Adesso tocca ai vescovi che, grazie al loro carisma di discernimento, hanno camminato a fianco della loro gente durante il processo sinodale cominciato lo scorso ottobre. Proprio in queste ore, in Inghilterra e Galles, i presuli stanno scrivendo il loro contributo al documento finale che verrà inviato a Roma entro la fine di luglio. Il segretario generale della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, Christopher Thomas, spiega al Sir come la sua Chiesa sta cambiando, da quando ha cominciato a rispondere all’appello lanciato da Papa Francesco, lo scorso ottobre, per un nuovo dialogo e una nuova unità.
“Siamo a buon punto”, racconta don Thomas, “I temi emersi, dagli incontri fatti nelle parrocchie e nelle diocesi, sono molto interessanti. La necessità di dare più importanza alle donne, impegnate in prima linea in questo momento, e il bisogno di attrarre i giovani, i quali ci hanno detto che trovano in chiesa uno spazio di calma interiore unico, difficile da ritagliare, in una società così frenetica e sempre di corsa. E anche l’urgenza di trovare un ruolo preciso per i laici, nel diritto canonico, che questi ultimi non hanno avuto fino ad oggi”.
Siamo, dunque, arrivati al documento di sintesi finale? (disponibile sul sito della conferenza episcopale )
Si. Le 22 diocesi di Inghilterra e Galles hanno inviato, prima di Pasqua, i loro rapporti, risultato del processo di ascolto dei fedeli cominciato lo scorso ottobre. Da allora fino ai primi di giugno il team incaricato di arrivare ad una sintesi nazionale ha steso un documento che è stato presentato, durante “National Synod Day”, la giornata dedicata al Sinodo, il 1 giugno, nella cattedrale di san Giorgio a Southwark.
Il Sinodo è stato affrontato in modo diverso dalle diverse diocesi?
Sì. Alcune hanno condotto soltanto sondaggi online. Altre li hanno accompagnati con incontri faccia a faccia a livello parrocchiale e diocesano. E’ importante sottolineare che chi ha partecipato a questo processo ci ha fatto sapere che l’ha trovato un’esperienza arricchente e ci ha detto che vuole continuare.
Come sta cambiando la Chiesa cattolica inglese attraverso il processo sinodale?
Si stanno aprendo importanti opportunità di discussione. Durante la giornata dedicata al Sinodo, il 1 giugno scorso, diverse persone mi hanno detto che i cattolici si sentono valorizzati e provano un nuovo desiderio di partecipare perché vengono interpellati in prima persona e viene loro chiesto, in modo diretto, qual è, secondo loro, la missione della Chiesa e anche quali strumenti sono necessari per poter annunciare il Vangelo nel mondo di oggi. Da ogni diocesi è arrivata la richiesta per una formazione migliore cosi che si possa trovare un nuovo coraggio per spiegare la gioia che il Vangelo porta nella vita delle persone. E’ anche emersa la necessità, per la Chiesa, di diventare un luogo di accoglienza e integrazione, senza che nessuno venga escluso.
C’è qualche novità particolarmente importante?
E’ stato detto, nei rapporti arrivati dalle varie diocesi, che il linguaggio usato dalla Chiesa è spesso troppo difficile, per chi non partecipa ogni giorno alle liturgie, e che è importante che il messaggio del Vangelo venga espresso in forma più semplice. Si è parlato molto anche del ruolo delle donne che, come è stato detto nel rapporto inviato da una diocesi, “fanno i lavori più faticosi ma sono molto marginalizzate”. Alcune diocesi hanno anche chiesto l’ordinazione delle donne.
E i giovani?
Alcune diocesi hanno espresso il desiderio di coinvolgerli di più perché si allontanano, una volta arrivati all’università, quando devono lasciarsi alle spalle le scuole superiori cattoliche. I giovani sono emersi come molto appassionati dei più poveri, desiderosi di aiutare chi si trova ai margini, molto interessati all’ambiente, impegnati nel Terzo Mondo, attraverso “Cafod” e “Christian Aid”, le due charities cattoliche per gli aiuti ai Paesi più poveri.
Ci sono state opportunità per i giovani di esprimere il loro punto di vista?
Si. I giovani hanno messo in luce che in chiesa si trovano in pace, al sicuro, lontano dal rumore e dalla fretta che caratterizzano la nostra società. Hanno detto di provare un senso di calma, davanti a Dio, e di riuscire, così, ad allontanare lo stress. Purtroppo, in alcuni rapporti, si è anche parlato del sentimento di lontananza dalla vita della Chiesa provato da molti giovani. Nel rapporto finale questi ultimi hanno usato una frase molto bella. Hanno detto che vogliono chiedere alla Chiesa di concentrarsi di meno sulle regole che dicono ad ognuno come si deve comportare e di più sugli spazi di condivisione dove si può crescere insieme nell’amore di Dio. Quest’ultimo deve essere un fattore positivo, nella nostra vita, e darci energia, alimentarci. Dai giovani è stato espresso anche il desiderio di comunione, il bisogno di fare comunità e la volontà di essere, insieme, autentici e fedeli.