La guerra fra Ucraina e Russia ha innescato un gioco del risiko pericolosissimo. Quanto ancora si possa tendere la corda è difficile capirlo. Con il Sir, Alessandro Politi, direttore della Nato defense college foundation, commenta le ultime mosse compiute dai due fronti. “Sono preoccupato – dice – da come si stia giocando sulla pelle degli ucraini. I russi sono gli aggressori, senza dubbio, ma alla fine occorre capire che pace è possibile”. E sulla pace, per l’esperto, l’unico leader politico che ha fatto discorsi di buon senso è Papa Francesco.
Professore, è preoccupato per l’evolversi del conflitto e della situazione nell’area?
Sono preoccupato da come si stia giocando sulla pelle degli ucraini. I russi sono gli aggressori, senza dubbio, ma alla fine occorre capire che pace è possibile. La proposta di pace italiana è un rompighiaccio. È utile, stabilisce dei parametri. Bisogna capire fin dove la vittoria militare è possibile e quale pace vogliamo. Chi ha detto le cose più sensate in merito come leader politico è stato il Papa, che certo non può essere tacciato di filoputinismo. Francesco dice che questa guerra va fermata, che questa corsa a un gioco degli scacchi vanno fermati perché non sono più accettabili. Lui sì che pensa alla pace del dopo. Altrimenti la Via crucis con le due donne, una ucraina e una russa, non l’avrebbe fatta.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg dice che la guerra potrebbe durare anni e ha esortato l’Alleanza a mandare altre armi all’Ucraina.
Stoltemberg non sempre esprime le posizioni del Consiglio atlantico che invece informa tramite comunicati.
E quanto durerà invece secondo lei?
La durata della guerra dipende da quanto gli ucraini possono difendersi. Nel Dombass le cose non stanno andando bene per loro e vorrei che le democrazie su questo dicessero la verità. Poi dipende da quanto la Russia voglia andare ancora avanti. Questa è una stima difficile da fare da fuori. Forse nemmeno Putin ha le idee chiare.
Zelensky ha detto durante un collegamento con il Global Policy Forum dell’Ispi a Milano che vuole armi ed equipaggiamenti moderni.
La richiesta ha i suoi limiti. La realtà militare è diversa. Qualche settimana basta per addestrare una persona a tirare un missile anticarro. Ma per l’artiglieria è diverso. Servono molte più conoscenze e addestramento. Una batteria di quattro cannoni per essere efficace ha bisogno della formazione di squadre. La guerra non ha bisogno di armi modernissime ma di armi che consentano di accorciare i tempi. Se gli ucraini ricevessero del materiale sovietico già potrebbero ridurli. Il premier Boris Johnson ha proposto di addestrare 10mila persone in un mese ma dovrebbe considerare che ogni giorno perdono la vita mille soldati ucraini. Il valore dei soldati non è in discussione ma non si può andare avanti con la lotteria delle vite. La guerra marcirà mietendo vittime ucraine, russe e popolazione civile.
Sempre Zelensky ha dichiarato che i negoziati potranno partire dal 31 agosto.
Zelensky forse spera nel miracolo. Se riesce a fermare l’avanzata russa è già tanto. Ma da qui alla fine di agosto si tratta di perdere almeno 30mila soldati per raggiungere un risultato che si potrebbe ottenere con un cessate il fuoco. Ci sono ex politici, come lord George Islay MacNeill Robertson (ex segretario generale della Nato, ndr) che dicono come un cessate il fuoco sarebbe controproducente. Allo stesso tempo, ricordo che a maggio c’era chi diceva che la spinta offensiva della Russia si sarebbe esaurita. Non è andata così. In più mi chiedo una cosa: Zelensky è in grado di ottenere un cessate il fuoco e poi dei negoziati di pace lasciando inalterato l’equilibrio politico interno? Se non lo è, vuol dire che l’attesa fino ad agosto non è per recuperare territorio ma è per sostenere che la situazione è talmente grave che non possiamo fare altro.
Il delicato equilibrio interno non gli consente di fare diversamente?
Arrendersi all’evidenza presuppone di fare molta attenzione alle milizie di destra che sono capaci di ucciderlo. È uno scenario possibile. Se anche tutti fossero d’accordo, il solo fatto di far passare il voto sulla neutralità dell’Ucraina richiederebbe una maggioranza di due terzi, cosa che al momento non c’è, e servirebbe un referendum.
Il governo lituano ha bandito il transito ferroviario sul territorio dell’exclave russa Kaliningrad di beni soggetti alle sanzioni internazionali verso la Russia. Si scherza con il fuoco?
È una scelta politicamente molto pericolosa. Kaliningrad può essere rifornita via mare ma è di fatto una messa sotto pressione dell’exclave. È una mossa che applica delle regole dell’Unione europea senza tenere in considerazione il contesto politico, a meno che l’intenzione non sia quella di inasprire la situazione e prolungare il conflitto.
Nel frattempo nei porti ucraini i cereali sono fermi.
I russi sono disposti a far uscire le granaglie ma vogliono dei corridoi. Gli ucraini hanno paura che usino i corridoi per compiere uno sbarco. Se è così, gli ucraini pensano che i russi vogliano fare i kamikaze. Sono interessato come italiano e come cittadino di un Paese della Nato che le granaglie arrivino presto altrimenti rischiamo un altro 2011, un capitolo di rivolte arabe. Se questo è l’interesse generale è bene negoziare energicamente. La politica richiede di fare delle scelte responsabili e coraggiose quando si è davanti a una guerra e ho una serie di dubbi sulle scelte che si stanno facendo. Questo conflitto non porterà conseguenze solo all’Ucraina.
Anche l’entrata dell’Ucraina nell’Unione europea porterà conseguenze?
Non è un processo rapido. Promettere una scorciatoia è irrealistico. Se si ha voglia di schiantare la Russia occorre prendere tempo per riarmarsi e addestrare le truppe. Andare in guerra senza adeguati preparativi è l’opposto di ciò che si fa di solito. O si pensa davvero che Putin sia convinto per una guerra di conquista fino alla fine oppure no. Putin sa benissimo – e l’ha anche detto – che la Nato è più forte. L’unico equalizzatore fra la Nato e la Russia oggi sono le armi nucleari, per il resto non c’è partita. Gli europei spendono quattro volte il bilancio della difesa russa perciò tutte le accuse del fatto che abbiamo acquistato gas per armare Putin sono da un punto di vista strategico e militare irrilevanti mentre da un punto di vista della sofferenza umana per l’Ucraina no. Questa guerra è figlia di molte decisioni, molte delle quali prese ai tempi di Porošenko che ha fatto di tutto per incancrenire la situazione nel Dombass.