimostrato di non aver paura di pressioni economiche, che è disposto a fornire armi, ma anche di temere la minaccia nucleare. Non dico che Putin userà armi atomiche ma che non ha paura di agitare questo spettro.
Come sono visti in Russia i politici cosiddetti “sovranisti” italiani?
Diciamo che in Russia questo tema riguarda solo una ristretta cerchia di persone e non occupa la grande parte della popolazione. Un fatto è che in Russia credono che Salvini abbia delle chances e che quindi, grazie a lui, sarebbe più facile parlare con l’Europa. L’Italia, in questo senso, è un Paese cruciale, decisivo in Europa. Oggi non è più come prima, ma nel Vecchio Continente c’è stato un grosso sostegno a Putin. In Svizzera si è arrivati fino al 40% di fiducia nei confronti di Putin, in Francia al 30%. Putin è un freddo calcolatore e più intelligente di quel che possa sembrare ma il 24 febbraio ha fatto un errore fatale scoperchiando il vaso di Pandora.
Prima ha parlato delle sanzioni occidentali contro la Russia come uno dei temi in mano alla propaganda putiniana. Ma che impatto stanno avendo queste sulla vita dei russi?
Le sanzioni stanno colpendo le persone che sono riparate in Occidente e che non possono più usare le loro carte di credito avendo i conti bloccati. Al momento non si registrano particolari difficoltà all’interno del Paese. L’inflazione è attestata tra il 10-15% e non è arrivata al 50-60% come temuto. Tempo fa ho parlato con un presidente di una grande azienda agricola che si è trovato costretto ad aumentare il salario ai suoi dipendenti del 30% per evitare che si arruolassero nell’esercito andando a percepire, secondo quanto riferiscono i media russi, circa 3500 euro mensili. Una cifra enorme per chi vive nelle zone di provincia. Basti dire che in caso di morte alla famiglia del milite ucciso in guerra andranno 100mila euro. Somma inimmaginabile per molti. Di certo avremo problemi a lunga scadenza: la Siemens, per esempio non farà più manutenzione dei treni veloci. Avremo difficoltà per i pezzi di ricambio degli aerei e nel campo dell’agricoltura, a causa del blocco delle esportazioni di prodotti come le sementi. Di contro alcuni settori, come quello assicurativo, stanno aumentando il loro volume di affari. La gente si assicura più di prima. A far diminuire il consenso russo verso l’Europa sarà la non concessione dei visti. Vedremo se questa sanzione sarà adottata.
Cosa pensa dell’attentato che ha provocato la morte di Darya Dugina, figlia del filosofo e ideologo di Putin? Le ipotesi al vaglio degli investigatori parlano di pista ucraina e di una rivendicazione di un gruppo sconosciuto, l’Esercito nazionale repubblicano, che punterebbe alla caduta di Putin…
Sono contro il terrorismo. Uccidere persone disarmate è inammissibile. Non conosciamo la versione ufficiale. Secondo un ex parlamentare della Duma, riparato in Ucraina, l’attentato sarebbe opera di un gruppo cospirativo ucraino. Se fosse così il Fsb (ex Kgb) potrebbe scatenare una lotta al tappeto contro il terrorismo e chiunque, al minimo sospetto, potrebbe essere fermato. Penso ad un atto politico interno, una guerra tra estrema destra ed estrema sinistra.
Ha paura di rientrare nel suo Paese dopo aver espresso posizioni contrarie a Putin?
Cerco di non pensare a Putin. Ci sono tempi piacevoli di riflessione. La vita è una prova ma cerco di non avere paure eccessive.